(di Tiziano Rapanà) Faccio mio il grido di dolore di Coldiretti. Il problema riguarda l’etichetta nutrizionale a colori che sta arrivando dall’Europa. Dall’etichetta a semaforo inglese al nutriscore francese, il risultato non cambia: buona parte delle nostre eccellenze italiane rischiano di essere penalizzate. Parlo del Parmigiano Reggiano, dell’olio d’oliva, del prosciutto di Parma, della gorgonzola, ossia di quel mondo di golosità, che è la nostra carta d’identità nel mondo. Coldiretti è sempre in prima linea nel sorvegliare il muro di cortina, edificato per difendere le nostre golosità. Lascio la parola al presidente dell’associazione, Ettore Prandini, che ha voluto denunziare l’orribile ignominia. Per lui l’etichetta nutrizionale a colori “boccia ingiustamente quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop/Igp) che la stessa Ue dovrebbe invece tutelare e valorizzare soprattutto nel tempo del Covid”. Le etichette “si concentrano esclusivamente su un numero molto limitato di sostanze nutritive (ad esempio zucchero, grassi e sale) e sull’assunzione di energia senza tenere conto delle porzioni escludendo paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta”. L’equilibrio nutrizionale, tuttavia, “non è ricercato nel singolo prodotto ma nell’equilibrio tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e per questo non sono accettabili etichette semplicistiche che allarmano o scoraggiano il consumo di uno specifico prodotto”. L’etichetta nutrizionale a colori è un modello “che potrebbe essere adottato anche in India, mentre in Sudamerica rischia di fare scuola il bollino nero cileno che sconsiglia di fatto l’acquisto di prodotti proprio come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi, e a cui potrebbe guardare il Brasile mentre l’Australia ha già adottato un sistema a stelle (Health star rating) che come il nutriscore sui basa sulla presenza di determinate sostanze in 100 grammi di prodotto”. Si tratta di un’atipicità “che sta facendo allargare il fronte dei Paesi contrari nella Ue con perplessità che stanno crescendo in Spagna dove il Senato con una mozione della commissione salute e consumo ha chiesto al Governo di bloccare l’adozione del Nutriscore, che provocherebbe un’incertezza negli operatori del settore agroalimentare e confusione nel consumatore’ soprattutto per l’opposizione dei produttori di olio di oliva” e “in Francia dove sotto la pressione di produttori di formaggio il ministro dell’Agricoltura ha dichiarato che ‘è necessaria una revisione della metodologia su cui si basa il sistema, perché determina classificazioni che non sono necessariamente conformi alle abitudini alimentari”. Pertanto “la battaglia si sposta in Europa. per evitare un grave danno per il sistema agroalimentare italiano proprio in un momento in cui potrebbe essere l’elemento di traino di un piano strategico di internazionalizzazione per far crescere la presenza del Made in Italy sui mercati stranieri”.