
La «galassia» del lavoro autonomo accoglie sempre più donne (con punte elevate, fino all’84%, nella categoria degli psicologi, e una percentuale del 2% tra i periti industriali), però i loro guadagni restano mediamente subalterni, paragonandoli agli incassi dei colleghi: se, infatti, fra i 50 ed i 60 anni (la fascia anagrafica «d’oro» per consolidare la propria carriera) gli uomini vantano redditi da quasi 54.800 euro, l’«altra metà del cielo» supera di poco i 32.000. E, per entrambi i sessi, il debutto nel mercato comporta un discreto investimento di risorse, specie nell’ambito tecnico, visto che i commercialisti possono aver sostenuto costi tra i 20.000 e i 50.000 euro, mentre «sicuramente ingegneri e architetti ne hanno dovuti spendere anche più di 50.000». È lo scenario raffigurato dalla ricerca dell’Adepp (l’Associazione degli Enti previdenziali privati) sulle donne e la libera professione, presentata ieri, a Roma, da cui affiora (come è possibile notare dalla tabella in questa pagina) quanto siano «tinte di rosa» le platee di associati alle Casse pensionistiche: l’Enpam (medici e dentisti), la Cassa forense (avvocati) e l’Inpgi (giornalisti della Gestione separata, poiché la parte dipendente della categoria è, oramai, confluita nell’Inps dal 2022, ndr) mostrano una «forbice» poco pronunciata fra gli associati di genere maschile e femminile, nella Cdc (dottori commercialisti) e nella Cnpr (ragionieri) le iscritte sono pari rispettivamente al 33% e al 31%, quota che scende al 29% per Inarcassa (architetti e ingegneri). Netta è, invece, la maggioranza delle biologhe (che versano i contributi all’Enpab) e delle infermiere (nel bacino dell’Enpapi) e pure all’Enpav (veterinari) prevalgono, seppur con il 52%, le professioniste. Eppure, ha argomentato il presidente dell’Adepp Alberto Oliveti, è nel segmento femminile che può risiedere «la «chance» di rilancio, sia per il Paese, sia per la società», ma occorre tentare di colmare le attuali criticità che vedono, recita il dossier, il reddito delle donne dai 30 anni in giù essere «circa il 20% in meno, al confronto con quello degli uomini»: per questi ultimi, infatti, la media delle entrate è di 15.129 euro, per le colleghe è di 12.102. E sono loro che, col passare del tempo, continuano a rivestire il ruolo principale nella cura del nucleo familiare, prima accudendo i figli, poi i genitori anziani, circostanza che «inevitabilmente impatta» sulle ore lavorate, con conseguenze sia sull’ammontare dei guadagni, sia sul «peso» della pensione. Le professioniste che s’impegnano per più di 8 ore al giorno sono il 40% (contro il 59% degli uomini), però «non è vero che lavorano meno», bensì «possono dedicare meno tempo all’attività» ha scandito la vicepresidente dell’Adepp Tiziana Stallone che, insieme alla guida dell’Inpgi Marina Macelloni, ha illustrato gli esiti dell’indagine.
Simona D’Alessio, ItaliaOggi