
Difficile ragionare con gli occhi incollati al counter del Covid, con i numeri che scorrono e lo score che cresce in progressione geometrica. Il “manovratore” della sanità in questo momento è come un controllore di volo con la tempesta in corso sopra lo scalo: deve decidere incrociando occhi è riflessioni, tenendo fuori dai guai decine di aerei contemporaneamente ma programmare anche la loro ordinata discesa a terra. Ai vertici delle Asl e degli ospedali servono manager capaci, capaci di gestire l’ordinario e le emergenze con i pochi fondi a disposizione. Ma devono anche essere in linea con la strategia politica di chi governa in questo momento. Darsi da fare e cercare visibilità ad ogni costo, stare nella “buchetta” ad aspettare che qualcosa succeda o cambi, tenersi pronto con la valigia a terra, cercare un’altra poltrona in altra regione? Quelle tre dozzine di uomini che governano la sanità laziale sono sotto esame e non tutti hanno il coraggio di rischiare, di conquistare uno spazio di autonomia. Diversi sono in scadenza, quattro sono commissari straordinari (per quanto tempo ancora?). E non tutti hanno l’autorevolezza di Giuseppe Quintavalle, la determinazione d Francesco Milito, la tenacia di Cristina Matranga, la dedizione di Silvia Cavalli e la capacità di mediazione di Narciso Mostarda, le capacità di Daniele Donetti. Ci sono figure grigie, di sfondo, si vede lontano un miglio che non si vogliono esporre, che preferiscono seguire le indicazioni generali senza allargarsi troppo. Fanno così gli i loro interessi? Quelli degli utenti? Ci sono dei manager che non rilasciano dichiarazioni, dei quali non passa una fotografia, è una scelta di campo. E poi ci sono quelli che sanno già di dover lasciare la poltrona a scadenza di contratto (in primavera). Il nostro borsino, in fondo rispetta valori in campo ma anche spessori dei personaggi e tiene conto delle criticità o degli sforzi. Un punto di vista.
Il Nuovo Corriere di Roma e del Lazio