di Mauro della Porta Raffo, qui nelle vesti di Presidente onorario della Fondazione Italia USA La cui necessità è spiegare il Mondo (Luca Goldoni dixit), persona che non può essere giudicata da suoi pari perché non ne ha (Lucio Lami), ultimo enciclopedista settecentesco e poligrafo di sterminata cultura (Vittorio Sgarbi), che ha visto, letto e ricorda tutto, perfino le cose che devono ancora accadere (Ferruccio de Bortoli), il quale considera modestia e umiltà gravissimi difetti che per fortuna non ha, che ha fatto propria l’invettiva di Groucho Marx “qualsiasi cosa sia, io sono contro!”, che vuole valga per sé quanto scrisse Daniel Bernoulli riconoscendo un intervento di Isaac Newton, il più grande tra gli uomini, “Ex ungue leonem”, del quale – visto che di USA si tratterà – Bruno Vespa ha detto “Senza Mauro della Porta Raffo il mondo sarebbe fermo al settembre 1492 e l’America non esisterebbe”, che aspira infine ad essere ricordato come Padre e soprattutto Nonno eccezionale.
In Varese (dove, altrimenti?), li 31 luglio – nientemeno che Sant’Ignazio di Loyola – 2023.
4 luglio, davvero?
Il 4 luglio del 1776 non è la data nella quale le colonie videro riconosciuta la loro esistenza.
Accadde difatti il 3 settembre 1783 a Parigi, quando fu firmato il Trattato che poneva fine alla Guerra di Indipendenza. Il 4 luglio 1776 non ricorda l’inizio della stessa Guerra di Indipendenza in effetti cominciata il 19 aprile 1775, con la battaglia di Lexington.
Il 4 luglio non è data che riguardi la Costituzione americana che fu definita il 17 settembre 1787, ratificata da un sufficiente numero di Stati il 21 giugno 1788 ed entrò in vigore il 4 marzo 1789.
Non è neppure la data nella quale il Congresso Continentale voto all’unanimità la separazione dalla Gran Bretagna.
Cosa accaduta il 2 luglio 1776, due giorni prima.
È il giorno nel quale il testo concordato fu reso pubblico.
È questo talmente vero che John Adams – uno dei Founding Fathers, poi primo Vice Presidente e successore di Washington – indirizzando la lettera alla moglie Abigail, letteralmente scriveva:
‘Il secondo giorno di luglio del 1776 sarà l’evento più memorabile della storia dell’America…’
Così va il Mondo.
Come e perché fu chiamata America
Matthias Ringmann, ovvero Philesius Vogesigena – come volle chiamarsi – umanista, cartografo ed erudito e Martin Waldseemuller, cartografo.
È a questi due eminenti studiosi tedeschi operanti tra Quattrocento e Cinquecento che dobbiamo la denominazione del Quarto Continente.
Ringmann ebbe modo di conoscere e divulgare la relazione composta da Amerigo Vespucci reduce dal suo terzo viaggio oltre oceano (1501-1502) e inviata dal navigatore a Lorenzo di Pier Francesco de’ Medici, mecenate e cugino del Magnifico.
È leggendo queste invero brevi note che ebbe a verificare come appunto il Vespucci fosse stato il primo, tra quanti erano arrivati in quelle terre, ad esseri reso conto di costeggiare ed esplorare non una parte d’Asia ma un nuovo e diverso Continente.
Per questo, allorquando più tardi, con altri, pubblicherà una nuova edizione della ‘Geografia’ di Claudio Tolomeo recante una introduzione (‘Cosmographiae introductio’, edita il 25 aprile 1507) di pregio, suggerirà all’illustre cartografo Martin Waldseemuller, autore della grande carta geografica del mondo colà inserita (‘Universalis Cosmographia’), di chiamare ‘America’ il Continente oltre Atlantico collocato.
Così sarà anche se dopo lo stesso Waldseemuller cambierà idea e nelle carte successivamente disegnate denominerà ‘Terra Nova’ quando non ‘Terra Incognita’ quelle bande.
Inutilmente, come si vede.
American Flag’, la bandiera USA oggi e nel volgere del tempo
L’oggi novantatreenne Jasper Johns, tra i grandi della pittura americana del secondo Novecento, è al Moma, tra l’altro, con un celebre e riprodottissimo dipinto.
Si tratta di ‘Flag’, datato 1954.
La bandiera in questione è ovviamente quella americana.
Propone come consuetudine (1) le tredici strisce rosse (la prima in alto è appunto rossa) e bianche che rappresentano le tredici ex colonie fondatrici.
Nel riquadro su sfondo blu, colloca quarantotto stelle disposte semplicemente su sei file di otto ciascuna.
Questo, naturalmente, in quanto allora gli Stati componenti gli USA erano appunto quarantotto.
Allorquando entrarono nell’Unione l’Alaska e in seguito le Hawaii, si pose il problema di come disporre le dapprima quarantanove e subito dopo cinquanta stelle senza allargare lo
spazio occupato per la bisogna in precedenza nel drappo.
Visto che la bandiera a quarantanove stelle ebbe vita brevissima – durò dal 4 luglio (2) 1959 al 3 luglio 1960 per lasciare spazio il giorno successivo a quella tuttora in uso – parliamo della attuale che tutti oggi conoscono.
Mille e mille le ipotesi.
Ma tutte asimmetriche, ingombranti in quanto necessitanti di un maggiore spazio, e sgradevoli alla vista.
La complicata ma elegante soluzione – cinque strisce formate da sei stars intervallate da quattro file costituite da cinque – si deve all’allora giovanissimo designer Robert Heft, il quale, successivamente, studiò anche le ipotetiche bandiere da usare nel caso in cui gli Stati aumentino da cinquantuno fino addirittura a sessanta.
(1) Solo nel periodo in cui gli Stati dell’Unione furono quindici la bandiera riportò quindici strisce per poi ritornare alle origini così come l’aveva, secondo tradizione, proposta Betsy Ross.
(2) Sempre per tradizione, ogni nuova bandiera viene ufficializzata a Filadelfia nel giorno della dichiarazione di indipendenza.
La precedente viene in quel momento bruciata.
Donald Trump:
la Quarta Rivoluzione Americana?
Quanto ho scritto e pubblicato a proposito del quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti d’America pochi giorni dopo l’Insediamento, esattamente il 12 febbraio del 2017.
Considerati i successivi accadimenti, un testo che qui trova opportuna riproposizione.
Guardando all’esito delle elezioni 2008 per la Casa Bianca, ho più volte scritto e sostenuto che la vittoria di Barack Obama nella circostanza doveva essere ritenuta e definita come la Terza Rivoluzione Americana.
La Prima essendo quella che ha portato all’indipendenza le tredici ex colonie e alla nascita degli Stati Uniti e da tutti indicata come tale.
La Seconda, a mio giudizio, risultando quella datata 1828 e concretizzatasi il 4 marzo 1829 allorquando la vecchia aristocrazia agraria che aveva creato il Paese – rappresentata nella circostanza da John Quincy Adams – era stata prima definitivamente sconfitta dalla emergente
borghesia e poi costretta a lasciare la Presidenza all’uomo del popolo che la conquistava: il generale Andrew Jackson.
Terza, opinabile, la Rivoluzione in qualche modo ‘incarnata’ in Obama, perché proponeva (apparentemente?) un ulteriore rivolgimento conseguente al declino della lunga preminenza degli wasp (white, anglo-saxon, protestant) duri e puri e al predominio elettorale di quel coacervo melmoso costituito in particolare dalle emergenti e in prospettiva dominanti etnie e dai liberal.
È a fronte della a dir poco davvero inattesa vittoria di Donald Trump nel 2016 che nascono in merito i dubbi e i problemi.
Molte le conseguenti domande.
Le prime sono:
È la Terza Rivoluzione – se nata – già finita?
Siamo solo e semplicemente invece di fronte all’ultima, disperata sortita vittoriosa dalla trincea, nella quale saranno poi costretti a ripiegare, dei futuri perdenti?
Insomma, i democratici, volti sempre più al socialismo, sono comunque destinati – fra poco, non da subito come si credeva – a governare lungamente costringendo i repubblicani a un duraturo declino, alla marginalità?
E, soprattutto e decisiva, davvero con Trump è tornato al governo del Paese il Partito Repubblicano così come da decenni lo conosciamo e consideriamo?
(Va qui precisato che il riferimento non è e non può essere alla falsissima rappresentazione che dei democratici e dei repubblicani USA forniscono gli ignorantissimi e faziosi media).
Ora, possiamo con sincerità sostenere che il Partito dell’Elefante sia rappresentato da Donald Trump o che il nuovo Presidente si ritenga e sia un vero GOP?
La risposta è no.
In primo luogo perché tale The Donald – un ‘maverick’ e cioè un vitello non marchiato – non è, se non fugacemente, stato.
Tentato da movimenti minori quali il Reform Party, il Nostro è lungamente risultato iscritto alle liste elettorali come democratico.
Poi, in quanto lo stesso GOP lo ha avversato durante la campagna elettorale in ogni possibile modo cercando di sconfiggerlo e ideologicamente rifiutando questo ‘oggetto estraneo’.
Infine e determinante, nel corso di Caucus e Primarie così come nelle votazioni dell’8 novembre, per lui si sono espressi certamente non pochi repubblicani ma altrettanto certamente un numero notevole e determinante di elettori per così dire non accasati o da tempo lontani perché delusi, convinti dalle idee proposte, dalle promesse fatte, dal ‘momento’, ben al di là di una vera appartenenza politica.
È, allora, il movimento in qualche modo creato, messo insieme dal quarantacinquesimo Capo dello Stato americano una duratura novità?
E, nel caso, se non finisse a breve nel nulla, quali le prospettive?
La risposta è difficile anche perché Donald Trump – per quanto dotato di un fiuto e di un carisma certamente non da poco – non ha e non può avere la stazza del fondatore di partiti.
La qual cosa non impedirebbe di certo ad altri di maggior peso al momento non identificabili di raccogliere testimone e sfida.
Nell’ipotesi, la concretizzazione della Quarta Rivoluzione Americana consisterebbe nella nascita di un nuovo partito politico.
È proprio da vicende elettorali particolari che a suo tempo nacque, per fare un nome, il Partito Democratico.
Vedremo.
Preambolo:
Il Congresso degli Stati Uniti d’America,
Camera dei Rappresentanti e Senato.
Ordinamento, composizione, regole.
Con una nota a proposito dell’Impeachment
In premessa:
il sistema è ‘bicamerale’ a seguito della soluzione dell’iniziale impasse ad opera della Delegazione del Connecticut (‘Compromesso del Conn…’) che, a Filadelfia, in sede di elaborazione della Carta Costituzionale, per superare la contrapposizione tra gli Stati più e meno popolati (i primi chiedevano una sola camera nella quale gli eletti di ogni membro dell’Unione fossero in proporzione al numero degli abitanti e ovviamente i secondi no) propose due consessi, come subito vedremo, differentemente rappresentativi e organizzati.
a)
I membri componenti la
Camera dei Rappresentanti
(così chiamata perché in essa è ‘rappresentato il popolo’) degli Stati Uniti d’America, essendo il loro mandato biennale, sono eletti alternativamente
‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno coincidente con il bisestile’ e cioè nello stesso giorno nel quale i cittadini vengono chiamati alle urne per votare gli ‘Electors’ con l’iniziale maiuscola per distinguerli dagli elettori comuni – che, poi, ‘il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre a venire’, riuniti nel Collegio Elettorale, effettivamente, eleggeranno il Presidente,
e/o
‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno secondo di mandato del Capo dello Stato’, nelle perciò denominate ‘Mid Term Elections’ (naturalmente, ‘di Medio Termine’, laddove ‘Term’ e ‘Termine’ significano e indicano il mandato presidenziale).
Sono (come impone una Legge del 1911) in totale quattrocentotrentacinque, attribuiti – sulla base dell’esito, quanto al numero degli abitanti, del decennale Censimento che si tiene dal 1790 nell’anno con finale zero – proporzionalmente (devono comunque averne obbligatoriamente almeno uno) ai singoli Stati, ai quali spetta la decisione in merito alle Circoscrizioni agli stessi interne che li riguardano, Circoscrizioni che, ha sentenziato la Corte Suprema, devono contare all’incirca sulla medesima consistenza numerica dei votanti.
In questo ambito, vigendo il ‘maggioritario’, prevale chi ottiene la maggioranza relativa dei suffragi (solo in Louisiana il sistema è a doppio turno ‘alla francese’).
Sei altri ‘Delegati’ senza diritto di voto fanno parte del consesso in rappresentanza del Distretto di Columbia, di Guam, Portorico, Samoa, Marianne e Isole Vergini Americane.
Il numero delle Legislature del Congresso (il Senato da questo punto di vista, consentendo, non si distingue) è a quelle camerali che fa riferimento.
La prima votazione (è dal 1848 che anche in questo ambito i seggi sono aperti un solo giorno) essendosi attuata tra il 15 dicembre 1788 e il 10 gennaio 1789, la Legislatura scaturita l’8 del venturo penultimo mese 2022 è la
Centodiciottesima.
(Si pensi che le cosiddette ‘Presidenziali’ del 2024 saranno le sessantesime).
Gli eletti – sono candidabili coloro che abbiano almeno venticinque anni d’età, siano cittadini americani da almeno sette anni e al momento delle consultazioni risultino residenti nello Stato nel quale si propongono – stante il disposto costituzionale, si riuniranno per inaugurarla il 3 gennaio del 2023.
Quanto al numero dei mandati, non esiste limite alcuno.
Sono convocati ed ammessi alla votazione tutti i cittadini maggiorenni che si iscrivano in questa prospettiva alle Liste Elettorali.
Eccezionalmente – è accaduto solo nel 1824 – se e quando il Collegio Elettorale non possa procedere alla nomina effettiva del Presidente (in quanto, più di due risultando i candidati in grado di accaparrarsi gli Electors, nessuno tra loro raggiunga la maggioranza assoluta prescritta), sarà (fu,allora) la Camera a provvedere con appositi ballottaggi, peraltro votando ‘per Delegazione’ e valendo a quel punto ‘uno’ tutti gli Stati a prescindere.
In estrema applicazione del Federalismo, per il quale la ‘dignità’ dei partecipi all’Unione è necessariamente pari.
Ovviamente, la Camera ha una propria organizzazione – al vertice lo ‘Speaker’, ovvero il Presidente – così come sono opportunamente strutturati (‘leader di maggioranza’, ‘di minoranza’, eccetera) al proprio interno i movimenti politici che ne fanno parte.
Altrettanto naturalmente, ha funzioni legislative.
Per quanto però e infine si sostenga che negli USA il ‘bicameralismo’ sia ‘perfetto’ così non è, vantando il Senato, come subito vedremo, in specifici campi, poteri maggiori.
b)
I componenti il Senato (volendo, ‘Camera Alta’), sono due – oggi e dal 1959 in totale cento perché cinquanta gli Stati non per qualche inesistente legge che così disponga! – per ciascuno entità (la pari dignità già detta a proposito di una particolarità camerale è qui esplicita sempre), quanto ai ‘tempi, sono eletti negli stessi indicati sopra a proposito dei Rappresentanti.
Il loro mandato è di sei anni e vengono rinnovati per un terzo ad ogni consultazione.
Sono a questo fine divisi in tre classi.
Il consesso, per tale particolarità ‘non muore mai’.
(I relazione poi ai Senatori deceduti o dimissionari in corso di seiennio, vengono sostituiti alla prima occasione elettorale, restando peraltro inalterati i termini di scadenza del mandato.
Invero, non pochi Stati prevedono in alternativa una sostituzione, sempre temporanea e limitata, ad opera dei Governatori).
Il Presidente del Senato è per disposizione costituzionale il Vicepresidente in carica.
Ha diritto di voto solo in caso di parità.
Viene sostituito se e quando impossibilitato dal ‘Presidente pro tempore’, eletto tra i Senatori anziani della maggioranza.
Se il Collegio degli Electors non può nominare il Vicepresidente (è accaduto nel 1836), la competenza passa a questo ramo del Parlamento e nei seguenti ballottaggi i singoli membri sono liberi di esprimersi non valendo qui il discorso ‘per Delegazione’ sopra fatto.
Come alla Camera, i partiti sono strutturalmente organizzati.
Fino alla approvazione di un apposito Emendamento e cioè al 1913, i Laticlavi erano eletti dai Parlamenti locali.
Da allora, direttamente dal popolo.
La Circoscrizione è lo Stato.
Non è possibile in ogni realtà votare contemporaneamente per entrambi i Senatori.
Vince ed è eletto il candidato che prevale per suffragi (‘maggioritario’), tranne che in Louisiana e Georgia dove si opera tramite doppio turno.
I candidati devono avere compiuti trent’anni, essere cittadini americani da almeno nove e residenti laddove si propongono.
Anche a questo riguardo, chi intende recarsi ai seggi deve iscriversi alle Liste Elettorali.
Come si è detto, al di là della attività legislativa, le competenze della Camera Alta sono ulteriori.
Fondamentali per quel che attiene al potere di ratifica delle nomine presidenziali dei Giudici della Corte Suprema, di quelli Federali, degli Ambasciatori e dei funzionari.
Importante altresì la competenza in tema di Trattati internazionali.
Nota bene
I due rami del Congresso concorrono in caso di
Impeachment
ossia messa in stato d’accusa del Presidente
(ma non solo, potendo riguardare il Vice, i Ministri, i funzionari…).
La Camera, ponendo in atto specifiche procedure, esamina le accuse mosse e decide se in conseguenza mettere sotto processo’ (semplificando) il malcapitato.
Nel caso, sarà poi il Senato a deliberare peraltro, perché l’iter si concretizzi, con il voto favorevole alla destituzione dei due terzi dei presenti.
Per la Storia, effettivamente perseguiti ma assolti, Andrew Johnson, Bill Clinton e due volte, record del quale avrebbe volentieri fatto a meno, Donald Trump.
Al riguardo, essendo il disposto molto elastico (‘tradimento’, ‘corruzione’, va bene, ma ‘altri crimini o misfatti’ è troppo lasco), l’intera operazione finisce per avere quasi esclusivamente basi politico partitiche, assai più che giuridico istituzionali!
Preamboli
Uno
L’America, perché
1952, la Televisione di là da venire.
Treni dei pendolari da e per Milano.
Praticamente tutti i passeggeri, appena seduti, danno inizio alla lettura del giornale.
Non del milanesissimo e autorevole Corriere della Sera o, certo più raramente, della piemontese Stampa, usciti al mattino.
I titoli ‘sparati’ graficamente recano:
Corriere d’Informazione’
Corriere Lombardo
La Notte.
Le testate dei cosiddetti ‘quotidiani pomeridiani’, impostati senza dubbio in modo diverso rispetto ai predetti due, molto più attenti alla cronaca comunque definibile, agili, riassuntivi nell’esposizione, privi quasi del tutto di articoli di riflessione e approfondimento e, in ragione proprio dell’ora di pubblicazione (arrivarono anche a successive edizioni quasi serotine), in grado di riportare notizie da Stati Uniti d’America non totalmente ‘formati’ (solo nel 1959 Alaska e Hawaii saranno ammessi), superando l’handicap determinato dall’ovviamente differente fuso orario della Grande Mela e vie più di Los Angeles, i due punti focali ai quali si guardava allora, quasi scoprendoli (e, ahimè, si guarda ancora, non accorgendosi, non volendo tenere in considerazione – sto debordando peraltro del tutto correttamente – che gli USA sono socialmente, culturalmente, politicamente, idealmente, ideologicamente, economicamente, anche se non soprattutto ‘altro’, finendo in parecchie occasioni – il Donald Trump del 2016, per esempio – con l’essere sorpresi da accadimenti invece assolutamente – l’ho fatto ed è documentato – prevedibili).
Tra le notizie che – tornando al 1952 e in specie agli ‘esteri’ e all’oltre Atlantico – si potevano leggere quasi sempre in prima pagina, nelle didascalie posizionate a spiegare fotografie scelte per il buon richiamo che all’evidenza garantivano opportunamente collocate, quelle relative agli incontri di Pugilato (fortissimi gli Italoamericani sui ring tra le dodici corde) e, novità vera per noi (del resto, colà ancora non diffusissime visto che il Grand Old Party le programmava in soli dodici Stati e i Dem in quattordici lasciando alle nomenclature largo spazio di manovra), le afferenti
Primarie e Caucus organizzate per scegliere (anche a quel mentre e via via sempre più largamente fino ad interessare il Paese intero) attraverso il voto popolare Stato per Stato i Delegati alle Convention dal cui esito sarebbe scaturito il nominativo del Candidato alla Casa Bianca.
Fu quell’anno datato il primo confronto – facilmente vinto dal primo – tra il repubblicano Generale Dwight ‘Ike’ Eisenhower e il Governatore democratico dell’Illinois Adlai Stevenson.
Ebbe decisamente a meravigliarmi – come si comprende, avevo iniziato ad interessarmi del sistema elettorale americano leggendo proprio i citati quotidiani che mio Padre portava a casa a sera – per cominciare, il fatto che nei precedenti anni, dal gennaio del 1949 (ogni incombenza regolata da calendario e dall’orologio e impossibile ‘sgarrare’!) il Governo USA era stato uno soltanto, che il Presidente anche, che il Congresso non avesse voce in capitolo.
In Italia, nel medesimo periodo, tre i Dicasteri Alcide De Gasperi formati tra discussioni ed accordi e compromessi all’interno di uno e con altri partiti, che da noi fosse obbligatoria la ‘fiducia’ delle Camere, che esistesse la possibilità della ‘sfiducia’, che si votasse ‘quando capita’ e, brutalmente semplificando, i poteri di guida (mah?) fossero infine divisi tra due figure: il Presidente della Repubblica e quello del Consiglio dei Ministri.
Mi appariva – poteva così non essere? – tanto decisamente più funzionale e strutturato il sistema americano che decisi allora di studiarlo in ogni dettaglio chiedendo ai miei Genitori di aiutarmi nella ricerca dei saggi in tema pubblicati.
(Va qui detto che, per quanto giovane fossi, era in casa usuale che degli argomenti tutti ai quali mi interessassi mia Madre e mio Padre, prima mi parlassero, se e quando e quanto fosse a loro conoscenza il tema, e poi mi aiutassero ad approfondire).
Di lì a ben poco, nelle librerie cittadine, furono aperti ‘conti’, come si diceva, a mio nome.
Sarei stato difatti autorizzato a comprare e, appunto, ‘a far mettere in conto’ tutti i libri che ritenessi acquistare dopo di che Mamma sarebbe passata a fine mese per il pagamento.
Considerando che a partire dal seguente 1953, usando io una particolare tessera che i distributori nazionali di film avevano dato a mio Padre in quanto organizzatore del cosiddetto Festival Cinematografico di Varese, entravo gratuitamente nelle sale di proiezione arrivando a vedere dal primo pomeriggio anche due pellicole al giorno – Western e Commedie americane a iosa – si può comprendere prima di tutto in generale quale incredibile tipo di educazione io abbia ricevuto e molto ancora in merito alla mia affezione comunque sempre controllata, nei confronti degli Stati Uniti d’America, come in assoluto istituzionalizzati e regolati, il cui sorgere ho raccontato e ai quali ho nel tempo – senza conoscere la lingua se non in modo indecoroso, mai desiderando andarci – dedicato milioni di ore e molte migliaia di pagine saggistiche o di cronaca.
Tutto rinvenibile nei libri fino ad oggi pubblicati e/o reperibili online.
Massimo riconosciuto profondo conoscitore a livello europeo e tra i più consultati anche altrove, da vent’anni e più sono consulente e partecipante delle trasmissioni che Bruno Vespa dedica alle prescritte date alle votazioni USA, quelle di Mid Term comprese.
Seguo inoltre gli accadimenti in vista delle urne per la Fondazione Italia USA, della quale sono molto felicemente Presidente Onorario.
Due
Il tradimento di Doris Day
Ecco, di seguito – per quanto mi riguarda con riferimento alla formazione in questo particolare ambito, certamente per impulso e vita familiare, ricevuta – a proposito del mitico e apparentemente (almeno fino a non poi molti anni fa) immarcescibile ‘American Dream’ – quel che ebbi a scrivere appunto sotto il titolo ‘Il tradimento di Doris Day’ a fine novembre 2004 per il mensile di lingua inglese ‘The American’ che si pubblicava allora a Roma.
Parole, concetti nei quali, guardando in particolare alla conclusiva ‘nuova’ dichiarazione d’amore, oggi, mi riconosco a fatica, a fronte di una America sempre meno ‘Americana’ e sempre più ‘Europea’.
“Nato nel 1944, ho vissuto nel buio accogliente e affumicato delle sale cinematografiche insieme a uno stuolo di coetanei o pressappoco (la televisione, fortunatamente, almeno fino al 1954, non c’era ed impiegò tempo a diffondersi. I cinema erano strapieni e quando – come occorreva negli intervalli, aperte le volte per cambiare l’aria – le spire di fumo delle infinite sigarette là dentro consumate si levava in cielo, apparivano ai passanti quasi vulcani vicini all’eruzione) una buona parte della fanciullezza.
All’epoca, i film imperdibili per un giovincello mio pari erano i Western e le Commedie Americane ‘alla Doris Day’.
Mi sono così ‘costruito’ – operarono in modo gli States che mi ‘costruissi’ per ragioni ideologiche, politiche ed economiche per loro del tutto, nella temperie, nei frangenti, ‘giuste’ – nella mente un Paese ideale laddove, in pieno Ottocento, nel Texas o in Arizona, i bravi Cowboys – naturalmente anche buoni, belli e coraggiosi – vincevano sempre (se tutto sembrava volgere al peggio, ecco arrivare al galoppo la Cavalleria) e nel quale, quasi un secolo dopo, a New York, a Los Angeles o a San Francisco, dolci e carinissime Signore – eleganti, cinguettanti e felici – vivevano in quartieri e case invidiabili una vita da favola circondate come erano dall’amore di un maritino fra l’altro alla guida di automobili gigantesche, dall’affetto di figli biondi e floridi spesso sguazzanti in piscina, da mille elettrodomestici allora sconosciuti in Italia.
Si restava a bocca aperta nel vedere appunto Doris Day che usava l’aspirapolvere, la lavatrice o il frigorifero con assoluta naturalezza, quando, per dire, da noi, il ghiaccio veniva consegnato a barre e conservato con difficoltà in apposite costruzioni con base in terrapieni naturali profondi circa dieci metri.
Ecco, insieme al fatto che gli Americani ci avevano liberato (ma questo riguardava poco noi giovinetti dato che della cosa eravamo a conoscenza in rada schiera), il perché dell’America del Sogno che ha dominato le menti di quanti – non invece nutriti di Antiamericanismo per questioni ideologiche familiari come i Comunisti – crescevano in Italia nella seconda metà degli anni Quaranta ed anche al di là del primo quinquennio dei Cinquanta.
Capita, però, che alcuni (ed io tra loro) – forse avvertendo una lacuna – comincino presto a leggere quasi con bramosia Ernest Hemingway, James Cain, Erskine Caldwell, volendo Francis Scott Fitzgerald, John Dos Passos, Sinclair Lewis e, soprattutto, per quel che riguarda la squallida e deprimente e duramente lottata vita ‘vera’ dei centri e delle periferie delle città californiane o comunque collocate ad Ovest (definitivo il suo ‘Red Harvest, in Italia ‘Piombo e sangue’), il massimo esponente della ‘Hard Boiled School’ Dashiell Hammett e, nella sua scia, il meno aspro nel tratto, Raymond Chandler.
E quel John Steinbeck, capace di affreschi – a rappresentare la torturata dalla siccità, dal Capitale e dal dolore ‘Bible Belt’, a partire dal ‘Profondo Sud’ e dai ‘Poveri Bianchi’, da abbandonare – inimitabili.
E, immediatamente dopo, gli antesignani della ‘Beat Generation’, da Jack Kerouac ad Allen Ginsberg.
E si rendano in tal modo conto che c’è ‘anche’ un’altra America, che la dominante Hollywood ha volutamente – impegnata nella propaganda e a tal fine altresì benissimo rifornita – nascosto.
Una qualche non da poco delusione, ma, almeno per quanto m’attiene, la nascita di un novello amore indirizzato ad un Paese rivelatosi pieno di contraddizioni (e non aveva forse vergato
“Ci sono contraddizioni in me? Certo, sono immenso. Contengo moltitudini!” Walt Whitman?), ma ricco oltre ogni dire di fermenti culturali.
Talmente dovizioso da questo punto di vista da fornire agli Antiamericani materia per nutrire la loro avversione, in qualche non raro caso (si leggano le invettive che Irwin Shaw mette in bocca ad uno dei protagonisti nel capo d’opera ‘La guerra di Archer’) sfociante in purissimo odio.
Chi mai, infatti, è stato altrettanto duramente critico nei riguardi di una America, alla quale idealmente chiedeva, dalla quale attendeva molto di più, dei radicali della Sinistra statunitense e di gran parte degli scrittori or ora elencati?
Ecco, alla fine, io e molti altri siamo rimasti, restiamo infine ancora, ‘Americani’ malgrado John Wayne, in mille e mille pellicole, Alan Ladd soprattutto nel mitico ‘Il cavaliere della valle solitaria’, e la commediante Doris Day ci abbiano in qualche modo ‘tradito’ – volutamente (meno, qualcuno? v’è da dubitarne) ingannato – raccontandoci di un Paese da leggenda o da favola per il vero, se non totalmente inesistente, artefatto.
Restiamo ‘Americani’ perché amiamo, sì quell’immenso crogiuolo di differenti e contraddittorie culture, ma soprattutto la Democraticità di fondo e le Istituzioni – ideate e scolpite dai ‘Founding Fathers’ (James Madison su tutti) e dipoi giuridicamente incardinate da John Marshall, durante il fortunatamente lungo suo mandato di Chief della Corte Suprema – capaci come sono le ultime di funzionare e garantire, trascorsi ben oltre due secoli!”
Nota bene.
In non pochi momenti, concetti, disposizioni, accadimenti, saranno nel testo riproposti e ripetuti.
Ho ritenuto di così fare per rendere ogni volta fluida la comprensione evitando rimandi e note ad interrompere la lettura.
Le regole relative alla selezione dei candidati da parte dei movimenti politici sono trattate successivamente a quelle riguardanti l’effettiva scelta del Presidente.
È questi, per definizione, in ogni caso (così si vuole) ‘the best man’, la migliore opzione possibile!
Anche nell’ipotesi di successione del Vice, visto che, come già diceva Otto von Bismarck-Schönhausen, “esiste una particolare Provvidenza divina a favore dei bambini, degli ubriachi, dei pazzi e degli Stati Uniti d’America!” alla cui nascita, secondo Margaret Thatcher, non ha provveduto la Storia ma la Filosofia.
I requisiti richiesti per potersi candidare sono:
– avere compiuto trentacinque anni
– essere cittadino americano dalla nascita
– avere risieduto negli Stati Uniti almeno quattordici anni.
La dimora presidenziale viene chiamata nel testo Executive Mansion perché il nome White House (ovviamente, Casa Bianca) non è entrato in uso immediatamente (fra l’altro, il primo Presidente George Washington non vi ebbe comunque residenza perché allora non esisteva) e in particolare dopo la ricostruzione conseguente all’incendio distruttivo appiccato dalle truppe inglesi alla costruzione al momento abitata da James Madison (costretto a fuggire) il 24 agosto 1814 a Guerra del 1812 evidentemente ancora in corso.
Introduzione.
L’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America è ‘di secondo grado’ visto che per l’occorrenza non votano direttamente i cittadini aventi diritto (almeno diciottenni dal 1971, per esercitare il quale devono iscriversi alle ‘liste elettorali’) ma i delegati – detti Elettori con l’iniziale maiuscola per distinguerli dai ‘comuni’ -, scelti Stato per Stato in un numero corrispondente a quello dei Congressisti di ciascuno tra questi (uguale il numero dei Senatori, quello dei Rappresentanti è proporzionale agli abitanti localmente registrati nel Censimento che si effettua federalmente ogni decennio dal 1790), dalla tornata del 1848, “il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno corrispondente al bisestile”.
Tali Elettori, riuniti nel Collegio che formano, effettivamente eleggono il Presidente “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre seguente”.
Nel 2024, quindi – fra l’altro, la sessantesima chiamata al voto per la bisogna – gli Elettori saranno votati il 5 novembre e sceglieranno il Capo dello Stato il 16 dicembre, le due date essendo state identificate, come naturalmente possibile per ogni futura elezione, seguendo le predette indicazioni.
È in ipotesi verificabile – ed è accaduto nel 1824 – che, ovviamente più di due essendo i candidati in grado di conquistare Elettori prevalenti in qualche Stato, nessuno raggiunga la maggioranza assoluta degli stessi.
In tale estremo caso, la nomina sarà spettante alla rinnovata (viene anch’essa votata “il primo martedì dopo il primo lunedì…”) Camera dei Rappresentanti che provvederà dal 6 gennaio successivo attraverso ballottaggi nei quali gli Stati votano ‘per delegazione’ contando tutti uno per quanti abitanti abbiano.
La nomina del Presidente – salvo la Camera sia chiamata all’opera come appena detto – viene ratificata dal Congresso il 6 gennaio seguente.
Il Capo dello Stato così finalmente identificato, si insedierà il 20 gennaio a mezzogiorno.
Le votazioni in tema hanno pertanto luogo nell’anno bisestile ovviamente pari e l’entrata in carica nel successivo dispari.
La distribuzione degli Elettori delegati – nel numero totale di cinquecentotrentotto (tale dalle votazioni del 1964 essendo ovviamente cresciuti man mano di numero con l’ingresso nell’Unione di nuovi membri a far luogo dagli iniziali sessantanove espressi dalle tredici ex Colonie resesi indipendenti) ragione per la quale la maggioranza predetta è di duecentosettanta – conseguente ai risultati del Censimento del 2020 e valida per quanto qui interessa in occasione delle elezioni presidenziali del 2024 è la seguente:
Alabama, 9
Alaska, 3
Arizona, 11
Arkansas, 6
California, 54
Colorado, 10
Connecticut, 7
Delaware, 3
District of Columbia , 3
Florida, 30
Georgia, 16
Hawaii, 4
Idaho , 4
Illinois, 19
Indiana, 11
Iowa, 6
Kansas, 6
Kentucky, 8
Louisiana, 8
Maine, 4
Maryland, 10
Massachusetts, 11
Michigan, 15
Minnesota, 10
Mississippi, 6
Missouri , 10
Montana, 4
Nebraska, 5
Nevada, 6
New Hampshire, 4
New Jersey, 14
New Mexico, 5
New York, 28
North Carolina, 16
North Dakota, 3
Ohio, 17
Oklahoma, 7
Oregon, 8
Pennsylvania, 19
Rhode Island, 4
South Carolina, 9
South Dakota, 3
Tennessee, 11
Texas, 40
Utah, 6
Vermont, 3
Virginia, 13
Washington, 12
West Virginia, 4
Wisconsin, 10
Wyoming, 3
Esistono, come si vede, Stati ‘pesanti’ (guardando a quanto ora riportato, in particolare la California e il Texas) ma non è detto sia necessario prevalere in questi contando altroché una eventuale ‘collezione’ di quelli ‘minori’.
Va qui detto che le elezioni 2016/2020 hanno cambiato le carte in tavola minando alcune certezze.
Era in precedenza da decenni e decenni in qualche modo facile indicare gli Stati quasi sempre ‘red’ (repubblicani o volendo ‘dell’elefantino’ essendo il pachiderma l’emblema del partito che fu di Abraham Lincoln), i ‘blue’ (democratici o ‘dell’Asinello’ dato che è il somaro il loro simbolo) come gli incerti, ‘swing’, ed esistevano ‘regole’, tra virgolette: quella in particolare che voleva che il vincente in Ohio diventasse Presidente e l’altra che faceva ritenere impossibile per un repubblicano perdere prevalendo contemporaneamente nello stesso Ohio e in Florida.
Pare che così non sia più.
Resta da dire che in quarantanove dei predetti territori su cinquantuno (agli Stati, nella circostanza, si unisce il District of Columbia) l’assegnazione degli Elettori (maiuscola iniziale, si ripete) avviene col ‘winner takes all method’ in ragione del quale il candidato che prevale anche di un solo suffragio in termini di voto popolare ha diritto ad averli tutti.
Fanno eccezione – è questa (come per esempio l’altra che riguarda l’ammissibilità del voto postale al cui riguardo infinitamente si discute i repubblicani ritenendolo favorevole alle frodi elettorali) materia di competenza statale e non federale – il Maine e il Nebraska che li attribuiscono con un sistema anche circoscrizionale.
A chiudere questa parte, si sottolinea come le regole in materia (altro è come ognun sa il meccanismo interno ai partiti per la scelta dei candidati), quali dettate dalla Costituzione, sostanzialmente – a parte il fatto che fino al 1844 per disposizione le urne erano aperte per all’incirca un mese e che dal 1793 al 1933 si entrava in carica il 4 marzo – sono immutate dal 1804, anno nel quale un Emendamento introdusse il ticket elettorale in precedenza inesistente.
È da allora che ogni movimento politico deve presentare un binomio di ‘nominati’ il primo dei quali in corsa per la Presidenza e il secondo per il ruolo vicario.
Per quanto si sia da lungo tempo abituati a parlare solo dei democratici e dei repubblicani, molti i candidati ogni quadriennio in corsa, esponenti dei più diversi partiti in rappresentanza di disparate istanze.
Naturalmente – trascorsi i tempi in specie ma non solo ottocenteschi con un numero maggiore di aspiranti allo scranno e quei davvero particolari momenti nei quali ‘terzi’ in qualche modo indipendenti hanno avuto voce (si pensi al Ross Perot in particolare del 1992) – con l’eccezione recente e in qualche caso in piccola parte significativa di verdi (Green Party) e libertariani (Libertarian Party) – ben poco influenti.
I democratici e i repubblicani si confrontano direttamente dal 1856 visto che il Grand Old Party (altro nome del movimento che vede nuovamente agitarsi Donald Trump) è stato fondato nel 1854.
Strumenti
Glossario essenziale della politica americana
‘Acting President’:
si definisce in cotal modo il Vice Presidente che per ragioni quali malattie o impedimenti debba sostituire momentaneamente il Capo dello Stato nelle funzioni.
Nell’ipotesi in cui anche il Vice fosse impedito, la qualifica e le incombenze andrebbero affidate secondo la Linea di Successione (si veda più avanti).
‘Affiliati’ (e non affiliati):
si dicono ‘affiliati’ gli elettori che, iscritti alle liste elettorali, hanno dichiarato appunto una loro affiliazione partitica.
Non affiliati quanti non lo hanno fatto.
Asino:
simbolo del partito democratico per questo spesso definito dell’Asino o dell’Asinello.
Vengono altresì chiamati Asini o Asinelli anche gli esponenti e gli elettori del partito.
‘Battleground States’:
sinonimo di ‘Swing States’, voce più sotto illustrata.
‘Blue State’:
Stato che vota abitualmente democratico
(sulla carta geografica che rappresenta gli Stati nel giorno elettorale quelli aggiudicati ai democratici sono colorati appunto di blu).
‘Blue Wall’:
così sono definiti nel complesso i diciotto Stati che dal 1992 al 2012 compresi hanno votato costantemente democratico.
In totale, contano su duecentoquarantadue Elettori (dati conseguenti al Censimento del 2010).
‘Border States’:
Quattro gli Stati (cosiddetti ‘Border States’ per la posizione geografica con riferimento agli schieramenti nella Guerra civile) praticanti lo schiavismo che non aderirono alla Secessione sudista: Delaware, Kentucky, Maryland e Missouri.
A seguito della stesura il 22 settembre 1862 e dell’entrata in vigore il successivo 1 gennaio 1863 del Proclama di Emancipazione che decretava la liberazione di tutti gli schiavi degli Stati facenti parte la Confederazione, fino alla adozione nel 1865 del Tredicesimo Emendamento che aboliva la schiavitù, i neri colà viventi furono in buona sostanza ancora giuridicamente schiavi.
Casa Bianca:
denominata ‘White House’ pressoché ufficialmente più avanti – dopo la sua ricostruzione essendo stata bruciata dagli Inglesi il 24 agosto del 1814 nel corso della cosiddetta ‘Guerra del 1812’ evidentemente non ancora terminata – nota anche agli inizi come ‘Executive Mansion’, fu inaugurata l’1 novembre del 1800 sotto la Presidenza di John Adams.
È da quel momento la sede del Capo dello Stato americano.
È ovviamente a Washington, al numero 1600 di Pennsylvania Avenue.
‘Caucus’:
assemblea a livello statale degli aderenti ad un partito convocata al fine di scegliere i delegati – collegati ad uno dei candidati alla Nomination – dello stesso alla Convention.
Il nome dovrebbe derivare da una voce usata dagli Algonchini per indicare gli incontri tra i capi.
‘Census’:
è il Censimento che si tiene dal 1790 ogni dieci anni.
Oltre alle evidenti finalità di una rilevazione statistica del genere, serve assolutamente per determinare il numero degli abitanti di ogni Stato e su tale base assegnare in proporzione la quota di Rappresentanti alla Camera Federale alla quale ha diritto.
Conseguentemente, a decidere quanti Elettori deve eleggere.
‘Cinture’: ‘Sun belt’, ‘Bible belt’, ‘Black belt’, ‘Rust belt’
a Il Sud degli Stati Uniti.
‘Sun belt’, la ‘Cintura’ del Sole.
Dalla California alla Florida, dove la nostra stella batte più fortemente e naturalmente fa caldo.
b Il Sud Est USA, grosso modo gli Stati Confederati:
‘Bible belt’, ‘Cintura’ della Bibbia, laddove la religione è preminente in particolare per la presenza degli Evangelici.
c Dal Texas alla Virginia, in specie Alabama, ancora Sud Est:
‘Black belt’, ‘Cintura’ nera, in cotal modo originariamente chiamata per il colore della terra ed oggi, invero, per la grande presenza dei neri.
d Dai Grandi Laghi al Midwest, a Nord:
‘Rust belt’, ‘Cintura’ della ruggine, negli Stati nei quali la crisi economica del 2008 ha colpito in particolare l’industria facendo chiudere i capannoni mentre dentro i macchinari, appunto, arrugginiscono.
‘Coattail Effect’:
è l’attitudine del candidato alla Presidenza in grado non soltanto di vincere ma di portare alla vittoria altresì i colleghi di partito in corsa in concomitanza per le cariche minori.
Quando ciò occorra, si dice che gli eletti che ne abbiano goduto hanno ottenuto lo scranno “on the coattails of the President”.
‘Congressional Conference Committee:
è un Comitato formato da un uguale numero di Senatori e Rappresentanti – nel quale la consistenza dei partiti è proporzionale a quella elettorale – il cui compito è di arrivare ad uniformare le leggi che escono dalle due Camere con diverse formulazioni, questo al fine di evitare il rimpallo senza soluzione o quasi delle stesse come accade nel cosiddetto ‘bicameralismo perfetto’.
‘Contingent Election’:
allorquando (è occorso solo nel 1824 per la Presidenza e nel 1836 per la Vice Presidenza) nessuno dei candidati ad una delle due massime cariche istituzionali conquisti la maggioranza assoluta degli Elettori il Collegio da questi ultimi formato non può provvedere alla elezione.
Nel caso – secondo il disposto del XII Emendamento del 1804 – l’incombenza, quanto al Capo dello Stato, passa alla Camera dei Rappresentanti che vota per Delegazioni, ciascuno Stato nella circostanza pesando uno, a prescindere quindi dalla consistenza degli aventi diritto popolari che invece, prima, determina il numero dei predetti Elettori (in buona sostanza, nel Collegio oggi, sulla base delle risultanze del Censimento del 2010) la California e l’Alaska valgono rispettivamente cinquantacinque e tre Elettori mentre nella Contingent Election, alla pari, uno)
‘Convention’:
il Congresso quadriennale del partito nel quale vengono ufficializzate le candidature.
La prima fu organizzata nel 1831, in vista delle elezioni del seguente 1832, dall’allora significativo partito Antimassonico.
Le votazioni per la scelta ufficiale del candidato si definiscono ‘ballot’ (ballottaggi).
Per lunghi anni, la maggioranza da raggiungere per la Nomination era quella, difficile, dei due terzi la qual cosa concedeva, in particolare tra i democratici, ai ‘sudisti’ di condizionare pesantemente in senso anti diritti civili (per dirla in soldoni) la scelta.
Da quando, nel 1936, la maggioranza richiesta è scesa a quella assoluta, sempre più spesso (ma non in ogni circostanza) uno dei candidati raggiunge ben prima della Convention formalmente il numero prescritto di elettori.
In cotal modo, il Congresso quadriennale, ha perso buona parte del fascino originale (benissimo rappresentato, volendo, al cinema da ‘The Best Man’, ovvero ‘L’amaro sapore del potere’, 1964, ricavato da una pièce di Gore Vidal).
‘Cooping’: consisteva in una ‘pratica politica’ le cui vittime erano persone raccattate nei bar o per strada già alticce, costrette nuovamente ad ubriacarsi, tenute nello stato confusionale conseguente per molto tempo e portate ripetutamente ai seggi per votare sotto costrizione
Corte Suprema:
attualmente formata da nove Giudici (otto più il Presidente), ha assunto una fondamentale importanza unendo in se, per capirci, le funzioni in Italia esercitate dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione, in particolare sotto la lunga Presidenza di un grande giurista quale fu John Marshall.
I componenti, così come il ‘Chief’, sono nominati dal Capo dello Stato la cui scelta va però ratificata dal Senato.
Estremamente importante la posizione più o meno conservatrice o liberal del Presidente, della maggioranza senatoriale, della persona proposta.
È capitato (e capita) che uno o più tra i Giudici della Corte si esprimano per sentenza votando differentemente rispetto a quanto le loro posizioni partitiche (dopo tutto sono espressione di un inquilino della Casa Bianca e pertanto di un uomo di partito) potessero o possano far credere.
Questo perché, prima considerazione, sono normalmente persone di alto profilo.
Poi, perché sono eletti a vita (potendo peraltro dimettersi).
Poi ancora – l’indipendenza economica conta eccome – perché i loro compensi sono intoccabili.
Si è detto nelle prime righe che ‘attualmente’ sono nove ed in effetti nessuno vieta che possano essere meno o di più.
Nove, comunque, funziona.
‘Criteria’:
è un vocabolo latino usato per indicare le disposizioni date dalle Direzioni Nazionali dei partiti in materia elettorale e comunque politica al fine di regolare i confronti interni tra candidati.
Molto importanti i ‘criteria’ che regolano i dibattiti televisivi interni e prima le norme rispettando le quali si può essere agli stessi ammessi.
‘Dark Horse’:
è così definito – prendendo il termine dall’ippica – il candidato che vince pur non essendo il favorito.
‘Democratic National Committee (DNC):
è il Comitato che sovraintende alle attività partitiche e al supporto degli eletti al Congresso del movimento politico il cui simbolo è l’Asinello
‘District of Columbia’:
in questo contesto, il District nel quale si colloca la capitale Washington e che non è uno Stato, è da prendere in considerazione perché dalle votazioni del 1964, a seguito di un Emendamento costituzionale, nomina tre propri Elettori.
Si aggiungono questi a quelli spettanti agli Stati portando dalla indicata data il totale degli stessi a cinquecentotrentotto e la maggioranza assoluta a duecentosettanta.
‘Electoral College’:
il Collegio Elettorale è composto dagli Elettori scelti nel corso delle votazioni definite ‘Presidenziali ‘ e che tali in verità non sono.
Questi Elettori sono attualmente cinquecentotrentotto, pari al totale dei Parlamentari nazionali (quattrocentotrentacinque Rappresentanti e cento Senatori) più i tre spettanti al Distretto di Columbia.
Ogni Stato ne elegge un numero uguale a quello dei propri Congressisti.
I componenti il Collegio provvedono poi, ‘il primo lunedì seguente il secondo mercoledì del successivo dicembre’, riuniti per Delegazione nelle capitali appunto statali, alla ‘vera’ nomina del Presidente.
Nell’ipotesi in cui (come accaduto nel 1824) nessuno degli aspiranti – al minimo tre – alla nomina abbia raggiunto la maggioranza assoluta degli Elettori (pari a duecentosettanta), la competenza passa alla Camera che se ne occuperà dopo l’insediamento del 3 gennaio seguente e che voterà ‘per Delegazione’ valendo ciascuno Stato uno a prescindere dal numero dei suoi Elettori.
Elefante:
simbolo del partito repubblicano per questo definito dell’Elefante o dell’Elefantino.
Vengono altresì chiamati Elefanti o Elefantini gli esponenti e gli elettori del partito.
Elettori (Electors):
coloro che nominati “il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno bisestile” (allorquando si afferma venga scelto dal popolo il Capo dello Stato, cosa che non corrisponde al vero essendo l’elezione dell’inquilino di White House di secondo grado e non diretta ad opera dei cittadini) in effetti eleggono il Presidente degli Stati Uniti “il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del successivo mese di dicembre”.
Sono attualmente, sulla base degli esiti del Censimento del 2010, e dal 1964 cinquecentotrentotto – pari al numero dei Senatori (cento, due per ogni Stato) e dei Rappresentanti (quattrocentotrentacinque, distribuiti in proporzione al numero degli abitanti quale risulta dal decennale Censimento) ai quali hanno in totale diritto i cinquanta Stati dell’Unione con in aggiunta tre delegati del Distretto di Columbia – eletti nella indicata circostanza Stato per Stato.
La maggioranza assoluta da raggiungere da parte dei candidati è pertanto pari a duecentosettanta.
‘Exit poll’:
sondaggio all’uscita dai seggi compiuto chiedendo agli elettori di ripetere il voto effettivamente dato.
‘Federal Election Committee’:
ha incombenze di vario tipo in particolare in relazione alle spese elettorali dei candidati ma è importante anche perché registra ufficialmente tutte le candidature che sono infinitamente più numerose di quelle normalmente note essendo i partiti americani uno stuolo.
‘Flag’:
la bandiera degli Stati Uniti è composta da tredici strisce orizzontali – sette rosse e sei bianche alternate, che rappresentano le ex Colonie che hanno dato origine alla Nazione – e nel riquadro in alto a sinistra da cinquanta stelle bianche a cinque punte disposte su nove fila di sei o cinque che si alternano – che sono gli attuali cinquanta Stati.
Il 14 giugno di ogni anno si celebra il ‘Flag Day’ a seguito di una determinazione del Secondo Congresso Continentale.
Ogni qual volta necessario per l’entrata nell’Unione di nuovi membri il drappo in uso viene bruciato e sostituto in una cerimonia che ha luogo il 4 luglio a Philadelphia.
‘Fly over States’:
Sono così chiamati gli Stati in qualche modo ‘sorvolati’ dai voli che uniscono le grandi città atlantiche e la California.
Trascurati dai media, perfino ‘inesplorati’, votano per la maggior parte repubblicano e in non pochi casi rappresentano l’America che fu.
Quando poi contro ogni pronostico, come nel caso del Trump 2016 ma non solo, si palesano decisivi contro ogni previsione improvvisamente ci si accorge della loro esistenza.
‘Founding Fathers’:
‘Padri fondatori’ è definizione che dovrebbe fare riferimento solo a coloro che firmarono la Dichiarazione di Indipendenza ma che a me piace estendere al altri tra ‘i cinquanta semidei’, come li definì Thomas Jefferson (che era uno di loro) che comunque idearono gli Stati Uniti e ne gettarono le fondamenta costituzionali, giuridiche e sociali.
‘Gerrymandering’:
nei singoli Stati la composizione dei Distretti Elettorali è di competenza locale.
Ciò comporta aggiustamenti e accorpamenti tesi a favorire l’elezione di esponenti del partito al momento in grado di decidere in merito.
Il nome deriva da quello di un Governatore del Massachusetts (Elbridge Gerry, poi Vice Presidente) dei primi Ottocento.
Guardando la mappa colorata dello Stato dopo i suoi armeggi, un tale ebbe a dire: “Pare una salamandra”.
Salamandra = ‘salamander’ da cui ‘salamandering’ da cui appunto ‘gerrymandering’,
‘Grand Old Party’:
altro appellativo del partito repubblicano.
L’acronimo GOP viene in alternativa usato per indicare il movimento politico, i suoi esponenti e i suoi elettori
‘House of Representatives’
si chiama ‘Camera dei Rappresentanti’ il ramo del Congresso nel quale – ai sensi e per conseguenza della approvazione da parte dei Costituenti del cosiddetto ‘Compromesso del Connecticut’ che introdusse il bicameralismo – è appunto rappresentato il popolo.
Ogni Stato ha diritto ad un minimo di un eletto nel consesso (parecchi sono attualmente in tale situazione).
Essendo per disposizione di legge il numero totale dei ‘Representatives’ fissato a quattrocentotrentacinque, sono distribuiti proporzionalmente alla consistenza degli abitanti quale risulta dal decennale Censimento.
Possono pertanto aumentare o diminuire e guardando proprio a tali mutazioni si può tenere storicamente conto dei movimenti e delle migrazioni interne come dei progressi o dei declini sociali delle singole realtà.
Gli Stati delimitano al proprio interno la composizione dei Distretti elettorali.
Essendo il mandato dei Rappresentanti biennale, il totale rinnovo avviene ogni due anni, in occasione e coincidenza delle votazioni per gli Elettori e nelle cosiddette Mid Term Elections.
Gli eletti entrano in carica il 3 gennaio dell’anno seguente la chiamata alle urne degli aventi diritto.
‘Impeachment’:
è la messa in stato d’accusa del Presidente (come pure di funzionari) da parte della Camera – che può assumere a maggioranza semplice l’iniziativa – per tradimento, corruzione e atri crimini o misfatti (dizione estremamente generica).
Se l’assemblea citata lo ritiene, il Presidente (lasciamo da parte gli altri) va a giudizio davanti al Senato che, essendo in quel momento Organo Giudiziario, viene per la bisogna presieduto dal ‘Chief’ della Corte Suprema e non dal Vice Presidente (per Costituzione sua guida) o dal suo sostituto ‘pro tempore’.
Perché si arrivi alla destituzione il giudizio negativo (positivo quanto alla richiesta) deve essere votato dai due terzi dei presenti.
Finora, tre i Capi dello Stato sottoposti alla procedura ed assolti. Andrew Johnson, Bill Clinton e due volte Donald Trump.
Contrariamente a quanto universalmente si ritiene, Richard Nixon non fu soggetto all’Impeachment in quanto dimessosi prima dell’inizio della procedura.
‘Incumbent’:
è così definito il funzionario (e quindi anche il Presidente) il cui mandato in scadenza egli intenda rinnovare candidandosi nuovamente.
‘Independents’:
oltre, ovviamente, ai candidati non riferiti a partito alcuno, sono definiti indipendenti gli iscritti alle Liste Elettorali che non hanno dichiarato affiliazione.
‘Invisible Primaries’:
il periodo delle ‘Primarie invisibili’ è quello precedente l’inizio della maratona elettorale che si articolerà appunto attraverso i Caucus e le vere Primarie.
È il momento nel quali i molti candidati si confrontano, scremandosi, nei dibattiti televisivi stabiliti dai rispettivi Comitati Elettorali Nazionali, nella spesso decisiva raccolta fondi, nei sondaggi, non chiedendo ai cittadini di votarli..
Linea di successione:
nel caso in cui il Presidente sia impedito per malattia o altre necessità di fare fronte ai propri impegni viene sostituito (‘Acting President’, il desso incaricato) dal Vice.
Se anche questi fosse impossibilitato, la Linea prevede quali seguenti possibili A. P. lo Speaker della Camera, il Presidente pro tempore del Senato, i membri del Gabinetto l’ordine di subentro dei quali, partendo dal Segretario di Stato, è indicato dalla legge.
Liste elettorali:
il diritto di voto è collegato al raggiungimento della maggiore età (diciotto anni).
Peraltro, per esercitarlo, è necessario iscriversi alle Liste Elettorali.
Nel farlo, si può dichiarare (ma anche no) il proprio orientamento politico, il partito di riferimento, la ‘affiliazione’.
‘Majority and Minority Leaders’
al Senato come alla Camera, nelle prime sedute di ogni Legislatura, i partiti si organizzano e a scrutinio segreto scelgono i rispettivi capi.
Il movimento politico che ha nei consessi il più gran numero di scranni elegge pertanto, alla Bassa come alla Alta, al proprio interno, il ‘Majority Leader’.
L’altro provvede di contro alla individuazione del ‘Minority Leader’.
Coadiuvati dai rispettivi ‘Whip’, operano in accordo (teorico?) con gli organi delle Camere di appartenenza per organizzarne e regolarne i lavori.
‘Maverick’:
è così denominato il candidato non identificabile – per quanto lo rappresenti elettoralmente – con uno dei partiti in corsa per la carica (presidenziale ma non solo).
Era così chiamato il vitello non marchiato del quale pertanto non si conosceva il padrone.
‘Mid Term Elections’:
essendo il mandato dei Rappresentanti biennale e venendo ogni due anni rinnovato un terzo dei Senatori, ovviamente, oltre alle tornate elettorali per i due rami del Congresso coincidenti con le votazioni per la scelta degli Elettori, si svolgono, a metà (e per questo vengono in cotal modo chiamate) del mandato presidenziale, le ‘Mid Term Elections’.
Nella circostanza, ‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre’ dell’anno pari intermedio tra le Presidenziali, come detto, gli scranni della Camera sono messi tutti in gioco, mentre quelli del Senato solamente per la Classe di membri dello stesso in scadenza (un terzo, ai quali si possono aggiungere, se del caso, elezioni per seggi vacanti a seguito di morte o dimissione del titolare).
‘Nomination’:
l’investitura a candidato alla Presidenza che viene ufficializzata nelle Convention
‘Official affiliation’:
iscrizione alle liste elettorali con indicazione del partito di riferimento
‘Perennial candidates’:
sono in questo modo definiti quei personaggi che si candidano ripetutamente ad una carica non avendo possibilità di effettiva elezione.
Può capitare, come nel caso di Eugene McCarthy, che in una prima occasione (era il 1968) abbiano una qualche probabilità di riuscita, fallita la quale, non accettando le retrovie, sempre meno efficacemente, riprovano cambiando schieramento.
Non devono essere in cotal modo definiti uomini quali Eugene Debs – molte volte investito della Nomination del partito socialista nei primi decenni del ventesimo secolo – in quanto ‘di bandiera’, in rappresentanza di una idea.
‘Perennial Swing State’:
Stati che con buona regolarità votano differentemente non restando ancorati a un partito.
Sono gli Stati ai quali si deve maggiore attenzione perché i loro spostamenti decidono le elezioni.
‘Platform’:
il programma dei partiti come approvato nelle Convention
‘Platform Committee’:
è il Comitato preposto alla formulazione del programma dei partiti
‘Political Action Committee’ (PAC e SUPERPAC):
sono i PAC e i Superpac Comitati che nascono per organizzare la raccolta fondi a favore di un candidato.
Possono usare i denari raccolti anche per ostacolare gli avversari del politico che sostengono.
‘Poll’:
sondaggio elettorale precedente le votazioni
‘President’
il Presidente degli Stati Uniti d’America esercita il potere esecutivo.
Lo fa attraverso il Governo composto da Ministri Segretari di Stato coadiuvato da Consiglieri per le varie articolazioni che formano l’Ufficio Esecutivo guidato dal Capo di Gabinetto.
Non ha potere legislativo alcuno ma indirizza alle Camere (oltre al tradizionale Messaggio sullo stato dell’Unione), qualora lo ritenga utile o necessario, missive che diano indicazioni che vanno però raccolte e presentate in forma di progetto alle assemblee dai componenti delle stesse.
Ha ovviamente poteri in campo amministrativo laddove procede per Decreto.
Salvo naturalmente i primi eletti (a nessuno tra loro almeno due dei tre requisiti poi dettati potevano essere richiesti), il Capo dello Stato USA deve
– avere compiuto trentacinque anni al momento delle elezioni
– essere cittadino dalla nascita
– avere avuto residenza negli States per almeno quattordici anni.
È soprattutto quanto al secondo degli elencati requisiti che si discute essendosi vie più allentate le interpretazioni in merito.
In origine (ripeto, non per i Padri della Patria nati tutti prima la Dichiarazione di Indipendenza del 4 luglio 1776 e il Trattato di Parigi del 3 settembre 1783) e per lungo tempo rigidissimi i canoni.
Occorreva assolutamente che l’eligendo fosse nato negli Stati Uniti.
Per dare un’idea dei cambiamenti al riguardo, quando nel 1964 i repubblicani proposero Barry Goldwater non pochi ebbero ad eccepire facendo presente che era nato sì in Arizona ma prima che quello Stato, nel 1912, fosse entrato a far parte dell’Unione.
Nel 2016 si è invece accettato ufficialmente che si proponesse Ted Cruz, Senatore del Texas ma nato in Canada, a Calgary, da madre ma non da padre di nazionalità americana.
Un davvero notevole cambiamento di punto di vista.
Il mandato del Presidente è quadriennale e, dalla approvazione nel 1951 di un Emendamento scritto al fine di evitare, dopo quella di Franklin Delano Roosevelt (eletto quattro volte e infine morto in carica), altre Presidenze ‘a vita’, le elezioni possibili – anche non consecutive – sono due (2).
L’elezione è del tutto particolare essendo la carica presidenziale conseguibile esclusivamente attraverso una votazione ‘indiretta’ (il popolo non vota senza intermediari).
Dal 1848 (prima ci si recava alle urne per oltre un mese), si va ai seggi ‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno coincidente col bisestile’ per scegliere, Stato per Stato, nella medesima consistenza numerica delle rispettive delegazioni parlamentari (Senatori più Rappresentanti), i delegati nazionali (detti Elettori con la e maiuscola) i quali, successivamente, ‘il primo lunedì dopo il secondo mercoledì di dicembre’, riuniti nel Collegio che li raccoglie formalmente, eleggeranno davvero il desso.
(È possibile – è accaduto nel 1824 – che più di due essendo i candidati in grado di vincere negli Stati e per conseguenza conquistare Elettori nessuno tra loro arrivi alla maggioranza assoluta dei membri del citato Collegio.
Nell’ipotesi, la nomina spetta alla Camera eletta in contemporanea che provvederà dopo l’insediamento e quindi nel successivo anno con un voto ‘per Delegazione’ contando uno nella circostanza ogni Stato a prescindere dal numero dei citatissimi Elettori di spettanza).
Prima di F. D. R., con la sola eccezione di Ulysses Grant (che aveva cercato invano nel 1880 una terza Nomination dopo avere esercitato in precedenza due mandati), nessuno, per quanto ‘grande’ si fosse dimostrato nell’impegno, aveva brigato per una terza possibilità, in questo rispettando la disposizione orale di George Washington che, non accettando di riproporsi nel 1796, aveva detto che non si poteva sostenere per più di otto anni un peso tanto grave.
Infiniti i record da ricordare quanto ai Presidenti (oltre a quello, indicato ma neppure avvicinabile per via dell’Emendamento di cui sopra, del secondo Roosevelt che è stato eletto quattro volte ed è rimasto in carica dal 4 marzo 1933 – il mandato, dalle votazioni del 1792 a quelle del 1932 comprese, prevedeva il Giuramento e l’Investitura appunto il 4 marzo dell’anno successivo a quello elettorale, con riferimento alla data di promulgazione della Costituzione nel 1789, e non come dal 1937 il 20 gennaio – al 12 aprile 1945!).
Ne ricordo alcuni.
L’unico che va considerato indipendente è George Washington, il primo eletto e rieletto e il solo al quale tutti gli Elettori abbiano dato il voto all’unanimità (tutte e due le volte).
Il primo degli otto tra loro ai quali accadde a morire in carica (uno solo il dimissionario, Richard Nixon) e detentore altresì del primato del mandato più breve (trenta giorni, dal 4 marzo 1841 al 4 aprile successivo) è stato William Harrison.
Il primo Vice subentrato (il 4 aprile 1841) e che ha pertanto ricoperto l’incarico da lui non iniziato per più tempo in una sola legislatura, non dipoi ricandidandosi, (fino al 4 marzo 1845) è stato John Tyler.
A parte Washington, anche James Monroe nel 1820 avrebbe potuto avere l’unanimità degli Elettori se uno tra loro non avesse deciso di votargli contro in sede di Collegio.
Grover Cleveland è stato eletto due volte non consecutive ed è pertanto elencato sia quale ventiduesimo che come ventiquattresimo inquilino della Executive Mansion.
È per questa ragione che, pur essendo quarantacinque le persone che hanno ricoperto l’incarico, Joe Biden è il quarantaseiesimo Presidente.
Nei tempi recenti, la votazione più ‘a valanga’ è stata quella di Ronald Reagan nel 1984: cinquecentoventicinque Grandi Elettori su cinquecentotrentotto!
Dal dopo 1951, solo tre inquilini di White House tra quelli che hanno richiesto una seconda possibilità (Jimmy Carter, George Herbert Bush e Donald Trump) sono stati sconfitti.
Presidente ‘pro tempore’ del Senato:
allorquando il Vice Presidente USA, per Costituzione Presidente del Senato, non possa presiedere il consesso, l’incarico è assunto dal Presidente ‘pro tempore’ che è scelto tra i Senatori con la massima anzianità ed appartiene necessariamente al partito di maggioranza nell’assemblea.
Il ‘pro tempore’ è nel caso il terzo nella linea di successione al Capo dello Stato dopo il predetto Vice e lo Speaker della Camera.
‘Presidential Transition Team’:
è il Comitato che viene preparato dai partiti in vista del trasferimento della poltrona presidenziale con annessi e connessi ad elezioni avvenute.
È incaricato di provvedere totalmente alla bisogna.
‘Presumptive nominee’:
è il candidato alla Nomination che non ha più competitori, essendosi gli altri ritirati, ma che, essendoci ancora Primarie e Caucus da effettuare, non ha raggiunto la maggioranza assoluta dei delegati alla Convention.
‘Primary’:
elezione diretta da parte degli elettori dei delegati – collegati ad uno dei candidati alla Nomination – di un partito alla Convention.
Nelle Primarie ‘chiuse’ sono ammessi al voto solamente gli elettori che iscrivendosi alle Liste Elettorali hanno dichiarato di essere vicini al partito che le indice.
Nelle Primarie ‘aperte’ la partecipazione è appunto aperta a tutti coloro che risultano iscritti alle Liste Elettorali e non limitata.
‘Rally round the flag effect’:
è la situazione nella quale, per via di una guerra in atto, di una epidemia, di un disastro naturale di grande portata, gli elettori, per un più o meno lungo periodo, si stringono attorno alla bandiera e pertanto alla Casa Bianca, chiunque la abiti.
‘Recanvass’:
riconteggio dei voti
‘Red State’:
Stato che si esprime di norma a favore dei repubblicani
(sulla carta geografica che rappresenta gli Stati nel giorno elettorale quelli aggiudicati ai democratici sono colorati appunto di rosso).
‘Red Wall’:
il complesso degli Stati che usualmente votano repubblicano.
Il conteggio relativo al numero totale dei loro Elettori è decisamente inferiore oggi rispetto a quello che promana dal suddetto ‘Blue Wall’ democratico.
‘Republican National Committee’ (RNC):
è il Comitato che sovraintende alle attività partitiche e al supporto degli eletti al Congresso del movimento politico il cui simbolo è l’Elefantino
‘Running Mate’:
candidato alla Vice Presidenza che affianca nel ‘ticket’ partitico il candidato alla Casa Bianca
‘Senate’
al Senato (sulla base di quanto proposto dalla sua Delegazione e dalle altre approvato), per via del cosiddetto ‘Compromesso del Connecticut’ – che ha introdotto il bicameralismo – sono rappresentati gli Stati.
Questi avendo tra loro pari dignità, a prescindere da considerazioni quali quella in particolare del numero dei rispettivi abitanti, hanno sempre lo stesso numero di Senatori, due.
In origine, e fino alla attuazione della riforma voluta approvando l’Emendamento datato 1913, i Laticlavi erano scelti dai Legislativi statali.
Dopo, direttamente dal popolo.
Il mandato è di sei anni ma il rinnovo attraverso il voto avviene per classi essendo a tale bisogna gli eletti divisi.
Ogni due anni – in coincidenza con le votazioni per la scelta degli Elettori e dell’intera Camera, pertanto ‘il primo martedì dopo il primo lunedì’ sia dell’anno bisestile che del conseguente pari nel quale si svolgono le Mid Term Elections – va al voto un terzo degli scranni.
(La finalità – il consesso in questione “non muore mai” – è quella di evitare mutazioni troppo rapide, radicali e poco ragionate delle maggioranze).
Ovviamente, i due Senatori di ciascuno Stato (che funge da Circoscrizione) non possono essere votati contemporaneamente.
Entrano in attività il 3 gennaio dell’anno successivo a quello elettorale.
Per quanto, guardando alla proposizione e approvazione delle leggi i due rami del Congresso abbiano le medesime funzioni così non è in materia soprattutto di ratifica dei Trattati Internazionali e delle nomine operate dal Presidente relativamente a Ministri, Ambasciatori, Giudici della Corte Suprema e Federali di spettanza esclusivamente senatoriale.
Sono altresì divise le facoltà in merito alla procedura di Impeachment, messa in stato d’accusa del Presidente (o di altri ‘funzionari’): la Camera a maggioranza incrimina se lo ritiene e il Senato può destituire se al minimo i due terzi dei presenti al giudizio lo vogliono.
Nel caso di decesso o dimissioni di un Senatore il regolamento da seguire è quello dello Stato coinvolto che può differire (in alcuni casi il Governatore provvede direttamente alla sostituzione e in altri si va al voto).
Comunque, colui che subentra, porta a termine il mandato del predecessore mantenendo assolutamente le stesse scadenze (non parte a suo riguardo un diverso seiennio).
‘Snapshot’ ovvero ‘istantanea’:
come può essere correttamente definito un sondaggio elettorale che in effetti coglie il preciso attimo nel quale viene effettuato e può essere successivamente smentito.
‘Speaker’:
è il titolo attribuito al Presidente della Camera, espressione del partito che nel consesso ha la maggioranza e seconda persona in ordine di linea nella successione al Presidente dopo il Vice.
Superdelegati:
in particolare, nel partito democratico (tra i repubblicani contano davvero poco), oltre ai delegati alla Convention, tre Primarie e Caucus, vengono eletti i cosiddetti ‘superdelegati’ – nel 2020 nel numero cospicuo di settecentoquarantuno – che dal secondo ballottaggio, ove nel primo non sia eletto il candidato ufficiale, intervengono e sono liberi dagli impegni invece costrittivi nei confronti del ‘normali’ delegati.
Sono scelti tra i maggiorenti del partito.
‘Swing State’:
Stato che cambia il proprio voto a seconda delle circostanze politiche e dei candidati proposti, del quale, pertanto, non si può conoscere preventivamente con certezza l’orientamento.
Sulla carta geografica che rappresenta gli Stati nel giorno elettorale è colorato di viola salvo dipoi volgere al blu o al rosso a seconda del risultato definitivo.
‘Swing Voters’:
elettori non necessariamente legati ad un partito e disposti a votare secondo programmi e candidati
‘Term’:
il mandato è chiamato ‘Term’ e per la Presidenza dura un quadriennio.
Dal 1937 si entra in carica a mezzogiorno del 20 gennaio dell’anno seguente le votazioni e si decade sempre a mezzogiorno di quattro anni dopo.
Gli eletti si dividono in ‘One Term President’, quelli non rieletti.
‘Two Terms President’, coloro che sono stati confermati.
Uno soltanto il ‘Four Terms President’, Franklin Delano Roosevelt il cui record non è nemmeno avvicinabile dato il disposto dell’Emendamento del 1951 che vieta una terza elezione.
‘Ticket’:
dalle votazioni del 1804 i partiti devono presentare uniti appunto in un ticket il candidato alla Presidenza e il suo Vice.
‘Tie-breaking votes’:
quando al fine di decidere in una votazione senatoriale finita in parità il Vice Presidente, nelle vesti di Presidente della Camera Alta, esprime il proprio suffragio determinando l’esito.
‘Too close to call’:
espressione usata allorquando il risultato di una votazione è incerto al punto di non poter dire chi ha vinto se non a scrutinio terminato
‘Trifecta’:
modo di dire in uso allorquando un partito controlla, a livello nazionale, Presidenza e Congresso (entrambe le assemblee e pertanto i tre più importanti incarichi), a livello locale, quando occupa gli scranni sia Governatoriali che di Presidenza delle due Camere.
L’unico Stato nel quale non si può verificare è il Nebraska che ha una sola Camera e non due.
‘Turnout’:
affluenza, partecipazione alle urne
‘Unwinnable States’:
vengono in cotal modo indicati gli Stati in determinate circostanze non contendibili da un partito troppo e non colmabile neppure con una massiccia propaganda e grande impegno economico essendo il distacco dall’altro in termini di voti popolari.
Tanto vale nell’ipotesi evitare un inutile impegno e rivolgersi altrove.
‘Vice President’:
eletto solo a partire dal 1804 in un ‘ticket’ che forma con il candidato allo scranno Presidenziale del suo partito (prima il sistema elettorale non prevedeva una separazione delle due posizioni ragione per la quale colui che otteneva più Elettori diventava Capo dello Stato e il secondo, anche se appartenente ad un differente partito, aveva la funzione appunto vicaria), il Vice Presidente, proprio per il fatto di essere il primo in linea di successione del titolare dell’incarico, deve possedere i tre requisiti richiesti dalla Costituzione a chi sieda a White House.
Per il dettato costituzionale presiede il Senato potendo però votare solo in caso di parità (potere peraltro non da poco essendo nell’ipotesi sempre determinante).
Presiede necessariamente in quanto uscente anche la seduta del rinnovato Congresso nella quale saranno convalidate le elezioni delle due massime cariche.
Per il disposto dell’Emendamento del 1951 che limita a due le possibili elezioni presidenziali è in un particolare caso in grado di governare oltre gli otto anni che configurano due quadrienni e quindi più a lungo di un ‘two terms President’.
Se infatti subentrato al titolare nel secondo biennio di Presidenza può candidarsi, ovviamente, per il mandato seguente ma altresì, per quanto eletto, per quello ancora dopo, cosa che gli è invece vietata quando sia succeduto nel primo biennio.
Otto i Vice che si sono seduti sulla poltrona del Presidente a seguito della morte del titolare.
Due quelli che si sono dimessi (nel 1832 John Calhoun preferì fare il Senatore mentre nel 1973 Spiro Agnew dovette lasciare perché coinvolto in scandali che riguardavano il suo precedente operato di Governatore).
Fino alla approvazione di un Emendamento datato 1967, il Vice deceduto o dimesso non poteva essere sostituito.
Da allora, con una particolare procedura (nomina presidenziale e conferma da parte del Congresso) può esserlo (il primo ad avere avuto modo di seguire tale iter è stato Gerald Ford poi approdato addirittura a White House a causa delle dimissioni di Richard Nixon. Lo stesso Ford nominò poi suo vicario Nelson Rockfeller).
‘Whip’:
‘frusta’ – dal nome che nella caccia alla volpe viene dato a colui che è incaricato di tenere unita la muta dei cani usando se del caso il frustino – è il parlamentare appunto incaricato di tenere i collegamenti con i colleghi eletti e coordinarne i lavori stando altresì attendo alla disciplina peraltro non certamente opprimente negli USA come in altri Paesi.
‘Winner takes all method’:
è il metodo usato oggi da quarantotto dei cinquanta membri dell’Unione (Maine e Nebraska esclusi) e dal Distretto di Columbia per attribuire ad uno dei candidati alla Casa Bianca gli Elettori di spettanza.
È così denominato in ragione del fatto che il candidato che vince in termini di voti popolari in uno Stato anche di un solo suffragio conquista tutti gli Elettori ai quali lo Stato stesso ha diritto.
Il Maine e il Nebraska non usano il ‘Winner takes all method’ avendo deciso anche di dividere il loro territorio in Circoscrizioni la qual cosa può portare a risultati differenti per ognuna di queste.
Nel differente momento della scelta dei delegati alle Convention, invece, il ‘method’ è applicato in particolare dai repubblicani mentre i rivali usano praticamente sempre il proporzionale.
Occorre pertanto che il Grand Old Party arrivi più rapidamente alla attribuzione della maggioranza dei delegati stessi.
‘Working class white voters’:
sono gli elettori bianchi addetti all’industria in crisi appartenenti ai ‘Midwestern Rust Belt States’ risultati determinanti nel 2016 avendo votato Trump.
(1)
Il Calendario Gregoriano, in vigore nelle allora Colonie – e pertanto dipoi negli Stati Uniti – dal 14 settembre 1752 (mentre a Roma dal 15 ottobre 1582), stabilisce che gli anni finali di secolo (quelli che ci riguardano sono ovviamente il 1800 e il 1900 perché prima non esistendo il Paese non si votava) non divisibili per quattrocento non siano bisestili e gli altri (per dire, il 2000) sì.
Pertanto, nei due casi indicati si è avuta la coincidenza con l’elezione ma non erano bisesti.
(2)
In termine di giorni, la massima possibile permanenza, pari a due interi mandati composti da sei anni ‘normali’ più due bisesti, è pari a duemilanovecentoventidue.
Straordinaria la situazione concernente i due mandati consecutivi 4 marzo 1897/4 marzo 1905.
Dato che l’anno 1900, come sopra detto, non era bisestile perché non divisibile il numero per quattrocento, se William McKinley, eletto sia nel 1896 che nel 1900, non fosse morto in carica, pur avendo esercitato due mandati, avrebbe occupato White House duemilanovecentoventuno giorni e cioè uno in meno del massimo consentito dopo il 1951.
Non altrettanto in concreto, per quanto possibile teoricamente, tra il 4 marzo 1797 e il 4 marzo 1805 perché nel 1796 fu eletto John Adams e nel 1800 Thomas Jefferson, due diversi Presidenti.
A chiudere questo petit divertissement, un eventuale unico eletto – ma lo furono Bill Clinton e poi George Walker Bush – sia nel 1996 che nel 2000, essendo questo ultimo numero divisibile come sopra indicato, avrebbe raggiunto il limite in giorni.
Numeri americani
Nel testo, le elezioni in programma dal 1848 ‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno coincidente con il bisestile’ sono definite ‘cosiddette Presidenziali’ perché in verità in quella occasione vengono nominati, Stato per Stato, nel numero uguale a quello dei Congressisti nazionali (Senatori e Rappresentanti) ai quali ciascuno dei Territori in questione ha diritto, gli Elettori (‘Electors’) – con l’iniziale maiuscola per distinguerli dagli elettori comuni – che il ‘primo lunedì dopo il secondo mercoledì del mese di dicembre seguente’, riuniti formalmente nel Collegio che li compone ma esprimendosi nelle diverse città capoluogo, effettivamente eleggono il Presidente
(Per meglio chiarire con un esempio: nel 2020 le votazioni ‘cosiddette Presidenziali’ hanno avuto luogo il 3 novembre mentre i predetti Elettori, sulla base dell’esito verificato nella circostanza, hanno nominato il Capo dello Stato USA il 14 del mese dopo, appunto in dicembre).
Sarà poi il rinnovato Congresso (per il quale si vota in coincidenza con le ‘cosiddette Presidenziali’ a novembre e che si riunisce il 3 gennaio dell’anno successivo) a ratificare l’elezione.
Ove nessuno (essendo più di due i candidati in grado di conquistare Stati e corrispondenti Electors può accadere, come in effetti nel 1824) abbia raggiunto la maggioranza assoluta nel Collegio, non essendo naturalmente possibile la ratifica, sarà per disposto costituzionale la Camera dei Rappresentanti a provvedere votando nei ballottaggi ‘per Delegazione’, valendo uno il suffragio di ogni Stato, a prescindere dalla consistenza della sua rappresentanza nel consesso (così la California e il Wyoming – i due più e meno popolati e per conseguenza più e meno rappresentati – hanno nell’incombenza il medesimo ‘peso’).
Nell’ipotesi in cui (è avvenuto nel 1836) sia il Vicepresidente a non ricevere nel Collegio i voti della maggioranza occorrente, la nomina toccherà al Senato nei cui ballottaggi però varrà il voto del singolo Senatore non essendo colà concepibile il concetto di Delegazione statale.
Il partito democratico ha per emblema un asino e i suoi esponenti come i suoi elettori possono essere chiamati per questo Asini o Asinelli.
Il repubblicano, anche chiamato Grand Old Party (da cui GOP), ha per emblema un elefante e pertanto i suoi eletti e votanti vengono anche denominati Elefanti o Elefantini.
La dimora presidenziale viene chiamata nel testo Executive Mansion perché il nome White House (ovviamente, Casa Bianca) non è entrato in uso immediatamente (fra l’altro, il primo Presidente George Washington non vi ebbe comunque residenza perché allora non esisteva) e in particolare dopo la ricostruzione conseguente all’incendio distruttivo appiccato dalle truppe inglesi alla costruzione al momento abitata da James Madison (costretto a fuggire) il 24 agosto 1814 a Guerra del 1812 evidentemente ancora in corso.
13 – le ex Colonie inglesi che dichiararono la propria Indipendenza secondo tradizione (invero, il precedente 2) il 4 luglio 1776 erano tredici: in ordine geografico da Nord a Sud:
New Hampshire, Massachusetts, Rhode Island, Connecticut, New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, Maryland, Virginia, Carolina del Nord, Carolina e Georgia
10 – dieci gli Stati che effettivamente votarono nelle prime ‘cosiddette Elezioni Presidenziali’ nel 1788/1789, da lunedì 15 dicembre ‘88 a sabato 10 gennaio ‘89.
La Carolina del Nord, il Rhode Island e il New York, per differenti ragioni, non parteciparono
59 e 60 – cinquantanove le votazioni ‘cosiddette Presidenziali’ compresa quella del 2020, ragione per la quale la prossima sarà la sessantesima
1 – una, quella citata del 1788/1789, la sola volta nella quale i seggi sono stati aperti anche in un anno dispari
58 – cinquantotto le votazioni che, essendo il mandato quadriennale, a partire dal 1792, hanno teoricamente coinciso con l’anno bisestile (teoricamente, perché il 1800 e il 1900, non sono considerati tali dal Calendario Gregoriano).
Ovvio che tale corrispondenza continui.
14 – quattordici, dal 1792 al 1844 compreso, le occasioni nelle quali si è votato per un periodo di all’incirca un mese, comprendente se non tutto larga parte di novembre, sempre nell’anno precedente quello della cerimonia ufficiale di Insediamento
1 – uno l’Insediamento in data 30 aprile, il primo di George Washington, indipendente, nel 1789
2 – due soltanto le elezioni all’unanimità da parte degli Elettori nel Collegio ed entrambe – le prime – a favore di George Washington (1788/89 e 1792)
1 – uno l’Insediamento del Vicepresidente eletto (esclusi pertanto i due subentrati in corso di mandato Gerald Ford e Nelson Rockfeller più avanti trattati) in data differente da quello del corrispondente Presidente: il primo di John Adams il 21 aprile 1789, fra l’altro precedente di nove giorni (!) quello di George Washington
36 – trentasei, dal 1793, secondo di George Washington, al 1933, primo di Franklin Delano Roosevelt, le occasioni nelle quali l’Insediamento ha avuto luogo il 4 marzo (giorno nel quale nel 1789 era stata promulgata la Costituzione) dell’anno successivo a quello elettorale
22 – ventidue, dal 1937, seconda di Franklin Delano Roosevelt, al 2021, di Joe Biden, le volte nelle quali, a seguito di un Emendamento costituzionale, la cerimonia di Insediamento, anticipando la precedente scadenza, ha avuto svolgimento il 20 gennaio dell’anno seguente quello delle votazioni (cosa che, salvo altro specifico Emendamento, accadrà anche in futuro)
2 – due, a parte ovviamente quelli esercitati dai Vicepresidenti subentrati, i mandati anomali in quanto a durata perché non esattamente quadriennali: il primo di George Washington (dal 30 aprile 1789 al 4 marzo 1793) e il primo di Franklin Delano Roosevelt (dal 4 marzo 1933 al 20 gennaio 1937)
44 – quarantaquattro, a far luogo dal 1848, le ‘cosiddette Presidenziali’ che hanno avuto svolgimento in un solo giorno (si consideri che tenendo conto del disposto che indica ‘il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno coincidente con il bisestile’ è possibile sapere quando per l’incombenza si voterà, per dire, nel 2040 o nel 2052…)
50 – dal 1959, quando entrarono a far parte dell’Unione Alaska ed Hawaii, gli Stati componenti la Federazione sono cinquanta, in ordine alfabetico, Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, California, Carolina del Nord,Carolina del Sud, Colorado, Connecticut, Dakota del Nord, Dakota del Sud, Delaware, Florida, Georgia, Hawaii, Idahi, Illinois, Indiana, Iowa, Kansas, Kentucky, Louisiana, Maine, Maryland, Massachusett, Michigan, Minnesota, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, Nevada, New Hampshire, New Jersey, New York, Nuovo Messico, Ohio, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia, Virginia Occidentale, Washington, Wisconsin, Wyoming.
51 – le Circoscrizioni chiamate alle urne dalle votazioni del 1964 (anche nel 2024 e fin quando un altro o più Stati entrassero a far parte dell’Unione) sono cinquantuno, avendo a tal uopo, per un Emendamento in tale senso approvato, con i membri dell’Unione, da quel momento, voce in capitolo anche il Distretto di Columbia
1 – una la Circoscrizione che ha sempre votato per lo stesso partito: il Distretto di Columbia dalla prima circostanza, come detto nel 1964, costantemente democratico
100 – due i Senatori che spettano ad ogni Stato cosa che fa sì che i componenti la Camera Alta siano oggi e dalle votazioni del 1960 cento (erano 96, novantasei, per dire – e sempre meno andando indietro nel tempo e diminuendo il totale dei Territori aderenti – dalle convocazioni del 1912 a quelle del 1956 essendo gli Stati all’epoca quarantotto. Diventerebbero 102, centodue, se entrasse nell’Unione un cinquantunesimo Stato. 104, centoquattro se fossero due…)
6 – il mandato dei Senatori è di sei anni
3 – le classi di pressoché identica composizione numerica nelle quali sono divisi i Senatori che sono eletti una per volta ogni due anni in coincidenza con le cosiddette Elezioni Presidenziali e con le Mid Term che hanno svolgimento a metà del mandato del Capo dello Stato sono tre
435 – i membri della Camera dei Rappresentanti sono per legge quattrocentotrentacinque distribuiti fra gli Stati in proporzione al numero degli abitanti quale risulta nell’ultimo Censimento decennale nell’anno con finale zero essendosi il primo tenuto nel 1790
2 – il mandato dei Rappresentanti è biennale
538 – il numero totale dei Delegati Nazionali, chiamati Electors con l’iniziale maiuscola per distinguerli dagli elettori comuni, che ancora a partire dalle votazioni del 1964 sono nominati il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno
coincidente con il bisestile e ai quali poi, il primo lunedì dopo il secondo mercoledì del seguente dicembre, spetta la vera elezione del Presidente è di cinquecentotrentotto, pari alla somma (cinquecentotrentacinque) di tutti i predetti componenti i due rami del Congresso più i tre spettanti al citato Distretto
270 – è conseguentemente pari a duecentosettanta la maggioranza assoluta da raggiungere nell’ambito del Collegio Elettorale, come viene chiamato il consesso che li comprende
118 – la Legislatura che avrà inizio il 3 gennaio del 2023 (il rinnovato Congresso si riunisce il 3 del primo mese dell’anno successivo le votazioni che si tratti di quelle coincidenti con le cosiddette Presidenziali o delle Mid Term che come sopra riportato hanno luogo a metà del mandato del Capo dello Stato) sarà la centodiciottesima, la numerazione facendo riferimento alla Camera che si rinnova totalmente ogni due anni assieme ad un terzo del Senato come sopra detto
46 – i Presidenti, Joe Biden (democratico eletto nel 2020) in esercizio di mandato compreso, sono quarantasei
4 – quattro le elezioni (1788/89, 1792, 1796, 1800) nelle quali, non essendo previsto come sarà ed è dal 1804 il ticket composto dal candidato alla Presidenza e da quello alla carica vicaria, risultava eletto chi riceveva il maggior numero di voti nel Collegio degli Elettori mentre suo Vice era il secondo. Così operando poteva accadere (e capitò nel 1796, in sella John Adams federalista e al fianco Thomas Jefferson democratico/repubblicano) che il Vice fosse di un partito diverso da quello del Presidente.
45 – le persone che, compresi i Vice succeduti e poi per così dire in proprio non rieletti (5 – cinque nell’ordine, John Tyler, non ricandidato nel 1845, Millard Fillmore, non nel 1852, Andrew Johnson, non nel 1868, Chester Arthur, non nel 1884, Gerald Ford, invece sconfitto nel 1976), hanno ricoperto l’incarico quarantacinque, nell’ordine, George Washington, John Adams, Thomas Jefferson, James Madison, James Monroe, John Quincy Adams, Andrew Jackson, Martin Van Buren, William Harrison, John Tyler, James Polk, Zachary Taylor, Millard Fillmore, Franklin Pierce, James Buchanan, Abraham Lincoln, Andrew Johnson, Ulysses Grant, Rutherford Hayes, James Garfield, Chester Arthur, Grover Cleveland, Benjamin Harrison, William McKinley, Theodore Roosevelt, William Taft, Woodrow Wilson, Warren Harding, Calvin Coolidge, Herbert Hoover, Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman, Dwight Eisenhower, John Kennedy, Lyndon Johnson, Richard Nixon, Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan, George Herbert Bush, Bill Clinton, George Walker Bush, Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden, perché
1 – Grover Cleveland è l’unico eletto due volte (nel 1884 e nel 1892) non consecutivamente ed è per questo elencato ufficialmente sia quale ventiduesimo che come ventiquattresimo inquilino della Executive Mansion
4 – quattro dei citati quarantacinque sono Vicepresidenti succeduti a causa del decesso del titolare e poi candidati eletti in proprio: nell’ordine, Theodore Roosevelt, rieletto nel 1904, Calvin Coolidge, nel 1924, Harry Truman, nel 1948, e Lyndon Johnson, nel 1964. Elefantini i primi due e Asinelli gli altri.
1 – il Presidente eletto politicamente indipendente: il primo, George Washington (1788/89 e 1792)
1 – il Capo dello Stato eletto appartenente al partito Federalista: il secondo, John Adams (1796)
2 – i Presidenti eletti appartenenti al partito Whig: nell’ordine, William Harrison, nel 1840, e Zachary Taylor, nel 1848.
2 – entrambi i predetti Whig sono morti in carica (una delle proposte del loro partito prevedeva che l’incarico presidenziale fosse uno soltanto e morendo altro non fecero che adeguarsi)
2 – due pertanto i Vicepresidenti Whig succeduti: nell’ordine, John Tyler nel 1841 e Millard Fillmore nel 1850, i quali poi non si sono candidati alla scadenza del mandato esercitato in vece del predecessore
4 – quattro i Capi dello Stato appartenenti al partito Democratico/Repubblicano: nell’ordine, Thomas Jefferson, eletto nel 1800 e nel 1804, James Madison, nel 1808 e 1812, James Monroe, nel 1816 e nel 1820, e John Quincy Adams, nel 1824
0 – i Presidenti appartenenti al partito Democratico/Repubblicano morti in carica o dimissionari
15 – quindici gli inquilini della Executive Mansion eletti appartenenti al partito Democratico: nell’ordine, Andrew Jackson, Martin Van Buren, James Polk, Franklin Pierce, James Buchanan, Grover Cleveland, Woodrow Wilson, Franklin Delano Roosevelt, Harry Truman, John Kennedy, Lyndon Johnson, Jimmy Carter, Bill Clinton, Barack Obama e Joe Biden
0 – i Presidenti appartenenti al partito Democratico morti in esercizio di mandato o dimissionari
17 – diciassette gli appartenenti al partito Repubblicano eletti: nell’ordine, Abraham Lincoln, Ulysses Grant, Rutherford Hayes, James Garfield, Benjamin Harrison, William McKinley, Theodore Roosevelt, William Taft, Warren Harding, Calvin Coolidge, Herbert Hoover, Dwight Eisenhower, Richard Nixon, Ronald Reagan, George Herbert Bush, George Walker Bush e Donald Trump
17 – diciassette i Presidenti eletti due volte o più (il solo Franklin Delano Roosevelt quattro, 1932, ‘36, ‘40 e ‘44): nell’ordine, George Washington, 1788/89 e 1792, Thomas Jefferson, 1800 e 1804, James Madison, 1808 e 1812, James Monroe, 1816 e 1820, Andrew Jackson, 1828 e 1832, Abraham Lincoln, 1860 e 1864, Ulysses Grant, 1868 e 1872, Grover Cleveland, non consecutivamente, 1884 e 1892, William McKinley, 1896 e 1900, Woodrow Wilson, 1912 e 1916, il predetto F. D. R., Dwight Eisenhower, 1952 e 1956, Richard Nixon, 1968 e 1972, Ronald Reagan, 1980 e 1984, Bill Clinton, 1992 e 1996, George Walker Bush, 2000 e 2004, Barack Obama, 2008 e 2012
17 – diciassette Presidenti hanno esercitato il ruolo di Governatore prima di arrivare a Washington.
Nell’ordine: Thomas Jefferson, James Monroe, Martin Van Buren, John Tyler, James Polk, Andrew Johnson, Rutherford Hayes, Grover Cleveland, William McKinley, Theodore Roosevelt, Woodrow Wilson, Calvin Coolidge, Franklin Delano Roosevelt, Jimmy Carter, Ronald Reagan, Bill Clinton, George Walker Bush
12 – dodici sono stati Generali dell’esercito: nell’ordine, George Washington, Andrew Jackson, William Henry Harrison, Zachary Taylor, Franklin Pierce, Andrew Johnson, Ulysses Grant, Rutherford Hayes, James Garfield, Chester Arthur, Benjamin Harrison e Dwight Eisenhower
9 – nove gli inquilini della Executive Mansion sconfitti quando in cerca di una seconda elezione: nell’ordine, John Adams nel 1800, John Quincy Adams nel 1828, Martin Van Buren nel 1840, Benjamin Harrison nel 1892, William Taft nel 1912, Herbert Hoover nel 1932, Jimmy Carter nel 1980, George Herbert Bush nel 1992, Donald Trump nel 2020
1 – uno il Vicepresidente democratico (Andrew Johnson, il quale poi non si ripresentò) succeduto nel 1865 ad un Presidente repubblicano (Abraham Lincoln), ciò in ragione del fatto che nelle votazioni del 1864, a Guerra di Secessione in corso, Abraham Lincoln aveva voluto un democratico nel ticket per dimostrare che non tutti gli oppositori erano a lui contrari in quanto secessionisti
1 – uno il Vicepresidente repubblicano succeduto causa morte del titolare nel 1881 e poi non ricandidato al termine del mandato, Chester Arthur
1 – uno il Vicepresidente repubblicano, Gerald Ford, subentrato nel 1974 a causa della dimissioni del Presidente del quale era vicario, fra l’altro non rieletto nella successiva tornata perché sconfitto cosa che non era successa prima quanto a Theodore Roosevelt, Calvin Coolidge, Harry Truman e Lyndon Johnson i quali erano a loro volta succeduti riuscendo poi ad essere personalmente confermati, rispettivamente nel 1904, nel 1924, nel 1948 e nel 1964
8 – otto i Capi dello Stato deceduti in corso di mandato: nell’ordine, William Harrison, nel 1841, Zachary Taylor, nel 1850, Abraham Lincoln, nel 1865, James Garfield, nel 1881, William McKinley, nel 1901, Warren Harding, nel 1923, Franklin Delano Roosevelt, nel 1945, e John Kennedy, nel 1963
1 – uno soltanto il Presidente eletto più di due volte, esattamente quattro: Franklin Delano Roosevelt, democratico, nel 1932, ‘36, ‘40, ‘44.
1 – uno il Presidente dimissionario: Richard Nixon, repubblicano
2 – due i Capi dello Stato Cattolici: nell’ordine, John Kennedy, eletto nel 1960, e Joe Biden, nel 2020, entrambi democratici
3 – tre i Presidenti non WASP (White, Anglo/Saxon, Protestant): nell’ordine, gli appena citati John Kennedy e Joe Biden, Cattolici e pertanto non Protestanti, e Barack Obama, Nero e conseguentemente non White, eletto nel 2008 e nel 2012, anch’egli democratico
1 – uno soltanto lo scapolo alla Executive Mansion: James Buchanan, eletto nel 1856
1 – uno il Capo dello Stato che prima di arrivare alla Presidenza non aveva mai ricoperto incarichi politici o militari, Donald Trump
4 – quattro, votazioni del 1824 – che propongono un diverso accadimento perché allora nessuno ottenne la maggioranza assoluta nel Collegio degli Electors – a parte, i casi nei quali il candidato perdente per voti popolari a livello nazionale ha invece vinto raccogliendo il maggior numero di voti nel più volte citato Collegio (cosa possibile perché gli Elettori con l’iniziale maiuscola si conquistano Stato per Stato non contando pertanto il suffragio nel Paese): nell’ordine, 1876, Rutherford Hayes prevale in quel modo su Samuel Tilden, 1888, Benjamin Harrison batte Grover Cleveland, 2000, George Walker Bush sconfigge Al Gore, e 2016, Donald Trump supera Hillary Rodham Clinton. In tutte queste occasioni il perdente era un democratico.
4 – quattro i Capi dello Stato vincitori del Premio Nobel per la Pace: nell’ordine, Theodore Roosevelt nel 1906, Woodrow Wilson nel 1919, Jimmy Carter nel 2002 e Barack Obama nel 2009. Carter non era più in carica da tempo e lo ha ricevuto per l’operato successivo alla Presidenza
2 – due i Vicepresidenti dimissionari: nell’ordine John Calhoun e Spiro Agnew
2 – due i Vicepresidenti nominati in osservanza del disposto dell’Emendamento costituzionale in materia del 1967 (in precedenza, il Vice per qualsiasi ragione non più in carica non veniva sostituito) che prevede la nomina ad opera del Presidente con ratifica da parte dei due rami del Congresso: nell’ordine Gerald Ford nel 1973 e Nelson Rockfeller nel 1974
1 – uno, di conseguenza ed è quello 1973/1977, il mandato nel corso del quale i Vicepresidenti (che sono anche per Costituzione a capo del Senato) sono stati addirittura tre: nell’ordine, l’eletto nel 1972 Spiro Agnew, il nominato nel 1973 da Richard Nixon dopo le dimissioni del predetto, Gerald Ford e nel 1974 Nelson Rockfeller, scelto dallo stesso Ford succeduto in precedenza sempre nel 1974 a Nixon che aveva a sua volta dovuto dare le dimissioni dalla Presidenza
6 – sei i Vice in grado di vincere candidandosi personalmente dopo avere esercitato il mandato appunto vicario: nell’ordine, John Adams nel 1796 e pertanto subito dopo avere ricoperto l’incarico come secondo di Washington per otto anni,
Thomas Jefferson nel 1800 essendo stato nel quadriennio precedente in second’ordine con lo stesso Adams, Martin Van Buren nel 1836 facendo immediato seguito a Jackson, Richard Nixon al secondo tentativo nel 1968 dopo avere fallito nel 1960 quale allora vicario uscente di Eisenhower, George Herbert Bush successore nel 1988 di Reagan con il quale aveva collaborato, e Joe Biden presentatosi nel 2020 e non immediatamente dopo essere stato Vice di Obama
3 – tre i Vicepresidenti di cognome Johnson. Il primo Richard Mentor fu eletto nel 1836 dal Senato non avendo ottenuto il voto della maggioranza degli Elettori facenti parte del Collegio. Il secondo, Andrew, è il successore nel 1865 dell’assassinato Abraham Lincoln. Il terzo, Lyndon, succede nel 1963 all’altrettanto assassinato John Kennedy.
Difficile che con tali premesse qualche candidato in futuro accetti come secondo nel ticket un altro Johnson
4 – quattro gli inquilini della Executive Mansion deceduti per cause naturali: nell’ordine, William Harrison, nel 1841, Zachary Taylor, nel 1850, Warren Harding, nel 1923, e Franklin Delano Roosevelt, nel 1945
4 – quattro i Capi dello Stato assassinati: nell’ordine, Abraham Lincoln, nel 1865, James Garfield, nel 1881, William McKinley, nel 1901, e John Kennedy, nel 1963
3 – tre gli inquilini della Executive Mansion sottoposti ad Impeachment (la procedura tesa alla destituzione il cui iter prevede la messa in stato d’accusa da parte della Camera che delibera a maggioranza e il successivo giudizio ad opera del
Senato che condanna solo con il voto in questo senso dei due terzi dei presenti): nell’ordine, Andrew Johnson nel 1868, Bill Clinton nel 1998, e, due volte, record, nel 2019 e nel 2021, Donald Trump. In tutte le occasioni in Senato non è stata raggiunta la prescritta quota e i tre sono stati di conseguenza assolti
42 – quarantadue i confronti diretti, 2020 compreso, tra democratici e repubblicani a partire dal 1856, anno nel quale i secondi, il cui partito era stato fondato nel 1854, si presentarono la prima volta
18 – diciotto nel citato ambito le affermazioni democratiche e
24 – ventiquattro quelle repubblicane
1 – soltanto in una circostanza un terzo candidato riuscì a inserirsi nel duello tra democratici e repubblicani arrivando nell’occasione secondo e relegando l’Elefantino all’ultimo rango.
Accadde nel 1912 e protagonista dell’impresa fu l’ex Capo dello Stato Theodore Roosevelt, uscito dal Grand Old Party e sostenuto da un movimento creato per la bisogna
2 – due i candidati dei più importanti partiti che hanno ricevuto l’investitura (Nomination) tre volte perdendo in tutte e tre le occasioni: nell’ordine, Henry Clay (con tre differenti movimenti, nel 1824, nel 1832 e nel 1844) e William Jennings Bryan (democratico, nel 1896, nel 1900 e nel 1908)
3 – le ‘dinastie’.
Due padre e figlio eletti: nell’ordine John e John Quincy Adams (1796 il primo e 1824 il secondo) e George Herbert (vincente nel 1988) e George Walker Bush (due volte, nel 2000 e nel 2004)
Una nonno e nipote: William e Benjamin Harrison (William nel 1840 e Benjamin nel 1888)
1 – una la Signora in grado di ottenere la Nomination da uno dei due partiti maggiori: Hillary Rodham Clinton, democratica, poi sconfitta nel 2016 da Donald Trump
1 – una la Vicepresidente donna eletta: la democratica Kamala Harris nel 2020
2 – due le precedenti candidate donna alla Vicepresidenza sconfitte nelle urne: nell’ordine, la democratica Geraldine Ferraro, con Walter Mondale nel 1984, e la repubblicana Sarah Palin, con John McCain nel 2008
59 – cinquantanovesime le Mid Term Elections in programma in questo 2022.
Le prime ebbero luogo nel 1790 a metà del mandato inaugurale di George Washington.
Si svolgono ogni quattro anni, dal 1872 il primo martedì dopo il primo lunedì del mese di novembre dell’anno pari collocato appunto a metà del mandato presidenziale.
Nella circostanza, a livello nazionale – a parte quindi Governatorati ed alte cariche locali – si rinnova totalmente la Camera ed è in gioco un terzo dei seggi del Senato.
2922 – duemilanovecentoventidue in giorni, la massima possibile durata in carica di un Presidente confermato dopo l’approvazione del Ventiduesimo Emendamento del 1951 che vieta di essere eletti più di due volte
1 – uno il Vicepresidente che, stando al disposto del Ventiduesimo Emendamento del 1951, una volta subentrato alla Executive Mansion, avrebbe potuto (non lo fece per sua decisione nel 1968 dopo essere stato confermato quattro anni prima) candidarsi in proprio due volte perché succeduto nel secondo biennio del mandato del titolare sostituito.
Si tratta di Lyndon Johnson che ha giurato il 23 novembre del 1963, giorno dell’assassinio di John Kennedy.
Era difatti quella data compresa nel predetto secondo biennio dell’incarico del predecessore.
Non altrettanto avrebbe potuto fare invece Gerald Ford se rieletto (come non fu) nel 1976 perché entrato in carica il 9 agosto del 1974 e quindi nell’ambito del primo biennio del mandato di Nixon iniziato il 20 gennaio 1973.
Come si evince, il limite sopra indicato dei duemilanovecentoventidue giorni, pari a due quadrienni pieni, può essere superato da un Vice che si trovi nelle illustrate condizioni di Johnson e non è pertanto da considerarsi assoluto.
Der Stand der Dinge
Capitolo primo
a far luogo dal quale intervengono nella trattazione elementi relativi alla regola nel tempo determinata dai e nei partiti per la selezione dei candidati.
– Dalla prevalenza repubblicana alla tendenzialità democratica con annotazioni relative ai precedenti elettorali e l’elenco ragionato dei Presidenti
Il 20 gennaio 2025 avrà termine il mandato presidenziale di Joe Biden e cadranno poco meno di centosessantotto anni da quando il 4 marzo 1857 (fino al 1933 si entrava in carica il 4 marzo dell’anno successivo a quello elettorale e solo dal 1937 il 20 gennaio) accedeva alla Casa Bianca James Buchanan.
È questi il primo Presidente – un esponente del partito oggi del citato Biden – americano vincente in un confronto Democratici/Repubblicani visto che il movimento politico attualmente di Donald Trump è stato fondato nel 1854 e quindi in precedenza non concorreva.
Al termine di questo lungo periodo, i Democratici avranno governato settantadue anni e i Repubblicani novantasei.
Il momento storico di massima prevalenza dei Repubblicani si ebbe tra il predetto 4 marzo 1857 e il 4 marzo 1933: cinquantasei di quei settantasei anni videro esponenti del Grand Old Party (definizione alternativa del movimento che fu di Abraham Lincoln) alla Executive Mansion.
Detto del seguente quasi ventennio (4 marzo 1933/20 gennaio 1953) dominato dal democratico Franklin Delano Roosevelt e per la parte finale dal suo successore Harry Truman, gli ultimi settantadue anni hanno visto una tendenza verso un maggiore equilibrio quanto all’esercizio del potere esecutivo dato che i Repubblicani hanno sì governato quarant’anni ma i Democratici comunque trentadue.
A ben vedere, è solo grosso modo nell’ultimo trentennio, dall’Insediamento il 20 gennaio 1993 di Bill Clinton, che il pendolo si è spostato e si può ritenere prevalente il partito che ha espresso Barack Obama in sella in tale periodo per due decadi.
Infinite le ragioni storico/ideologiche, per qualche verso istituzionali, ovviamente socio/economiche, certamente geopolitiche e via dicendo che hanno causato questa continua evoluzione.
Nel grande Paese Nazione che Margaret Thatcher sosteneva essere un esito non della Storia, sia pure con l’iniziale maiuscola, ma della Filosofia!
Annotazioni.
Ribadito che i Repubblicani nascono con idee per l’epoca assolutamente riformatrici e in primo luogo con l’intento di abolire la schiavitù nel 1854, il partito Democratico origina in precedenza sostanzialmente a seguito della dissoluzione dopo le elezioni del 1828 del prima imperante partito Democratico-Repubblicano e nel periodo che va dal 4 marzo 1829 al citato Insediamento di Buchanan governa costantemente ad eccezione di due mandati non consecutivi conquistati dai Whig, movimento il loro nato in pratica per contrastare la politica jacksoniana (Andrew Jackson è il qualche modo il ‘padre’ dei democratici).
Va qui ricordato per completare il quadro dei precedenti che dopo il politicamente indipendente George Washington e avanti dei predetti Democratico-Repubblicani, per un solo quadriennio (4 marzo 1797/4 marzo 1801) aveva occupato lo scranno presidenziale un esponente dei Federalisti, John Adams.
I quarantasei Presidenti con le appartenenze partitiche e le date di permanenza alla Executive Mansion:
George Washington (indipendente, 30 aprile 1789/4 marzo 1797)
John Adams (federalista, 4 marzo 1797/4 marzo 1801)
Thomas Jefferson (democratico-repubblicano, 4 marzo 1801/4 marzo 1809)
James Madison (democratico-repubblicano, 4 marzo 1809/4 marzo 1817)
James Monroe (democratico-repubblicano, 4 marzo 1817/4 marzo 1825)
John Quincy Adams (democratico-repubblicano, 4 marzo 1825/4 marzo 1829)
Andrew Jackson (democratico, 4 marzo 1829/4 marzo 1837)
Martin Van Buren (democratico, 4 marzo 1837/4 marzo 1841)
William Harrison (whig, 4 marzo 1841/4 aprile 1841)
John Tyler (whig, 6 aprile 1841/4 marzo 1845)
James Polk (democratico, 4 marzo 1845/3 marzo 1849)
Zachary Taylor (whig, 4 marzo 1849/9 luglio 1850)
Millard Fillmore (whig, 10 luglio 1850/4 marzo 1853)
Franklin Pierce (democratico, 4 marzo 1853/4 marzo 1857)
James Buchanan (democratico, 4 marzo 1857/4 marzo 1861)
Abraham Lincoln (repubblicano, 4 marzo 1861/15 aprile 1865)
Andrew Johnson (democratico ma incluso nel secondo ticket con Lincoln, 15 aprile 1865/4 marzo 1869)
Ulysses Grant (repubblicano, 4 marzo 1869/4 marzo 1877)
Rutherford Hayes (repubblicano, 4 marzo 1877/4 marzo 1881)
James Garfield (repubblicano, 4 marzo 1881/19 settembre 1881)
Chester Arthur (repubblicano, 20 settembre 1881/4 marzo 1885)
Grover Cleveland (democratico, 4 marzo 1885/4 marzo 1889)
Benjamin Harrison (repubblicano, 4 marzo 1889/4 marzo 1893)
Grover Cleveland (democratico, 4 marzo 1893/4 marzo 1897)
William McKinley (repubblicano, 4 marzo 1897/14 settembre 1901)
Theodore Roosevelt (repubblicano, 14 settembre 1901/4 marzo 1909)
William Taft (repubblicano, 4 marzo 1909/4 marzo 1913)
Woodrow Wilson (democratico, 4 marzo 1913/4 marzo 1921)
Warren Harding (repubblicano, 4 marzo 1921/2 agosto 1923)
Calvin Coolidge (repubblicano, 3 agosto 1923/4 marzo 1929)
Herbert Hoover (repubblicano, 4 marzo 1929/4 marzo 1933)
Franklin Delano Roosevelt (democratico, 4 marzo 1933/12 aprile 1945)
Harry Truman (democratico, 12 aprile 1945/20 gennaio 1953)
Dwhigt Eisenhower (repubblicano, 20 gennaio 1953/20 gennaio 1961)
John Kennedy (democratico, 20 gennaio 1961/22 novembre 1963)
Lyndon Johnson (democratico, 22 novembre 1963/20 gennaio 1969)
Richard Nixon (repubblicano, 20 gennaio 1969/9 agosto 1974)
Gerald Ford (repubblicano, 9 agosto 1974/20 gennaio 1977)
Jimmy Carter (democratico, 20 gennaio 1977/20 gennaio 1981)
Ronald Reagan (repubblicano, 20 gennaio 1981/20 gennaio 1989)
George Herbert Bush (repubblicano, 20 gennaio 1989/20 gennaio 1993)
Bill Clinton (democratico, 20 gennaio 1993/20 gennaio 2001)
George Walker Bush (repubblicano, 20 gennaio 2001/20 gennaio 2009)
Barack Obama (democratico, 20 gennaio 2009/20 gennaio 2017)
Donald Trump (repubblicano, 20 gennaio 2017/20 gennaio 2021)
Joe Biden (democratico, 20 gennaio 2021/…)
Capitolo secondo
– A proposito della candidatura di Joe Biden dando un’occhiata a Kamala Harris
Nella lunga storia delle elezioni presidenziali americane – annotazione che conforta non poco Joe Biden – due soltanto i Capi dello Stato appartenenti al partito democratico non confermati quando riproposti al termine del primo mandato: Grover Cleveland e Jimmy Carter.
Il primo dei quali, peraltro (ed unico capace di farlo), si ricandidò dopo quattro anni riconquistando lo scranno (votazioni 1884, vinte, 1888, perse, 1892, vinte).
Non così in campo repubblicano visto che non riuscirono nell’impresa Benjamin Harrison (1892), William Taft (1912), Herbert Hoover (1932), George Herbert Bush (1992), naturalmente Donald Trump (2020), un caso a parte rappresentando Gerald Ford che perse (nel 1976) ma non era stato precedentemente eletto essendo succeduto in carica a seguito delle dimissioni dapprima del Vicepresidente Spiro Agnew e dipoi del titolare Richard Nixon.
Sempre guardando a Biden, in qualche modo dal punto di vista della cabala politica importante che nessuno tra i democratici contrasti seriamente la sua nuova nomination (lo verificheremo).
Quando ciò – a prescindere dal partito – è successo, difatti, il Presidente uscente ha sì ottenuto la candidatura ma ha poi perso nel confronto con il contendente avverso.
Così per dire, i già citati Jimmy Carter, sopravvissuto alla sfida portata da Ted Kennedy e a novembre 1980 demolito da Ronald Reagan e Gerald Ford, prevalente sullo stesso Reagan quattro anni prima e però sconfitto proprio da Carter.
Confermato, il secondo Presidente cattolico (il primo fu John Kennedy) resterebbe il quarantaseiesimo Presidente nell’elenco ufficiale essendo la quarantacinquesima persona a ricoprire l’incarico perché il già citato Cleveland è conteggiato sia come ventiduesimo che quale ventiquattresimo inquilino della Executive Mansion.
Poco da dire a proposito della arcinota questione della avanzata età del Presidente, argomento che sarà certamente usato in campagna elettorale dal peraltro non giovane Trump ove fosse questi il contendente.
E che avrebbe maggiore impatto se a competere per l’augusta poltrona fosse un altro repubblicano meno ‘vissuto’.
Quanto alla Vicepresidente Kamala Harris – la cui designazione dovrebbe essere confermata – naturalmente inesistenti i precedenti storici dato che si tratta della prima Signora appartenente ad un ticket vincente e insediato (Geraldine Ferraro, democratica, nel 1984 e Sarah Palin, repubblicana, nel 2008, entrambe in corsa per il ruolo vicario, al loro tempo persero).
Capitolo terzo
– Donald Trump non demorde e corre per tornare alla Executive Mansion come in precedenza soltanto a Grover Cleveland è riuscito di fare
Numerosi i primati in assoluto o eguagliati detenuti ovviamente in campo politico da Donald Trump (tra questi, in veste di candidato, non quello di essere il primo ad avere, per così dire, guai con la Giustizia perché Eugene Debs, nel 1920, corse addirittura essendo in galera!).
È il tycoon il solo Presidente degli Stati Uniti che non abbia mai avuto un incarico pubblico o militare prima d’essere eletto.
È naturalmente l’unico inquilino di White House che sia stato sottoposto a due Impeachment (cavandosela peraltro in entrambe le occasioni).
È uno dei soli quattro – i precedenti sono Rutherford Hayes nel 1876, Benjamin Harrison nel 1888 e George Walker Bush nel 2000, tutti repubblicani come lui – candidati capaci di vincere perdendo il voto popolare nazionale ma conquistando la maggioranza nel Collegio Elettorale (nel 2016, ai danni di Hillary Rodham Clinton, la qual cosa lo rende altresì il primo e l’unico a sconfiggere una donna).
È stato come Wendell Wilkie – che corse, perdendo, per i repubblicani nel 1940 – iscritto alle liste elettorali quale democratico avanti di cambiare idea.
Non si può certamente dire che sia il primo Presidente in cerca di un secondo mandato infine sconfitto perché preceduto su questa strada da molti peraltro in larga misura repubblicani.
Cercando però di tornare alla Executive Mansion dopo un intervallo di quattro anni, ha quale unico modello Grover Cleveland, eletto nel 1884, battuto nel 1888, vittorioso nel 1892.
Considerato il metodo con il quale vengono numerati i Presidenti, Cleveland è sia il ventiduesimo che il ventiquattresimo Capo dello Stato.
Se rieletto nel 2024, Donald Trump sarebbe sia al quarantacinquesimo che al quarantasettesimo posto nell’elenco.
Se attualmente Joe Biden è per via di Cleveland sì il quarantaseiesimo Presidente ma solo la quarantacinquesima persona a ricoprire l’incarico, Trump ingarbuglierebbe vie più le cose perché, restando quarantacinque gli individui, risulterebbero quarantasette gli eletti.
Quanto alla persona è il solo Presidente che sia al terzo matrimonio.
Capitolo quarto
– Un ‘Bill Clinton’ 2024?
Non corrisponde al vero la in qualche modo affascinante versione dei fatti relativi alla candidatura di Bill Clinton nel 1992.
Per quanto sorprendenti e inattesi siano stati allora i risultati del politico dell’Arkansas nelle prime consultazioni interne ai democratici nell’Iowa e nel New Hampshire non fu quella una ‘apparizione’, una manifestazione da ‘uomo del destino’, essendo Bill già noto a livello nazionale e discusso addirittura dalla precedente campagna presidenziale quale possibile candidato.
Resta però nella memoria dei più, ovviamente in particolare fuori dagli States, come il cavallo assolutamente non favorito – non solo nell’eventuale confronto finale con il Presidente in carica il repubblicano George Herbert Bush accreditato della vittoria nella Guerra del Golfo ma anche nell’ambito partitico suo – che per questo vince veramente del tutto a sorpresa.
Maggiormente se si faccia riferimento a quella avventura inquadrandola nel 1991 come oggi, 2023, possiamo quanto alle sessantesime elezioni presidenziali in programma il 5 novembre 2024.
In qualche modo ‘costretti’ a parlare e a pensare di e a Joe Biden e Donald Trump, assolutamente oggi in secondo piano i proposti ‘altri’, non verrebbe forse voglia di ‘sognare’ un – se ne tratta qui in quanto e come candidato prescindendo dalla successiva Presidenza, si badi – ‘nuovo Bill Clinton’?
Di uscire da questo poco gradevole impasse, dal ‘già visto’, dal ‘vecchio’ considerata l’età dei predetti due, apparendo, repubblicano o democratico che sia, un ‘black horse’, usando il gergo ippico, sul quale, sperando, puntare?
Considerando la situazione e il fatto che una opposizione interna al Capo dello Stato in carica quanto alla Nomination pare davvero improbabile, l’occhio deve farsi attento al, come fatto intendere non esaltante, campo repubblicano alternativo a Trump.
Ron De Santis – mai andati in porto i precedenti tentativi di Governatori della Florida a livello nazionale, Jeb Bush compreso – riscalda i cuori?
Nikki Haley, che sarebbe la prima donna a White House assai sorprendente il fatto provenendo dal fronte opposto a quello di Hillary Rodham Clinton, per dire?
Mike Pence, un ex Vice non entusiasmante?
Tim Scott, una novità il Senatore nero fiero conservatore che ha rifiutato di aderire al caucus che a Washington riunisce i Laticlavi di colore?
Il travolgente e finora imbattuto Governatore del periferico North Dakota Doug Burgum?
Chi tra loro o altrove è in grado come Bill ai suoi bei tempi di sparigliare le carte?