
(di Tiziano Rapanà) Bisognerebbe andare al di là di una certa positura intellettuale nei confronti del burro. L’ubbia pura lasciamola alla congrega dei manichei. Qui si discute sul serio della bontà del burro. C’è chi dirà: è il grasso del latte. Non lo nego, ma onesta intellettuale vuole che si faccia conto della presenza in società del burro nobile. Non è un’investitura, qui non c’è riferimento ad un qualche blasone. Esso è nobile perché dotato dei requisiti di purezza. Sicché è il burro nobile di una crema di latte che proviene da mucche alimentate con foraggi freschi e semi di lino (dunque, alimenti ricchi di CLA e Omega 3 che rappresentano un prezioso aiuto a contrastare il colesterolo e la prevenzione di malattie cardiovascolari). Mucche, beninteso, trattate da principesse. Stalle come regge. Non c’è nulla di strano o oscuro da attirare lo sguardo malevolo di qualcuno. Il burro nobile è attore di primo rilievo nella compagnia della cooperativa LattEmilia (tra i produttori, spicca l’azienda Montanari & Gruzza). Non è il capocomico, bensì il caratterista di rilievo che il pubblico riconosce in un battibaleno. I copioni da mandare in scena sono tanti. Io vi consiglio di affidarvi al classico: pane, burro e marmellata. Non potete sbagliare, questa è la colazione prediletta per chi cerca uno sposalizio perfetto tra il gusto e il mangiare sano. Continuerà il vociare stridulo contro il burro, già vedo i legionari del moralismo gastronomico avanzare minacciosi. Ma state pure tranquilli: ¡no pasarán!