Proprio nei giorni in cui il racconto di paura e di guerra incombe sulle nostre vite, si cerca un supporto psicologico che sappia aiutare le persone di diverse generazioni e la tecnologia ci può supportare in questo bisogno, attraverso la video game Therapy, che può essere d’aiuto per alleviare anche questi momenti di forte stress in diverse situazioni di socialità quotidiana. Ancora oggi guardiamo al gaming con stereotipi conclamati, pensando sempre ad un aspetto di dipendenza, una maggiore aggressività e differenti effetti medici e psicosociali tutti da debellare. Ma la comunità scientifica sdogana definitivamente il gaming, puntando al rafforzamento di attenzione, pensiero multi-tasking e probem solving, trasformando i video game in setting educativi e terapeutici. La video game therapy è utile in diverse situazioni sociali: – in ambienti psichiatrici, con utenti con diagnosi di psicosi e disturbi dell’umore e di personalità borderline; – il videogioco diventa strumento riabilitativo per minori con ADHD, DSA, AUTISMO; come anche per psicosi organiche o disabilità fisiche in seguito a traumi fisici nel soggetto adulto; – il videogioco inteso come strumento dal forte valore psicopedagogico ed educativo, come facilitatore dell’apprendimento creativo attraverso lo storytelling e la narrazione; – il videogioco come facilitatore di emozioni nuove rispetto al vuoto esistenziale, come compensazione positiva per soggetti con abuso di sostanze o alcool o come dimensione creativa e ripartiva per soggetti ludopatici; – il videogioco è lo strumento esperenziale attraverso cui un team di lavoro può sviluppare le abilità di collaborazione, competizione e negoziazione. Inoltre attraverso questo strumento vengono sviluppate le abilità di leadership e comunicazione assertiva. Il videogioco può favorire il team building ed il team working; – nel disturbo post traumatico da stress, attraverso una funzione contenitiva dell’angoscia e creativa insieme. ‘È sempre più difficile essere se stessi. Viviamo in un mondo confuso bombardati da immagini e strutture che non ci appartengono. Attraverso il videogioco, la Video Game Therapy crea un percorso che ha come obiettivo quello di permetterti di concentrarti su te stesso, su chi sei nel profondo, attraverso l’espressione libera di ricordi, emozioni, pensieri, spesso rimossi. Tutto questo a prescindere dal giudizio degli altri. Il videogioco è infatti un concentrato di luci, suoni, colori, musica, immagini, che, se guidato, può permetterti di sfogarti, di riscoprire la tua creatività, di ricordarti chi sei veramente”, sono le parole del Dr Francesco Bocci, ideatore della Video Game Therapy in Italia. La Video Game Therapy in questo periodo può essere utile perché riprende tutte le dinamiche del gioco classico, quindi identificazione in un ruolo e proiezione in esso di tutte quelle parti di Sè, collegate alla vita reale, che sono caratterizzate per esempio da emozioni quali l’angoscia, la paura, la minaccia, il terrore della morte, ma anche da un forte sentimento di inferiorità legato ad un vissuto di impotenza, di fallimento, di fatica e vuoto. Tutte emozioni, magari in parte già presenti nella vita dei nostri ragazzi anche prima della pandemia in base alle loro dinamiche intra ed extra familiari ed alle esperienze da loro vissute, che poi il Covid ha amplificato ed oggi anche questa guerra inevitabilmente riattiva, se pur inconsciamente. Come avviene tutto questo? “Il gioco riattiva il fenomeno della ‘catarsi’ ed il nostro gamer si si libera, rivivendole virtualmente, di quelle emozioni citate prima e così facendo mette in atto, se pur a livello immaginativo nel contesto ludico, strategie di sopravvivenza, di resistenza e di resilienza, attivando il proprio Sé Creativo. Ed è proprio quest’ultima la forza del gioco/videogioco. Per questo ritengo che un approccio clinico come quello della Video Game Therapy, abbia come prima istanza, il valore dell’inclusione sociale e della riscoperta di certe parti/emozioni di sé. E tutto questo avviene perché mentre giochiamo, le nostre skill, come l’attenzione, sono attivate dalla memoria di lavoro e lasciano spazio al nostro emisfero destro di esprimersi più liberamente che detto prima, poiché meno ‘occupato’ a doversi difendere da questa ‘energia emotiva’ spesso insopportabile. Come diceva Alfred Adler, il gioco è quindi una ‘lotta creativa”, ci spiega in modo più approfondito il Dr. Francesco Bocci.