
È una vera e propria autarchia produttiva quella che stanno cercando di raggiungere alcuni produttori agricoli di Arezzo e provincia, riguardo alla produzione di grano. Con la guerra in Ucraina è indubbiamente un tema ancora più urgente, quello di poter produrre la materia prima in Italia ed averne in quantità sufficienti.
Impossibile? Non secondo questi produttori che si sono riuniti in un progetto in tempi non sospetti, il 2015, nel ‘Mercato delle Logge del Grano’.
Si tratta di un mercato contadino situato all’interno di un edificio storico recuperato nel centro della città. La struttura è diventata in breve nel punto di riferimento per la vendita diretta di prodotti enogastronomici di filiera corta, con attenzione particolare alla produzione biologica e biodinamica, tornando alla funzione che aveva un tempo: la raccolta e la distribuzione di prodotti agroalimentari del territorio.
Oggi ospita più di 70 aziende delle quattro vallate aretine. Tra gli obiettivi quello di dare al visitatore l’opportunità di realizzare un’esperienza che permetta di conoscere e apprezzare la cultura produttiva del territorio. Da poco tempo tra questi prodotti c’è anche la farina e i suoi derivati prodotti dalle aziende aretine che da anni stanno sperimentando la coltivazione di grani antichi.
“I grani cosiddetti ‘antichi’ – ci spiega Marco Pieri, uno dei produttori – consente un minore, se non nullo, utilizzo di diserbanti perché la pianta è molto più alta rispetto a quella dei grani moderni e quindi proprio il fusto più alto impedisce la crescita di piante infestanti”. Il grano c’è, dunque, e parla aretino. Le varietà che vengono coltivate attualmente sono il grano Verna, Frassineto e Andriolo per quello che riguarda i grani teneri e Senatore Cappelli, Tûmìnia Nigra e Russello Ibleo, queste ultime due varietà tipicamente siciliane.
“Non possiamo certo parlare di una produzione industriale, ma molte delle nostre aziende già da anni praticano un ritorno all’economia circolare, che vuol dire ‘locale’ – spiega il presidente del Mercato Logge del Grano, Antonio Tonioni – e proprio sul fronte delle farine in questi giorni abbiamo messo in campo una sorta di indagine tra i nostri soci che vendono pasta e farina al Mercato e il risultato è che, sì, possiamo parlare di una economia cerealicola aretina, basata tra l’altro su qualità e sostenibilità”. I grani utilizzati per la produzione della pasta provengono esclusivamente dalla fattoria.
“La nostra pasta viene essiccata a bassa temperatura per sei giorni – prosegue Pieri – conservando integri i valori nutrizionali del frumento. Certo rispetto alla produzione industriale di grani moderni, la resa dei grani antichi è diversa. Per fare un esempio, in un ettaro di terreno posso ricavare circa 20 quintali di grano antico, per i grani moderni si arriva a 50 quintali per ettaro. La differenza però qualitativa e delle proprietà organolettiche è notevole”.
Insomma è anche, ci sembra di capire, una battaglia culturale quella che questi produttori cercano di portare avanti. “Spesso in famiglia non ci pensiamo due volte ad investire uno stipendio in tecnologia – afferma Pieri – ma poi decidiamo di risparmiare proprio su quello che portiamo nelle nostre tavole. L’80% della pasta che si trova in commercio, dove non è scritto in bella vista 100% grano italiano, è fatta con grano che viene da paesi extra UE in buona parte dal Canada per quello che riguarda il mercato italiano.
Il restante 20%, grazie al fatto che oggi i produttori sono costretti a scrivere la provenienza del grano, è fatta con grano Italiano e addirittura su alcuni pacchetti con grano regionale ad esempio toscano. Oggi sarebbe possibile – prosegue Pieri – impostando filiere locali per essere in parte indipendenti, tuttavia occorre offrire un’educazione diversa ai consumatori che potranno ritrovare il gusto di questi grani locali sulla pasta e, il ‘Mercato delle Logge del Grano’, in questo senso può essere un veicolo di informazione”.