(di Tiziano Rapanà) Fine pasto o fine turno? E se il vero esercizio del lavorìo fosse proprio il manducare? Sembrerà di cattivo gusto, eppure è faticoso consumare tutto il ben di Dio che posteggia in alcuni tavole festosamente imbandite. E dunque, che fare? Whisky, come fine pranzo o anche momento di raccoglimento per celebrare un amicizia che si rinnova o ritrova o che comunque sia lì a rimarcare la sua presenza fattiva o ideale. Whisky come idea di mondo che onora la cordialità: ogni sconosciuto è degno di menzione ed ascolto, la parola si fa varia e crea un coro di voci vicine per convergenze e assonanze. Il whisky, come il vino e la grappa, unisce. Bere diventa anche un’occasione di conoscenza e curiosità dell’altro, senza la macchia dell’acrimonia. Il whisky, è noto, è figlio di un’idea straniera diversa dal nostro produrre bevande alcoliche. Eppure a Londra (una delle patrie del whisky – o whiskey, a seconda della provenienza geografica) ha furoreggiato un whisky interamente made in Italy. Il Mulino di Sassello 1830 ha inventato un whisky “Sgnor Camillo” che ha fatto impazzire i giurati della eminente World Whiskies Award: è campione del mondo 2023 nella categoria New Make & Young Spirit. Il “Moonshine Italiano dei Monti Liguri” ha ora il posto d’onore, la massima walk of fame del settore che incorona e traghetta al pantheon dei grandi. Tanti auguri a Diego Assandri, master distiller e creatore del whisky italico che ha conquistato la critica.