(di Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM Italia SGR) Le azioni Europee, nel decennio compreso fra il 2010 (fine della grande crisi finanziaria americana) e l’inizio della pandemia nel 2020, sono cresciute di circa l’8,5% all’anno contro il 13,5% dello Standard and Poor’s 500. Cumulato significa +127% per l’MSCI Europe contro +256% dell’S&P 500, una notevole differenza. Questo perché gli utili delle aziende americane sono cresciuti ad un ritmo nettamente superiore a quello delle controparti del Vecchio Continente. La crisi del debito sovrano nel sud Europa e le conseguenti misure di austerity, con la combinazione nefasta di stretta fiscale e diminuzione della spesa pubblica, hanno portato ad un crollo di consumi e investimenti. A questo si è aggiunta la maggior presenza di aziende nei settori più penalizzati dalla politica dei tassi zero e crescita asfittica che ha caratterizzato tutto il periodo post-crisi, ovvero i settori value come bancari, industriali ed energetici, a scapito del settore tecnologico, preponderante nel listino americano, che ha dominato il mercato per l’intera decade.
Oggi però la situazione è notevolmente cambiata, la pandemia ha portato a una profonda riforma del quadro istituzionale dell’Unione Europea per consentire l’emissione di debito comune deputato a finanziare determinati progetti, il che ha cambiato il ruolo che la politica fiscale svolgerà nell’economia comunitaria nel medio periodo. La crisi ucraina ha invece accelerato la transizione energetica verso fonti alternative ai combustibili fossili, dando un forte impulso agli investimenti. Da ultimo, ma certo non per importanza, il ritorno dell’inflazione e la fine delle politiche monetarie ultra-espansive.
Tutti questi cambiamenti aprono nuovi scenari per i listini europei. In primis per il settore finanziario che, grazie a tassi nuovamente positivi, ha potuto aumentare la redditività sull’attività caratteristica di intermediazione. La riduzione degli spread fra governativi core e periferici ha dato un ulteriore spinta alle banche del sud Europa, favorendone il recupero dai livelli estremamente bassi raggiunti durante la pandemia, in particolare quelle italiane. Ci sono anche altri settori che stanno beneficiando o beneficeranno di questo nuovo quadro macroeconomico, come il settore tecnologico che, pur se con un peso ridotto rispetto agli Usa, è ben rappresentato in Europa da aziende leader mondiali nei settori dei semiconduttori; gli industriali, in particolare tutte quelle aziende collegate allo sviluppo di energie alternative o elettrificazione delle città; e infine il settore dei consumi discrezionali, come ad esempio il lusso, che hanno subito il rallentamento dei consumi cinesi, per la verità tutt’oggi deboli, ma che potrebbero dare qualche segno di ripresa già nella seconda metà del 2024. Negli ultimi 12 mesi i multipli del listino europeo hanno fatto un deciso balzo in avanti ma la differenza con i price earnings americani resta sui massimi storici, con il premio al rischio delle azioni del Vecchio Continente superiore al 4% contro quello dell’S&P500 vicino allo zero.