Italiani virtuosi sui debiti e innamorati del contante. Cavalcata dei fondi, ma a intercettare i soldi sono soprattutto gli esteri. Bene anche le azioni, crollano le obbligazioni. Sileoni (Fabi): “Programmi elettorali difendano i risparmi, no a patrimoniali”
La ricchezza finanziaria degli italiani doppia il debito pubblico: è arrivata a quota 5.256 miliardi di euro, alla fine dell’anno scorso, quando il debito pubblico era a quota 2.677 (ora è a 2.766).
I dati, elaborati dalla Fabi, tracciano una crescita del tesoro degli italiani nell’ordine dei 1.700 miliardi di euro (+50%) nell’ultimo decennio, quello inaugurato dal “whatever it takes” che impegnò la Bce di Mario Draghi a fare “qualsiasi cosa necessaria” per salvare l’euro flagellato dalla crisi dei debiti sovrani, con la fondamentale aggiunta che “credetemi, sarà sufficiente”.
Secondo il segretario Lando Maria Sileoni, la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane “dovrebbe oggi essere maggiormente considerata nei programmi elettorali dei partiti in vista del 25 settembre e del futuro Governo”. E ancora: “tutte le forze politiche tutelino, con proposte serie e concrete, i risparmi degli italiani”. “Si tratta – spiega il sindacalista – di oltre 5.200 miliardi di euro, che potranno giocare un ruolo essenziale per il rilancio e la crescita economica”. A suo dire “sarebbero dannosi, in quest’ottica, interventi fiscali, come ad esempio la patrimoniale, che aumenterebbero il carico fiscale su denaro che è frutto di risparmi sui redditi delle lavoratrici e dei lavoratori, quindi già ampiamente tassato dallo Stato”.
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Dall’analisi del sindacato autonomo dei bancari si possono analizzare alcuni trend. Innanzitutto, “gli italiani difendono con i denti la loro ricchezza”, nonostante non brilliamo certo per crescita dei salari e la morsa dell’inflazione si stia facendo sempre più sentire. Siamo un popolo di cicale liquide, tanto che il contante è ancora il più aato dagli italiani: è cresciuto di 509 miliardi (+45%), dai 1.119 miliardi del 2011 ai 1.629 miliardi del 2021, con la percentuale di denaro lasciato su conti correnti e depositi stabile
al 31% del totale delle masse. Un flusso che come noto è cresciuto molto durante la pandemia, quando il risparmio è stato forzato dai lockdown e dalle chiusure di attività.
La cavalcata dei fondi, ma vincono gli esteri
Tra gli orientamenti dei risparmiatori, ci sono alcuni trend ormai accentuati. Le obbligazioni escono dai portafogli, in favore di polizze assicurative e anche investimenti azionari. Le prime segnano vistosi deflussi (-67%, da 712 miliardi a 233 miliardi, con un crollo di 479 miliardi), mentre le polizze assicurative con 680 miliardi erano, nel 2011, il 19% del totale degli investimenti, cifra cresciuta di ben 533 miliardi (+78%), a dicembre scorso a quota 1.213 miliardi, pari al 23% dei risparmi complessivi. Anche il peso delle azioni è aumentato progressivamente: con 690 miliardi rappresentava il 19% delle riserve delle famiglie nel 2011, cifra salita a 1.107 miliardi nel 2020 (22%) e poi
ancora a 1.251 miliardi nel 2021, sfiorando il 24% del totale dei portafogli finanziari.
Sempre in ambito di gestione del risparmio, oltre alle azioni spicca la performance dei fondi comuni: tale comparto rappresentava, con 235 miliardi totali, il 6% degli asset finanziari delle famiglie a fine 2010, per poi passare al 13% del 2020 con 681 miliardi e a sfiorare il 15% nel 2021 con 661 miliardi; in termini percentuali si è trattato, nel decennio, della crescita più rilevante (+227%). C’è un “però”, che solleva più che altro dubbi su quanto questi denari siano investiti nel sistema-Paese. La crescita ha infatti favorito “principalmente i fondi di diritto estero, passati, nel decennio, da 89 miliardi a 536 miliardi (+60%), mentre quelli “tricolore” sono aumentati di appena 88 miliardi da 146 miliardi a 234 miliardi”.
Italiani virtuosi sul debito
Lo spaccato della Fabi permette anche di valutare il rapporto tra ricchezza e debiti, in ottica di confronto con gli altri Paesi.
Ne viene che gli italiani sono un “popolo virtuoso e, nonostante le incertezze reddituali e la maggiore spesa cresciuta anche per l’impennata dell’inflazione, il meno propenso a sostenere bisogni e consumi ricorrendo al debito”. Rispetto al reddito disponibile, in Italia la percentuale di indebitamento è pari allo 0,6%, mentre in Francia è all’1%, poco sopra lo 0,9% di Germania e Spagna. Ne consegue che la ricchezza finanziaria netta è, rispetto al reddito disponibile, pari al 3,4% in Italia, al 2,8% in Francia, al 2,6% in Germania e al 2,5% in Spagna. “Se guardiamo ai dati del 2021, la media di reddito disponibile che gli italiani impegnano per i prestiti è, quindi, ben tre volte più bassa della media europea e, se a questo si aggiunge il dato sulla ricchezza finanziaria netta posseduta dalle famiglie, l’Italia vanta non solo il primato della prudenza, ma anche della sostenibilità finanziaria”.