Cosa innesca lo spostamento del ciclo del sonno dal movimento oculare non rapido (Nrem) al sonno con movimento rapido degli occhi (Rem)? La risposta arriva dall’università di Harvard. Un nuovo studio sui topi, pubblicato su Science, suggerisce che l’aumento dei livelli di dopamina in una regione chiave del cervello durante il sonno Nrem gioca un ruolo importante in questa transizione. Nei mammiferi, il sonno è caratterizzato da periodi alternati di sonno Nrem e Rem. Il sonno Rem, la fase in cui di solito si verificano i sogni, si verifica spesso dopo diverse fasi del sonno Nrem e questo ciclo continua fino al risveglio. Tuttavia, il modo in cui il cervello regola il sonno e il ciclo tra gli stati di sonno non è ancora chiaro. Mentre gli studi farmacologici hanno indicato che la dopamina (DA) può modulare il sonno Rem, questo neurotrasmettitore, che è più comunemente associato al piacere e alla dipendenza, è assente nella maggior parte dei modelli prevalenti di sonno Rem. Utilizzando la fotometria delle fibre nel cervello dei topi, Emi Hasegawa e colleghi hanno osservato un aumento dell’attivazione della dopamina nell’amigdala basolaterale (Bla) del cervello appena prima della transizione dal sonno Nrem al sonno Rem ma non prima della transizione Nrem-veglia, indicando che DA transitorio in questa regione del cervello innesca l’inizio del sonno Rem.Hasegawa ha utilizzato la manipolazione optogenetica nei topi per eccitare le fibre DA nel Bla durante il sonno Nrem, che ha causato una transizione al sonno Rem. Gli autori hanno anche esaminato se la segnalazione DA nel Bla può innescare la cataplessia, che si verifica nella narcolessia del disturbo del sonno e si manifesta come un’intrusione patologica paralizzante del sonno Rem nella veglia che si traduce in una perdita del controllo motorio posturale. Hanno scoperto che i livelli di DA nel Bla aumentavano prima degli attacchi di cataplessia nei topi narcolettici ma non nei topi wild-type. La scoperta del coinvolgimento della dopamina nella transizione al sonno Rem nei topi suggerisce, dicono gli autori, un bersaglio farmacologico per il disturbo del sonno.