
(di Katherine Puce) Decine di migliaia di libri faticano a trovare spazio nelle librerie, mentre solo una ristretta élite riesce a superarne la soglia. Il ciclo di vita del libro si è notevolmente ridimensionato rispetto al passato, riflettendo un mercato sempre più selettivo. Il mancato successo della rivoluzione e-book non ha portato a una nuova era di prosperità per l’editoria: sebbene la tecnologia non abbia soppiantato il libro cartaceo, i dati ISTAT del 2017 mostrano che il mercato digitale, pur in crescita, rimane confinato a una nicchia e incide solo per il 10% sul fatturato delle case editrici, senza determinare una svolta per il settore. L’industria editoriale moderna, invece di puntare su contenuti di valore culturale e intellettuale, orienta gran parte della produzione verso obiettivi puramente commerciali.
Il neologismo di Arturo Ferrari
“Libroidi” è il termine coniato da Gian Arturo Ferrari nel saggio Libro, per descrivere quelle pubblicazioni che, pur presentandosi con tutti gli elementi formali di un libro (autore, editore, indice e copyright), mancano di autenticità e profondità di contenuto. Ferrari li paragona a androidi o replicanti, perché privi di una vera “anima”. I temi affrontati sono spesso generici e superficiali, spaziando da raccolte di barzellette e aforismi agli oroscopi, dai manuali di crescita personale ai consigli su come gestire controversie condominiali, fino ai cosiddetti “celebrity books”, scritti da personaggi televisivi e appartenenti al mondo dello spettacolo.
Per le case editrici, pubblicare questi titoli è spesso una scelta dettata dalla necessità economica, rispondendo alle logiche di mercato più che a un reale intento culturale. Anche i librai, nella selezione dei volumi da esporre, si trovano spesso costretti a privilegiare questi prodotti editoriali, relegando i grandi classici e la letteratura contemporanea negli scaffali meno visibili delle loro librerie.
Perché allora si pubblicano? La verità non risiede solo nella ricerca del guadagno. Nel caso delle celebrità, ad esempio, sebbene non disdegnino i profitti derivanti dalle vendite, pubblicare un libro offre loro un’opportunità di visibilità nei media, in particolare in televisione, consolidando così la loro presenza nel panorama culturale e commerciale. Tuttavia, in questo processo viene meno l’idea del libro come strumento di conoscenza e introspezione, rendendo fondamentale preservarne l’integrità e il valore originario.
La denuncia dell’Associazione Italiana Editori (AIE)
Tutto questo si riflette sul mercato dell’editoria, che da anni registra un calo delle vendite. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Editori (AIE), nei primi cinque mesi del 2022 le vendite sono diminuite del 4,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una spesa complessiva di 565,6 milioni di euro, 27 milioni in meno rispetto al 2021.
Se si escludono le cause tecnologiche già note, come la diffusione degli e-book e l’uso massiccio dei social media, a rallentare il mercato è anche l’aumento dei costi di produzione, dovuto al rincaro dell’energia e della carta. Persino i grandi bestseller vendono meno rispetto al passato: i primi 100 titoli hanno perso 800mila copie e 6,4 milioni di euro di ricavi.
Nel report 2024 presentato dall’AIE, l’editoria italiana ha registrato una perdita di 23,2 milioni di euro, rimanendo un settore che ancora fatica a tornare ai livelli pre-pandemia. L’analisi è stata illustrata il 31 gennaio, durante la giornata conclusiva del 42° Seminario della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri, basandosi su dati NielsenIQ-GfK.
L’AIE ha denunciato diversi problemi strutturali:
- Il calo dell’e-commerce, con le vendite online in diminuzione di 26,3 milioni di euro.
- Un numero di nuovi titoli sostanzialmente stabile (solo 183 titoli in meno rispetto all’anno precedente).
- L’impatto delle politiche governative, come la sostituzione della 18App con le Carte Cultura e del Merito, e il mancato finanziamento alle biblioteche per 30 milioni di euro, che ha impedito una crescita stimata del 2,5%.
Il presidente dell’AIE, Innocenzo Cipolletta, ha sottolineato la necessità di interventi concreti: “Quando tali misure vengono a mancare, il danno è doppio. Bene, quindi, il ripristino del fondo per le biblioteche per il 2025 e l’avvio di un percorso di confronto con il ministro della Cultura, Alessandro Giuli.”
In questo contesto, sono soprattutto i piccoli editori e le librerie indipendenti a subire la pressione maggiore, rischiando di non reggere il colpo. Un intervento strutturale diventa quindi urgente, non solo per sostenere l’editoria, ma anche per restituire legittimità al libro e al suo ruolo culturale.