I pazienti con grave dipendenza da alcol sono riusciti ad evitare l’alcol più a lungo, se trattati con basse dosi di ketamina combinate con una terapia psicologica. Lo rileva uno studio clinico chiamato Ketamine for reduction of Alcohol Relapse (KARE) condotto dall’Università di Exeter e finanziato dal Medical Research Council. Lo studio di fase II è il primo del suo genere a esaminare se una minore quantità di ketamina, se combinata con la terapia, possa aiutare a impedire alle persone di tornare rapidamente a bere dopo aver smesso. L’Università di Exeter e la società di biotecnologie Awakn hanno firmato un accordo con il Devon Partnership NHS Trust per esplorare la disponibilità del NHS per la psicoterapia assistita da ketamina. Lo studio ha prodotto prove preliminari che la terapia controllata con ketamina può ridurre il numero di alcolisti con ricaduta. Attualmente, esistono pochi trattamenti efficaci per l’alcolismo grave, che ha un impatto devastante sulle vite. Lo studio KARE è stato il primo studio a confrontare la ketamina con e senza terapia in qualsiasi contesto di salute mentale. Pubblicato su The American Journal of Psychiatry, lo studio ha incluso 96 persone con problemi di alcol astinenti al momento dello studio. Il team ha scoperto che le persone che assumevanono ketamina in combinazione con la terapia sono rimaste completamente sobrie per 162 giorni su 180 nel periodo di follow-up di sei mesi, che rappresentano l’87% di astinenza. Questo era significativamente più alto rispetto a qualsiasi altro gruppo, indicando che la terapia potrebbe essere un aiuto promettente per prevenire le ricadute. Questo gruppo aveva più di 2,5 volte più probabilità di rimanere completamente astinente alla fine dello studio rispetto a quelli trattati con placebo.Il team ha anche fornito alcune prove che la ketamina e la terapia possono impedire l’assunzione completa di alcol per sei mesi, anche se i risultati sono stati più contrastanti. I pazienti che assumevano ketamina avevano anche un grado di depressione più bassa dopo tre mesi e una migliore funzionalità epatica rispetto a quelli trattati con placebo, indipendentemente dal se fosse combinato con la terapia o meno.