302 mila lavoratori non dipendenti, pari al 5,8%, hanno chiuso le proprie partite Iva da inizio 2020 fino ad agosto dell’anno corrente. Minore, ma sempre preoccupante, è il calo del numero dei lavoratori dipendenti: 89 mila unità in meno, pari allo 0,5%.
È la Cgia a renderlo noto, sottolineando che quelli ad aver subito più danni sono proprio le partite Iva. Tanti sono i problemi che da sempre assillano le piccole e medie imprese, dalla nebulosa macchina burocratica italiana al sistema di tassazione, ma con le chiusure inerenti al Covid-19, la mobilità nazionale limitata e i consumi che nell’ultimo anno si sono sempre più spostati verso i servizi on-line, tanti lavoratori autonomi hanno si sono visti costretti a chiudere.
Un dato che potrebbe spiegare meglio l’entità della perdita economica è quello circa il calo di 130 miliardi di euro, di soli consumi, delle famiglie dal 2020. Quello che la Cgia chiede al governo Draghi è l’apertura di un tavolo di crisi permanente a livello nazionale, non solo locale, così da dare una possibile risposta ai lavoratori autonomi. È preoccupante la differenza di numero di questi ultimi: oggi siamo a quota 4.936.000, mentre nel 2004 le unità erano 6.303.000.
Il continuo abbassarsi delle partite Iva ha visto un leggero stop a febbraio 2021, con annessa risalita del numero di unità, ma da agosto questa risalita si è fermata. In quasi due anni di Covid l’altro grande numero che preoccupa è quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato: tra febbraio 2020 e agosto 2021 il loro numero è calato di quasi 60 mila unità su un totale di 89 mila posti di lavoro.