Nella sindrome dell’X fragile, una delle manifestazioni cliniche più comuni associate all’autismo, il modo in cui i segnali esterni vengono rielaborati nel cervello sembra mostrare caratteristiche specifiche a livello neurale. A rivelarlo uno studio, pubblicato sulla rivista ‘Proceedings of the National Academy of Sciences’, condotto dagli scienziati del Centre hospitalier universitaire Sainte-Justine e dell’Università di Montreal. Il team, guidato da Roberto Araya e Diana E. Mitchell, ha utilizzato vari approcci di imaging cerebrale per osservare il funzionamento dei singoli neuroni. L’autismo, spiegano gli esperti, è caratterizzato da una vasta gamma di sintomi che potrebbero derivare da un diverso sviluppo cerebrale. I ricercatori hanno valutato i neuroni piramidali dello strato corticale 5, coinvolti in diverse funzioni. Gli esperti hanno riscontrato delle differenze nel modo in cui i segnali vengono elaborati in questi neuroni.“Ricerche precedenti – osserva Araya – suggerivano che la sindrome dell’X fragile fosse caratterizzata da una corteccia ipereccitabile, la principale motivazione alla base dell’ipersensibilità osservata nelle persone con disturbi dello spettro autistico. I nostri risultati, però, indicano che l’integrazione dei segnali sensoriali nei neuroni della corteccia sembrerebbe sottorappresentata”.
Stando a quanto emerge dall’indagine, in particolare, l’assenza della proteina FMRP nelle persone affette dalla sindrome dell’X fragile, altera il modo in cui gli input sensoriali vengono combinati all’interno del cervello. “Anche in assenza della proteina FMRP – commenta Soledad Miranda-Rottmann, altra firma dell’articolo – abbiamo dimostrato come la rappresentazione dei segnali sensoriali può essere ripristinata riducendo l’espressione di una singola molecola. Questo lavoro potrebbe gettare la base per lo sviluppo di nuove terapie mirate per i pazienti con la sindrome dell’X fragile”.