L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarezza sui profili fiscali legati allo smartworking attraverso la circolare 25/2023. Ecco un riassunto delle principali informazioni:
Residenza fiscale: Lo smartworking non influenza la determinazione della residenza fiscale di un lavoratore. La residenza fiscale rimane legata ai criteri tradizionali, cioè all’iscrizione anagrafica, al domicilio o alla residenza in Italia. Quindi, indipendentemente dallo smartworking, chi risiede in Italia deve pagare le tasse sul reddito globale.
Regime speciale degli impatriati: Lo smartworking può agevolare l’accesso al “regime speciale degli impatriati”, che prevede una tassazione agevolata per un periodo di cinque anni. Questo regime consente al lavoratore di continuare a lavorare per un datore di lavoro straniero mentre risiede in Italia, beneficiando di un’esenzione fiscale parziale.
In sintesi, lo smartworking non modifica la residenza fiscale, che rimane basata sui criteri tradizionali, ma può influire sulla possibilità di accedere a regimi fiscali agevolati, come il regime degli impatriati. La circolare mira a fornire chiarezza su come le leggi fiscali italiane si applicano a coloro che lavorano in modalità di smartworking, considerando l’incremento di questa pratica durante e dopo la pandemia.