Anche i pesci sono i pigri, come le persone. Ma proprio come noi, se serve sanno anche risolvere dei rompicapo. E questo fa bene al loro cervello. Esattamente come succede agli essere umani. A scoprirlo è uno studio condotto dal Laboratorio di biologia comportamentale del Dipartimento di scienze della vita e biotecnologie dell’Università di Ferrara, pubblicato sulla rivista ‘Applied animal behaviour science’. La ricerca aveva l’obiettivo di indagare le abilità cognitive dei cosiddetti ‘zebrafish’, i pesci zebra. Per questo sono stati sottoposti a un test. Divisi in due gruppi, uno poteva avere libero accesso al cibo mentre l’altro doveva risolvere un semplice puzzle, ossia rimuovere piccoli dischi di plastica che bloccavano l’apertura di un distributore, per ottenere il mangiare. E i pesci hanno dimostrato di sapere apprendere in maniera rapida come risolvere il rompicapo. Ma non è tutto. Sei zebrafish già esperti, che avevano imparato a risolvere il puzzle senza difficoltà, quando sono stati messi di fronte alla scelta tra il cibo facilmente accessibile e quello nascosto all’interno del rompicapo, hanno scelto la via più semplice quasi nel 90% dei casi. Molti studi hanno dimostrato negli anni che gli animali in cattività hanno interesse per giochi di questo tipo, in particolare se la ricompensa è il cibo. Ma non è il caso dei pesci zebra, a quanto pare. “Sembra che nel caso degli zebrafish non ci sia interesse per il rompicapo proposto, al contrario della maggior parte degli altri animali- osserva Chiara Varracchio, studentessa dell’Ateneo di Ferrara che ha sviluppato questo progetto per la sua tesi di laurea magistrale- abbiamo trovato un solo altro animale, uomo a parte, che mostra lo stesso comportamento: il gatto domestico. La pigrizia del gatto è considerata ineguagliabile. Ora però i pesci potrebbero competere”. Pigrizia a parte, che i pesci siano bravi a risolvere i rompicapo “può sorprendere molti, ma non è una novità per i ricercatori- Tyrone Lucon-Xiccato, docente del Dipartimento di scienze della vita e biotecnologie di Ferrara, ideatore dello studio- i pesci non solo imparano velocemente, ma sono anche in grado di adattarsi rapidamente a nuove situazioni, ‘dimenticando’ le informazioni apprese in precedenza. Alcune specie arrivano persino a ‘contare’, distinguendo le quantità meglio di un infante”. Queste scoperte stanno dunque portando a rivalutare le capacità cognitive dei pesci, nei quali si può dunque ritrovare “un prototipo efficiente del nostro sistema cognitivo: una sorta di ‘mente ittica’”, afferma Lucon-Xiccato. Da qui nasce un ulteriore step dello studio. Dopo aver sottoposto i pesci zebra per 14 giorni a puzzle sempre diversi, è stato misurato il loro benessere. È emerso che, rispetto al gruppo con libero accesso al cibo, gli zebrafish “sottoposti al compito cognitivo hanno mostrato livelli di stress inferiori- spiega ancora Varracchio- esibendo comportamenti più naturali e rilassati. Questo ci porta a concludere che gli arricchimenti cognitivi migliorano il benessere dei pesci in cattività”. Questo studio “non è per niente scontato e presenta anzi notevoli sfide”, commenta Cristiano Bertolucci, docente di Zoologia all’Università di Ferrara e responsabile della ricerca. I pesci infatti sono tra gli animali più presenti negli allevamenti e “più colpiti dalle problematiche di benessere. In quanto mammiferi- spiega Bertolucci- siamo spesso in grado di riconoscere i comportamenti di specie simili come cani, gatti, bovini e suini di allevamento”. Per i pesci invece servono “studi di base approfonditi e probabilmente in futuro dovremmo sviluppare tecnologie come l’intelligenza artificiale”.