Joe Biden ha fatto del clima il pilastro della sua campagna elettorale, ma gli atti concreti della sua amministrazione sono sempre più distanti dal programma e i consensi calano

Joe Biden si è presentato alla COP26 di Glasgow con un’agenda per il clima senza precedenti nella storia americana: puntando sul taglio delle emissioni del 50 percento entro il 2030, aree forestali più estese e nucleare pulito per salvare la Terra dal surriscaldamento. Le parole dell’attivista svedese Greta Thunberg hanno avuto risonanza grazie al Presidente Usa che le ha raccolte e usate per sostenere la propria campagna. Anche lui ha avvertito che resta “poco tempo” per ridurre le emissioni prodotte dai carburanti fossili (“una minaccia esistenziale per l’umanità”), ha assicurato che Washington sta rispondendo “con i fatti e non solo a parole”. In questo momento però Biden non sembra molto coerente con quanto annunciava durante la campagna elettorale e la COP26, dato che ha chiesto all’OPEC (e alla Russia) di pompare più petrolio e gas per fermare la corsa dei prezzi dell’energia. I fatti chiamano Biden a frenare i progetti green: la benzina negli Stati Uniti è arrivata a costare 4 dollari al gallone – oltre 3,30 dollari nella media nazionale – mentre le bollette per il riscaldamento sono raddoppiate, in misura inversamente proporzionale al tasso di popolarità dell’inquilino della Casa Bianca.
“Sembra un’ironia ma la verità è che non possiamo passare alle rinnovabili dal giorno alla notte. Non abbiamo mai detto che quest’anno o il prossimo avremmo rinunciato al petrolio e al gas. Faremo comunque grossi cambiamenti, non daremo più sussidi ai carburanti fossili”, ha spiegato il presidente che ha fatto della campagna verde un messaggio permanente della sua politica. È partito spedito nel suo programma: all’indomani dell’insediamento ha bloccato l’oleodotto Keystone, vietato la vendita di nuove licenze (circa un quarto dei gas serra Made in USA proviene dall’estrazione sul suolo pubblico), ma il suo mega piano per il clima e il welfare da 1.750 miliardi di dollari (“Build Back Better”) mantiene i sussidi all’industria del greggio, stimati in circa 20 miliardi di dollari all’anno, pur prevedendo incentivi per oltre 500 miliardi per le energie pulite.
Dopo la campagna elettorale, spente le luci dei festeggiamenti, è arrivata una doccia di realtà: “La classe media americana deve poter raggiungere il posto di lavoro, deve possedere un’auto, deve portare i figli a scuola. Non ci sono alternative, non è realistico pensare di poter rinunciare alle vetture a benzina”, afferma Biden, chiamato a rispondere sull’ennesima distanza che separa il suo programma dagli atti concreti di ogni giorno che si consumano tra la Casa Bianca e il Congresso.
Il governo americano ha messo in atto delle misure considerate incoerenti da parte dell’opinione pubblica, come la vendita di licenze per l’esplorazione del Golfo del Messico mettendo all’asta 80 milioni di acri federali. Un rapporto dell’International Energy Agency segnala che dovrebbero essere bloccate tutte le nuove esplorazioni se si vuole contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 gradi Celsius. I sostenitori di Biden sono quindi diventati i suoi critici: “Siamo in piena crisi climatica, non è ammissibile che la mano destra faccia una cosa diversa dalla sinistra, non è credibile sostenere di lavorare per gli 1,5 gradi e poi chiedere di aumentare la produzione di petrolio”, osserva Jennifer Morgan di Greenpeace International.
“Il problema non è un presidente ostile alle fonti energetiche convenzionali, ma il modo in cui sta rispondendo all’aumento dei prezzi dell’energia: invece di aiutare le compagnie americane a produrre di più a livello domestico chiede all’OPEC di estrarre più petrolio, l’ipocrisia di Biden sull’energia è incredibile”, dice il deputato repubblicano del Texas August Pfluger, dell’undicesimo distretto elettorale dello Stato, quello del bacino permiano, dove viene estratta quasi la metà del petrolio americano.
Soluzioni? Sono tutte di medio-lungo termine, ma Biden non ha tempo a disposizione, nel 2022 è atteso dal voto di medio-termine e i sondaggi sono come il barometro quando segna tempesta. Il presidente vorrebbe fare del “Build Back Better” la pietra miliare della sua stagione alla Casa Bianca, il culmine della sua lunga carriera politica. Quello che l’Obamacare è stato per Barack Obama.
Peccato però che il piano “green” che non fa i conti con la realtà economica americana (l’inflazione galoppante) e scopre che la politica prevede non solo la presenza dell’avversario (i repubblicani) ma dell’inatteso “nemico interno”, dunque ecco il problema di una risicata maggioranza dem al Senato dove il voto del senatore Manchin diventa decisivo, soprattutto quando afferma il suo no al piano di Biden. Il senatore della Virginia, “preoccupato per la corsa dei prezzi e l’aumento del debito” rischia di infliggere il colpo di grazia alla “rivoluzione climatica” americana.
Il presidente Biden alla fine porterà a casa il suo piano di ricostruzione, anche se la situazione attuale sembra suggerire che non sarà poi così green.