La storia, ambientata nella Capitale, si svolge in alcuni luoghi simbolo di Roma: “Ci piaceva perderci nei caratteristici vicoletti del budello, zigzagando tra Piazza Santa Maria in Trastevere e Via della Lungaretta. Proseguendo per Via dei Genovesi e la Basilica di Santa Cecilia si giungeva al confine rionale in prossimità di Porta Portese. Poi risalivamo il Lungotevere dall’Isola Tiberina a Ponte Sisto. Lì ci soffermavamo ogni volta in un punto preciso, nella porzione finale del ponte, verso l’interno della città, in direzione Via dei Pettinari. La visuale su quel piedistallo virtuale privilegiato è un insieme di elementi che accarezza l’anima: colori, suoni e sensazioni che rendono quella cartolina tridimensionale unica e di una bellezza incrollabile. Nel basso dell’inquadratura troneggia il solenne scorrere del fiume Tevere sulla cui superficie sfrecciano gli acrobati gabbiani disegnando traiettorie maestose. Il suono perpetuo dell’inarrestabile marcia dell’acqua si fonde con gli striduli garriti delle procellarie generando un’acustica contemplativa primordiale. Sollevando un po’ lo sguardo si incrocia il Ponte Mazzini che si installa lucente nel paesaggio. La sera i suoi archi si riflettono nel fiume formando degli anelli luminosi. Quei cerchi hanno il potere di proiettarti nel tempo, verso l’archetipo di una perfezione perpetua. Poco sopra fa capolino la sontuosità di uno dei più grandi miracoli architettonici della storia, la Cupola di San Pietro, che a quell’ora è immersa nell’aureola dei riverberi del tramonto, una luce di vellutata albicocca dorata che irradia di magnificenza metafisica il fondale di quell’istantanea senza tempo”.