Un approccio di terapia genica potrebbe ripristinare la vista nei pazienti con retinite pigmentosa, una delle principali cause di cecità negli esseri umani. Questa incoraggiante prospettiva emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of Experimental Medicine, condotto dagli scienziati dell’Università della Scienza e della Tecnologia di Wuhan. Il team, guidato da Kai Yao, ha utilizzato un modello murino per valutare l’efficacia e la tollerabilità di un trattamento di modifica del genoma basato sulla tecnica di manipolazione genetica CRISPR. Tale approccio, sottolineano i ricercatori, potrebbe essere impiegato per correggere un’ampia varietà di mutazioni genetiche correlate all’insorgenza di moltissime malattie. Diverse terapie geniche sono state precedentemente esplorate in questo senso, ma la maggior parte delle forme ereditarie di cecità sembrano dipendere da difetti genetici nei fotorecettori. Queste strutture, spiegano gli esperti, sono neuroni specializzati che si trovano sulla retina e rispondono alla stimolazione luminosa. La retinite pigmentosa, in particolare, può essere provocata da mutazioni in oltre cento geni diversi, e può compromettere la vista di circa una persona su quattromila. Questo disturbo si manifesta inizialmente con la disfunzione dei fotorecettori e provoca una perdita della vista irreversibile. “La capacità di modificare il genoma delle cellule retiniche neurali – afferma Yao – fornirebbe prove molto più convincenti delle potenziali applicazioni di questi strumenti di modifica del genoma nel trattamento di malattie come la retinite pigmentosa”. I ricercatori hanno utilizzato topolini con retinite pigmentosa causata da una mutazione nel gene che codifica per un enzima critico chiamato PDE6β. Gli scienziati hanno sviluppato un approccio CRISPR che può essere programmato per correggere diverse tipologie di mutazioni genetiche. La terapia, riportano gli autori, ha impedito la morte dei fotorecettori, ripristinando la normale risposta elettrica alla luce. I test condotti sugli esemplari anziani hanno dimostrato che gli animali avevano conservato correttamente la vista. “Sarà necessario superare ancora numerosi ostacoli prima di valutare l’efficacia della terapia in una coorte umana – conclude Yao – ma il nostro lavoro fornisce prove sostanziali dell’applicabilità in vivo di questa nuova strategia di alterazione del genoma volta al miglioramento delle condizioni di pazienti con malattie retiniche ereditarie come la retinite pigmentosa”.