Gli agricoltori che produrranno energia solare sui tetti delle loro aziende con fondi Pnrr potranno cedere a terzi l’energia prodotta e non consumata in loco. Attraverso comunità energetiche. È caduto il vincolo dell’autoconsumo sul bando agri-solare che, ad oggi, ha dato risposte a circa diecimila richieste su un totale di 18mila richiedenti. In più, l’energia ricavabile mediante questo capitolo di agevolazioni è raddoppiata; la potenza complessiva che sarà prodotta dagli agricoltori passa da 375 MW a 1,38 GW. E, a riguardo, il Pnrr ha incrementato di 850 mln il tesoretto dedicato.
Lo rivela a ItaliaOggi il ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, che annuncia l’invio di una lettera alla commissione Ue, firmata dai governi di Francia, Italia e Spagna, oltre che da altri paesi Ue, in cui vengono promossi i punti proposti dall’Italia in seno al Consiglio dei ministri Ue dell’agricoltura (Agrifish) del 26 febbraio scorso, in merito alle deroghe e alle riforme sulla Pac. E, per l’esecutivo europeo che verrà, se proprio non sarà ‘agricolo’, Lollobrigida ipotizza per l’Italia un commissario alla concorrenza. O, in alternativa, con poteri sulla logistica.
Domanda. A pochi giorni dal Consiglio agricolo Ue, che sensazioni ha sulle aperture della commissione in merito alla riforma della Politica agricola comune (Pac) e alle deroghe allo studio sulle buone condizioni agronomiche ambientali (Bcaa)?
Risposta. Siamo ottimisti su un radicale cambio di rotta; il documento strategico, proposto dall’Italia in seno all’Agrifish, è stato ripreso nei contenuti da una lettera definita nelle ultime ore e indirizzata alla commissione Ue, da Francia, Spagna, Italia e altri paesi. La missiva chiede di intervenire subito per rispondere alle esigenze che gli agricoltori, in questi mesi, hanno evidenziato. Con atteggiamenti diversi, a seconda della vicinanza dei loro governi rispetto alle istanze che venivano proposte. In alcune nazioni, si è verificata una situazione molto critica nelle proteste; penso a Francia, Germania, Spagna e Belgio, dove si sono verificate violenze che non esitiamo a condannare. Al contrario, in Italia, tutte le associazioni agricole hanno lavorato assieme all’esecutivo e le mobilitazioni hanno registrato numeri inferiori, senza episodi di violenza. Ringrazio, per questo, il mondo agricolo italiano.
D. L’apertura del commissario Ue all’agricoltura, Janusz Wojciechowski, alla possibile cancellazione delle sanzioni per chi non rispetta gli obblighi ambientali è effettiva?
R. Sì. E nella sua relazione finale all’Agrifish; il commissario ha sottolineato pubblicamente le ragioni del rappresentante italiano in Consiglio. E cioè che bisogna agire subito e restituire centralità agli agricoltori. Auspichiamo che arrivino fatti chiari nei prossimi giorni. Il presidente Meloni ha ottenuto che il 21 e 22 marzo i leader europei parlino a Bruxelles di agricoltura e immigrazione, come fattori centrali della politica Ue. Ci aspettiamo in queste ore risposte tecniche conseguenti agli impegni assunti.
D. L’ipotesi di moratoria Ue dei debiti delle imprese agricole per 24 mesi è praticabile o la Bce farà muro?
R. Il periodo di due anni di moratoria corrisponde a quello quantificato nel dlgs n. 102/2004 che, in caso di eventi avversi di carattere atmosferico o eccezionali, permette una moratoria dei debiti delle imprese verso le banche, che incide sul fondo di solidarietà. Il tutto per consentire ad aziende che, tendenzialmente, corrispondono a canoni di solidità di superare crisi di liquidità e proseguire il loro ruolo in modo virtuoso. Viviamo un momento di eccezionale gravità. E’ in atto una crisi di sistema a livello mondiale: c’è una crisi geopolitica indotta dall’aggressione della Russia all’Ucraina, c’è la crisi mediorientale, c’è la chiusura parziale degli approvvigionamenti dal canale di Suez. Per questo ho inserito nel documento che ho presentato allo scorso Agrifish la richiesta di garantire una moratoria europea sui debiti degli agricoltori dei diversi Stati membri, in accordo col sistema bancario, che dovrebbe tornare a porre l’economia reale al centro dei suoi investimenti. Se le aziende sono in difficoltà, vanno aiutate a sopravvivere. Se l’economia reale affonda, il sistema bancario, per quanto virtuoso, non sta in piedi.
D. Una moratoria del genere è un inedito a livello Ue?
R. In seguito alla pandemia e alla guerra russa all’Ucraina, le maglie dell’Ue (sugli aiuti di stato, ndr) si sono più volte aperte per alcune criticità, dando spazio a deroghe condivise. La crisi che oggi riguarda gli agricoltori non è meno impattante di quelle vissute in passato. Anzi, alcuni dati sono peggiorati, anche in relazione al quadro geopolitico deteriorato e al suo impatto sui mercati. Il che, ci pone problemi nuovi. Fino a 15 anni fa, si sperava che le regole del Wto permettessero di avere una conduzione regolata dei mercati. Oggi, molti stati, o aggregazioni di stati, competono a livello internazionale sulle produzioni e sull’export, avendo regole totalmente differenti. Ovviamente l’Ue ha difficoltà a competere con chi ha costi del lavoro più bassi, perché non rispetta i diritti dei lavoratori; costi ambientali, di produzione e di igiene inferiori. Oggi ci troviamo a competere con nazioni che nella produzione non rispettano neppure i diritti umani.
D. Parliamo di Pnrr. Col bando agrisolare, che un po’ zoppicava, com’è finita?
R. Abbiamo totalmente cambiato la sua impostazione, cancellando il vincolo dell’autoconsumo che imponeva alle aziende di produrre energia per il solo uso che ne facevano. Questo limite era una criticità per un doppio motivo. Intanto, non aveva senso limitare la quantità di energia pulita ricavabile; in secondo luogo, le differenti condizioni di produzione di energia solare, rispetto all’utilizzo della singola azienda, possono variare nell’arco dell’anno e in maniera asimmetrica.
D. Ad esempio?
R. Un produttore di riso utilizza, in alcuni periodi, un basso quantitativo di energia e, in altri, i suoi consumi s’impennano; così, l’impianto per l’autoconsumo risultava difficile da calibrare per quell’azienda, avendo esigenze differenti nell’arco dell’anno.
D. E come avete risolto il problema?
R. Con la possibilità di costituire comunità energetiche; consentendo, cioè, alle imprese agricole di produrre energia per soddisfare i consumi anche di altre aziende che non hanno disponibilità sufficiente di tetti in cui installare gli impianti. In pratica, il bando agrisolare permette, attraverso una serie di regole, di usare l’energia prodotta da una singola azienda anche per soddisfare i consumi di altre imprese agricole che non hanno la possibilità di produrre energia rinnovabile.
D. Ma anche le aziende agricole potranno accedere alle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), appena partite e capaci di accedere a incentivi per 5,7 mld?
R. Si tratta di un bando nuovo ed è tutto da vedere. Però, posso dire che abbiamo anticipato quell’impianto col bando agrisolare, modificando la sua prima impostazione con la prima manovra fatta dal nostro governo. Negoziando con l’Ue abbiamo superato il vincolo sull’autoconsumo. Abbiamo inoltre incrementato il contributo a fondo perduto concesso e, poi, la potenza installabile, che abbiamo raddoppiato, ricavando un effetto davvero impattante sul target di potenza complessiva prodotta, che passerà da 375 MW a 1,38 GW.
D. Il che significa più soldi del Pnrr investiti su questo capitolo?
R. Grazie al lavoro del ministero (Masaf), abbiamo anticipato di sei mesi la milestone prevista per questo bando e ottenuto 850 mln di euro in più, in sede di riprogrammazione. Sono ottimista anche per eventuali riprogrammazioni future: questo bando può attrarre ulteriori risorse. Sono più di 18mila, le istanze complessive presentate e abbiamo dato risposta positiva a diecimila proposte.
D. C’è anche la partita agri-voltaico, che rischia di porre in contrasto consumo di suolo e impianti da installare. Si rischia l’abbandono delle produzioni?
R. Vorrei essere chiaro. Per noi l’ideale è l’agrisolare, cioè l’utilizzo di tutte i fabbricati rurali per produrre energia senza consumo di suolo. Poi c’è l’agrivoltaico, che consente la produzione di energia senza limitare la produzione agricola; chi, invece, utilizza buon suolo agricolo per produrre con impianti a terra energia, senza continuare a produrre buon cibo, con l’agricoltura non c’entra. Ho chiesto a governo e parlamento di regolare il tema. Si può produrre energia pulita senza consumare terra degli agricoltori.
D. Il Pnrr sui bacini irrigui mi pare segni il passo.
R. In primo luogo ci tengo a sottolineare che la misura del PNRR di efficientamento delle reti irrigue gestita dal Ministero dell’agricoltura procede secondo i tempi fissati dalla commissione europea tenuto conto che abbiamo rispettato il target previsto per il 31/12/2023 di aggiudicazione di tutti i 97 interventi previsti per un ammontare complessivo di 880 milioni di euro. Dobbiamo efficientare produzione e distribuzione idrica, a fronte dei problemi generati anche dal cambiamento climatico. Abbiamo creato una cabina di regia e nominato il commissario contro la siccità, Nicola Dell’Acqua, che ha fatto un ottimo lavoro di pianificazione; tocca ora ai ministeri operare per semplificare e investire le risorse.
D. Primi interventi?
R. Le numerose strutture esistenti, una volta messe in efficienza, potrebbero arrivare a migliorare da sole le attuali capacità di captazione del 30-40%. Poi c’è da lavorare sul versante della dispersione delle reti idriche che arrivano al 40% di media a livello nazionale e, in alcune regioni, al 50%. Un litro su due si perde. Quindi, c’è da operare sulle regole; abbiamo consentito l’utilizzo dei reflui, che consente di usare nei campi acqua da depurazione, invece che potabile, per alcuni tipi di prodotti. Come la frutta.
D. La nuova Pac non consente più l’anticipo dei premi agli agricoltori fino all’80%, ma fino al 40%. Si può potenziare?
R. Ci stiamo lavorando con Agea, associazioni e regioni. Esistono oneri burocratici e incomprensioni tra organismi pagatori. Che creano ritardi. Ma ciò che davvero interessa agli agricoltori non è il quantitativo dell’anticipo, quanto la certezza dei tempi d’incasso. Per programmare le attività. Vale anche per le assicurazioni agricole. Stiamo rivedendo anche alcune scelte relative ai bovini: si puntava a sostenere gli allevamenti più complessi e, invece, le scelte fatte hanno portato a un intervento orizzontale che riduce gli aiuti agli allevamenti montani. Bisogna aiutare chi ne ha più bisogno. La Pac serve a questo: a garantire la produzione e il reddito agli agricoltori, affinché non abbandonino i campi.
D. È tempo di un commissario Ue all’agricoltura italiano o mediterraneo?
R. Serve un commissario che tenga all’agricoltura e sia autorevole per il settore. Ma va cambiato l’ordine dei fattori. Con la commissione attuale, abbiamo avuto alcuni commissari che prevalevano nelle scelte sull’agricoltura, pur non essendo competenti in materia. Vale anche per la pesca. L’ex vicepresidente della commissione europea, Frans Timmermans, ha condizionato pesantemente le scelte sul primario.
D. Quindi?
R. L’agricoltura dev’essere il centro da cui partire, per effettuare politiche ambientali, non il contrario. L’agricoltore è il primo ambientalista. Chi si occupa di agricoltura si occuperà anche di ambiente; non il contrario. Nei trattati europei il bene prevalente è l’agricoltura, perché è capace di gestire e manutenere i territori e garantisce la sicurezza alimentare. Il commissario all’agricoltura deve dettare la linea, non subirla come avvenuto in questi anni.
D. Gli ultimi commissari Ue, però, sono stati tutti di scuola agricola continentale.
R. Ho ricomposto assieme alla Grecia il gruppo Euromed: i nove paesi mediterranei si riuniscono a margine degli Agrifish, per non subire le scelte che avvantaggiano altri modelli Ue. Le marinerie italiane hanno perso in media il 40% delle attività; in altri paesi Ue il calo è stato del 28%. Ciò significa che le scelte Ue hanno penalizzato la pesca italiana. Le imprese agricole in Europa sono calate in media del 24%; in Italia sono calate del 30%, con punte del 40-45% nel Sud e nelle aree più deboli. Ciò significa che le scelte Ue ci hanno danneggiato. Dobbiamo cambiare ottica, ma non dobbiamo prendercela sempre con l’Europa.
D. Cioè?
R. Contano anche le attività dei governi italiani. Io ho fatto il 100% delle presenze a Bruxelles, i miei predecessori no. I ministri delle altre nazioni, come me, stanno incollati ai tavoli di lavoro. Perché è lì che si fanno le scelte. Senza contare che siamo deboli nella burocrazia. E questa è la cosa più grave. Siamo assenti dagli uffici della commissione agricoltura e pesca, dove si scrivono i testi che compongono le norme: non c’è un direttore italiano di prima o seconda fascia. Su 13 posizioni, l’Italia non ha neanche un burocrate; su 45 figure, abbiamo tre o quattro burocrati di terza, quarta, quinta fascia. Parliamo del primo o secondo player agricolo Ue. Ma è mai possibile?
D. Si dice che il governo Meloni punti al commissario alla concorrenza.
R. Di certo, serve un ruolo strategico per l’Italia e occorre avere grande attenzione su alcuni comparti; capire le sensibilità dei rispettivi candidati. Se non esprimeremo un commissario all’agricoltura, dovremo essere sicuri che non sia ostile al nostro modello produttivo.
D. Se non sarà all’agricoltura, il governo che commissario chiederà?
R. Non abbiamo ancora dato indicazioni. Ma ci sono altri commissari strategici che incrociano anche gli interessi agricoli italiani. Ad esempio, abbiamo gravi ritardi nella logistica, che limitano le nostre esportazioni. Sulle vicende della concorrenza, poi, il nostro modello dev’essere tutelato diversamente. Le scelte fatte con la direttiva Bolkestein non hanno aiutato a proteggere il nostro sistema.
Luigi Chiarello, ItaliaOggi