“Serve davvero un documento strategico di visione su cosa vogliamo fare nel medio e lungo periodo per l’empowerment femminile sia a livello di Paese che per armonizzarci a livello europeo. Incontri come questo sono linfa vitale per la nostra Associazione che accanto ad altri attori si sta impegnando con convinzione e passione su questo fronte”. Così la Presidente di PwnRome, Anna Benini, intervenendo in apertura dell’evento “EMPOWERMENT FEMMINILE: IL COMMITTENT DELL’EUROPA”, promosso da PWN|ROME Professional Women’s Network, chapter romano di PWN Global. Iniziato con la consueta formula di un incontro informale di networking, ha ospitato a seguire, nella Sala della Biblioteca della Società Geografica Italiana a Villa Celimontana, il Presidente di The European House – Ambrosetti, Marco Grazioli, che a partire dal “Manifesto sull’Empowerment Femminile” elaborato da Ambrosettie presentato per conto della Ministra alle Pari Opportunità Elena Bonetti al G20 Business Advisory Board del 30 agosto scorso (disponibile e sottoscrivibile ancora a questo link https://www.ambrosetti.eu/firma-il-manifesto-sullempowerment-femminile/ ), ha dato il via ad un confronto vivo e stimolante su cosa davvero si potrebbe, anzi si può, fare per invertire la rotta.Partendo, ma non fermandosi lì, dai 10 punti del Manifesto ai risultati della ricerca: “Le Proposte per un Paese che punti su equità e pari opportunità per le donne nel mercato del lavoro”, commissionata ad Ambrosetti dallo stesso Ministero per le Pari Opportunità su accoglienza delle donne da parte delle aziende, opportunità, criticità e prospettive, Marco Grazioli ha condotto il suo serissimo intervento con ironia, però, fornendo la sua opinione e sfatando miti e falsità che normalmente accompagnano la riflessione su questo delicato tema. Perché se è vero, come lui stesso ha detto, che “Il raggiungimento dell’empowerment femminile nel mondo del lavoro è un fenomeno socio-economico complesso, difficilmente raggiungibile senza un cambio di passo soprattutto culturale”, è anche vero che “la cultura non basta. Serve piuttosto, a cominciare dall’interno, dai management e vertici aziendali, verità – rappresentare le cose come stanno in realtà – e poi l’adozione di misure pratiche e obiettive. Le quote rosa che per certi versi non piacciono sono uno degli strumenti. Ma ce ne sono altri, come tutelare realmente la maternità e non vederla come una penalizzazione del lavoro femminile in azienda; perseguire, più che una ‘parità’, una “femminilizzazione”, piuttosto, dell’azienda, facendo patrimonio della visione femminile del mondo. Seguire, per intanto, le 5 vie indicate dalla stessa Ministra Bonetti: salvaguardare il reddito, oggi più che mai l’indipendenza economica delle donne è minacciata; implementare l’occupazione femminile, anche attraverso strumenti come la defiscalizzazione; arrivare ad una gestione più accurata del tempo-lavoro, che non significa solo smart working; imprimere una accelerazione all’accesso delle donne al potere; valorizzare le competenze”. Su quest’ultimo punto siamo forse ancora solo agli slogan, ma che il punto sia nell’agenda politica globale è un buon punto di partenza per Grazioli.La Ricerca ri-presentata nell’occasione ha rilasciato dati buoni e dati meno buoni per le donne. Solo alcuni: Se prima della pandemia le stime parlavano di poco meno di un secolo di attesa per colmare il gender gap a livello globale, due anni e una pandemia dopo, questo traguardo è sempre più lontano e la fatidica data si sposta a 135,6 anni. Senza parlare del divario salariale tra uomini e donne, che secondo il World Economic Forum 2021 si colmeràa livello mondiale solo tra 276,6 anni. A livello mondiale la misurazione delle capacità scolastiche dalla primaria all’università vede la bilancia pendere nettamente a favore della popolazione scolastica femminile. Ma quando entrano nel mondo del lavoro la carriera diventa appannaggio di poche. Non è, evidentemente, “perché non sono brave”; il divario salariale è tuttora intollerabile, anche se il dato è andato migliorando negli ultimi anni, ma attenzione, soprattutto per il lavoro indifferenziato; ancora poche le ragazze che si iscrivono alle discipline Stem (ma anche i ragazzi), e questo è un male per le prossime opportunità di lavoro; il 96% delle donne interpellate “vuole” lavorare per il raggiungimento della propria realizzazione, ma solo il 50% riesce a farlo: questo significa che le altre non riescono a realizzare loro stesse. In Italia le donne in posizioni apicali sono il 29% il che non è un brutto dato in Europa, ma non è positivo dal punto di vista strutturale: per loro ci vuole comunque “più tempo” a causa di una serie di trappole e luoghi comuni (falsi) disseminati lungo il percorso aziendale: “la maternità diminuisce la capacità produttiva di una donna”, “le donne non sono interessate al potere”, le donne “non sanno fare gioco di squadra”, le donne “devono sempre dimostrare di essere brave”…. Stereotipi odiosi da abbattere. E si potrebbe continuare.Che fare? Se lo è chiesto Grazioli e se lo chiedono naturalmente le donne e gli uomini di PWN|ROME. Ripescando i principi del Manifesto, ce ne sono alcuni che sembrano indicazioni pratiche che poco fanno riferimento alla “buona volontà”: l’introduzione dei bilanci di sostenibilità e la necessità di attenersi alle loro linee guida è una buona modifica strutturale; la defiscalizzazione per le assunzioni delle donne lo è; favorire l’imprenditoria femminile, in questo siamo molto indietro rispetto ad esempio ai nostri vicini francesi. Dal punto di vista della cultura; lavorare sui programmi scolastici; utilizzare i media ufficiali per favorire una cultura di genere attraverso soprattutto l’uso di un linguaggio corretto; fare di più in tema di orientamento scolastico mostrando a studentesse e studenti delle superiori quali sono le opportunità di lavoro sul territorio; favorire l’inclusione a partire dai comportamenti dei leader aziendali; favorire la maternità che nel nostro Paese è diventato anche un problema sociale (se la media permane 1,7 nel 2024 saremo 40 milioni) attraverso regole aziendali magari ri-scritte da donne. In altre parole: il problema dell’empowerment femminile è un problema strutturale che va affrontato in tutte le sedi, a cominciare azienda. Non è più il tempo delle parole, ha concluso così Grazioli, è il tempo dell’azione Più che d’accordo la Vicepresidente di PWN|ROME, Amedea Pennacchi, che si è vista confermare, dalla testimonianza di Marco Grazioli e dalla vivacità del dibattito che ne è seguito, “i mille motivi per continuare a lavorare come Associazione sull’empowerment femminile, per un cambio di passo nel mondo del lavoro che ha bisogno di interventi legislativi, cui PWN|ROME sta contribuendo con proposte concrete come quella sulla premialità per le aziende virtuose, ma anche penalità per quelle che non conformano, e più in generale agendo su tutti i fronti sui quali intervenire per attuare la visione strategica invocata da Anna Benini in apertura: a livello istituzionale, attraverso grimandelli ora funzionali come quello delle quote rosa, attraverso la formazione, ma anche lavorando sulla motivazione delle donne e sulla loro autostima”. Nelle parole appassionate della Vicepresidente Pennacchi l’accento infine ad “un vento che sta cambiando, ad opportunità che vanno giocate. Con ottimismo”.