I crediti incagliati del Superbonus spingono la riclassificazione dei conti di Eurostat e rischiano di diventare carta straccia. La data del 30 novembre è sul calendario fiscale indicata come l’ultimo giorno in cui si potrà comunicare all’Agenzia delle entrate le cessioni dei crediti fiscali maturati per il 2022. Una data spartiacque che serve anche a concludere il censimento tardivo avviato dall’amministrazione per conoscere la montagna di crediti che senza cessione andranno persi o rimarranno sulla piattaforma gestita dall’Agenzia. Eurostat, dopo aver rilasciato un parere a settembre (si veda ItaliaOggi del 26/9/2023) dove dà una sorta di ultimatum a Istat e al ministero dell’economia è alla finestra e sta attendendo. L’orientamento sembra proprio quello di riclassificare i crediti incagliati perché di un’entità consistente e dunque rivedere l’impatto sui conti pubblici del Superbonus. Il 31 agosto, ultimo dato disponibile, l’Agenzia delle entrate, guidata da Ernesto Maria Ruffini, rendicontava che erano state inviate alla piattaforma 17.860.580 operazioni per un valore di 146,8 mld. Di queste ne risultavano compensate in f24 23,2 mld. Al momento, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, il ministero dell’economia, consapevole della deadline, non sembra preoccuparsi più di tanto. Si continua a sperare nella ripresa degli acquisti da parte delle banche o di poste. Ma gli istituti hanno messo le mani avanti portando avanti piccole cessioni e non risolutive.
Proprio ieri in audizione sulla legge di bilancio l’associazione delle banche italiane Abi ha voluto precisare, sull’acquisto dei crediti fiscali che: «Quello che noi oggi stiamo osservando è che c’è uno sforzo del settore bancario per cercare di riattivare questo circuito di cessione e riacquisto dei crediti, però ovviamente è una procedura che ha tempi più lunghi rispetto a soluzioni più dirette». Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, ha citato altri meccanismi ipotizzati in passato per riattivare i meccanismi di acquisto e cessione dei crediti, meccanismi che per vari motivi – ha spiegato non sono stati attivati; piattaforme che facilitassero l’incontro tra domanda e offerta o compensazione con quote predeterminate di f24». Il 25 settembre, come raccontato da ItaliaOggi, Eurostat ha inviato una nota con richiesta di chiarimento a Istat sulla classificazione dei crediti incagliati. Se non ci sarà cessione i crediti 2022 diventeranno carta straccia e saranno trattati come crediti non pagabili, rivedendo l’attuale classificazione dei costi Superbonus registrati come pagabili. Se i crediti sono considerati “non pagabili” il contribuente deve avere la consapevolezza che può perderli se non riesce ad utilizzarli nell’anno di competenza e lo stato non è tenuto a rimborsarli, mentre lo stato dovrà contabilizzare i relativi costi nell’anno in cui i crediti saranno fruiti per l’importo utilizzato. Naufragata l’ipotesi di una super certificazione su base volontaria del cedente effettuata dalla Guardia di finanza che avrebbe dovuto spingere alle cessioni, si guarda al 30 novembre senza avere al momento assi nelle maniche e secondo quanto risulta a ItaliaOggi senza avere contezza del reale stock di crediti da smaltire o che andranno al macero. Intanto ieri durante l’avvio delle audizioni sulla manovra Ance, l’associazione nazionale costruttori è tornata alla carica con la richiesta di una proroga Superbonus per consentire la conclusione dei lavori: «In vista dell’imminente scadenza al 31 dicembre 2023 per la conclusione degli interventi sui condomini eseguiti con il Superbonus, è assolutamente necessario individuare una rapida soluzione alle decine di migliaia di cantieri che, anche in virtù del caos normativo e applicativo dello strumento, non riusciranno a terminare i lavori in tempo utile». Confedilizia nel suo intervento ha chiesto di rivedere la norma sulla plusvalenza della cessione degli immobili Superbonus: «Non è negativo che il governo intenda considerare tassabili gli incrementi di valore subiti dagli immobili in conseguenza degli interventi assistiti da Superbonus. Se questo è l’intento», scrive la confederazione, «non crediamo che la norma però lo raggiunga. Per come è scritta, porta a considerare tassabili anche incrementi di valore che possano essersi verificati da molti decenni addietro e che abbiano poi in questi ultimi anni subito un intervento assistito dal Superbonus».
Cristina Bartelli, ItaliaOggi