(di Tiziano Rapanà) Tolkien sbarca alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Una mostra per lui, dal 15 novembre. Il ministero della Cultura patrocinerà l’evento e la premier inaugurerà la mostra. Tutto giusto, tutto nell’ordine nelle cose, anche se si omaggia un autore straniero. Io credo che il problema non sia tanto rappresentare Tolkien (e gli elementi che ne intendano il significante espressivo) alla GNAM, quanto non dare lo giusto spazio (nei musei e negli spazi adibiti alla divulgazione) ai grandi scrittori – anche minori – del nostro passato. Alla fine si stendono onori per un encomiabile rappresentante della narrativa internazionale (la sua non è letteratura ma una solida costruzione di eventi fantasiosi e personaggi granitici), ma un grande evento che celebra Manzoni, Pascoli, Carducci, Boccaccio, Tommaso Landolfi non c’è. Un grande omaggio al Gattopardo o ai drammi borghesi di Moravia mi pare come ideale, in questi tempi di riscossa del sovranismo. Giustamente si punta l’attenzione all’italianità e si innalza, ad ogni occasione, il vessillo del patriottismo artistico-culturale (e, in alcuni casi, pure gastronomico). Poi si celebra Tolkien che non ha nulla a che spartire con i grandi della nostra storia della letteratura. E mi riferisco alla forma, al “come si dice”. Dobbiamo paragonare un tomo del Signore degli anelli all’Adelchi? O all’opera del sommo Italo Svevo? Non mi pare il caso. E a volere ipotizzare una lotta tra immaginari letterari, intrisi di visioni guerresche legate all’epica (anche un po’ retorica, lievemente stucchevole) dell’eroe, la corona d’alloro è tutta per Torquato Tasso e la sua leggendaria Gerusalemme liberata. Celebriamola per davvero la nostra cultura, i nostri scrittori non sono mica una ciurmaglia di letterati buoni per conciliare il sonno. Non sono gli odierni aspiranti geni della scrittura, che vincono premi su premi, pensatori di cupe banalità. Più spazio a Giovanni Verga, a Girolamo Comi (un poeta straordinario, purtroppo sconosciuto ai più, delle mie parti), anche a Emilio Salgari (narratore pure lui, ma tanto si gioca nello stesso campo letterario di Tolkien) e ai nostri italiani. Siate sovranisti fino in fondo. Comunque viva Tolkien, ma preferisco Calvino.