Il numero delle identità digitali (Spid) erogate ad oggi in Italia è di quasi 36 milioni e ha superato di quasi 4 milioni quelle erogate 12 mesi prima, di oltre 10 milioni quelle di due anni prima ed è circa il quadruplo rispetto a quelle attive nell’agosto 2020. Vertiginosa anche la crescita registrata da PagoPA, la piattaforma digitale che gestisce i pagamenti verso la Pubblica Amministrazione. Nell’arco del 2023, non ancora concluso, sono state effettuate 257.495.757 transazioni, contro le 163.635.088 dell’intero 2021. La trasformazione digitale, alimentata anche dal vento del Pnrr che su questo fronte ha investito in maniera massiccia, sembra proseguire a passo serrato. Eppure, sul fronte delle competenze, il Paese non sembra correre alla stessa velocità degli strumenti messi in campo e i numeri restano preoccupanti. Sono alcune delle osservazioni sullo stato di avanzamento della trasformazione digitale che emergono dall’analisi dei dati dell’Agenzia per l’Italia digitale e dell’Istat, effettuata da Centro Studi Enti Locali (Csel) per Adnkronos.
“Stando a quando fotografato sia dall’ultima indagine Istat, diffusa lo scorso giugno, oltre metà degli italiani (con età compresa tra 16 e 74 anni) non possiede neanche delle competenze digitali di base ed è quindi costretto ad affidarsi a intermediari per accedere ai servizi digitali messi a disposizione dalle amministrazioni pubbliche, laddove l’alternativa analogica non sia più disponibile”, afferma Csel.
“Anche le piccole imprese italiane – prosegue – sembrano non tenere il passo con le innovazioni tecnologiche che hanno in pochi decenni ridisegnato completamente il sistema economico mondiale e nel 57,2% dei casi hanno esternalizzato la gestione delle funzioni Ict. Trasformazioni importanti sono in atto, dunque, ma i benefici che ne derivano ad oggi vengono intercettati solo da una parte minoritaria del Paese”.
“Come è facilmente intuibile, a fare la differenza – dice Csel – sono soprattutto i fattori anagrafici e il grado di istruzione. I ragazzi compresi nella fascia di età 16-19 anni che hanno competenze digitali almeno di base è del 58,7%, percentuale che sale a 61,7 nella fascia 20-24 anni, riscende leggermente a 61,1 tra i 25 e i 34 anni e poi cala drasticamente spostandosi verso età più avanzate. Dispongono delle conoscenze informatiche almeno di base il 54,6% dei cittadini con età compresa tra 35 e 44 anni, il 48,9% di quelli che hanno tra 45 e 54 anni, il 41,9% di quelli tra 55 e 59 anni, il 32,9% di coloro che hanno tra 60 e 64 anni e solo il 17,7% degli italiani che hanno tra 65 e 74 anni”.
“Duole constatare – avverte Csel – come, anche su questo fronte, la regione di appartenenza o il fatto di essere nato in un piccolo o grande centro sembrano essere fattori determinanti per il grado di alfabetizzazione digitale mediamente raggiunto dai cittadini. Stando agli ultimi dati Istat, riferiti al 2021, i due estremi sono rappresentanti dal Centro, dove il 50,9% dei cittadini con più di 16 anni e meno di 75 risulta avere delle competenze digitali almeno di base, e il Sud, dove le stesse conoscenze sono appannaggio di meno del 37% della popolazione compresa nella stessa fascia di età”.
“Tra le regioni, le due situazioni limite sono rappresentate, nel bene, dal Lazio (52,9% di cittadini digitalmente alfabetizzati) e dalla Calabria, dove la stessa percentuale è ferma al 33,8%. Ampia anche la forbice tra chi risiede in un paesino con meno di 2mila abitanti e chi vive in una grande città. I cittadini con competenze digitali almeno di base sono circa il 40,4% nel primo caso e il 54,1% nel secondo”.
“Non resta che sperare, dunque, che gli importanti investimenti attivati in ambito Ict – sottolinea Csel – riescano a invertire la rotta e che si vada verso un netto superamento di questi divari che sembrano delineare un paese spaccato a metà, in cui più di un cittadino su due non è dotato degli strumenti necessari per beneficiare dei molti vantaggi correlati ai servizi digitali che la Pubblica Amministrazione sta via via rendendo disponibili”.
Ma a quanto ammontano le risorse stanziate in questa direzione? “Stando ai dati recentemente diffusi dal Dipartimento per la Trasformazione digitale della presidenza del Consiglio dei ministri – ricorda Csel – l’anno scorso la Pubblica Amministrazione italiana ha speso oltre 7 miliardi di euro in tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione, il 5,8% in più rispetto al 2021. Un dato destinato a crescere ulteriormente nel prossimo triennio, anche grazie ai fondi dedicato al digitale dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
“Piattaforme e infrastrutture – aggiunge – rappresentano i principali ambiti in termini di spesa, rispettivamente con il 49% e il 20% del totale, seguiti da servizi (14%), dati (8%), sicurezza informatica (4%), governance (3%) e interoperabilità (2%)”.
“Complessivamente, emerge che le istituzioni stanno continuando ad avanzare lungo il percorso di trasformazione digitale. Infatti, rispetto alle scorse rilevazioni, si evidenzia un aumento della percentuale di amministrazioni appartenenti ai gruppi degli Advanced e dei Digital leader”, osserva Csel.
Tra gli ambiti principali di investimento che sosterranno la crescita nei prossimi anni Csel segnala: la cybersecurity, da rafforzare in tutti i comparti della Pa, per contrastare l’incremento degli attacchi che soprattutto negli ultimi anni hanno colpito numerosi enti pubblici e aziende sanitarie; la migrazione verso il cloud che riguarderà gli enti della Pubblica Amministrazione che dovranno attuare la Strategia Cloud nazionale.
E ancora: le Piattaforme dati, il cui sviluppo supporterà l’evoluzione verso un modello di scelte e strategie basate e guidate dai dati; l’evoluzione dei Servizi online a cittadini e imprese e dei sistemi di autenticazione e dei pagamenti online; l’identità digitale nazionale unica, propedeutica all’evoluzione verso il portafoglio elettronico (‘Eudi Wallet’).
Adnkronos