“Rispetto a dieci anni fa quando pubblicammo il nostro primo Rapporto, la situazione della scuola media non è migliorata”. Lo ha detto il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto presentando, ieri, il Rapporto Scuola Media 2021. “I divari territoriali e le disuguaglianze sociali- ha spiegato Gavosto – sono ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati nè la didattica è stata rinnovata, rimanendo molto tradizionale. Nei prossimi mesi, se la pandemia darà tregua, sarà necessario riportare la secondaria di I grado al centro dell’attenzione pubblica per farle ritrovare una missione che garantisca efficacia ed equità”. “Le disuguaglianze dovute all’origine socio-culturale – ha spiegato la curatrice del rapporto Barbara Romano – misurate in base al titolo di studio dei genitori sono ben visibili già alla scuola primaria, con una differenza in media di 26 punti tra uno studente figlio di laureati e uno studente i cui genitori hanno la licenza elementare. Ma poi deflagrano alla scuola media, arrivando fino a 46 punti, che equivalgono, alla fine del ciclo, ad una differenza di quasi tre anni di scuola”.
Dall’indagine emerge, inoltre, che se al termine della primaria gli allievi nei diversi territori fanno registrare risultati simili, dopo i tre anni di scuola media “il Sud resta molto attardato, 17 punti in meno per l’area che comprende Abruzzo, Molise, Campania e Puglia e 27 punti in meno per l’area di Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia”.
Per quanto riguarda i docenti non si è registrato, secondo i dati della Fondazione, negli anni un ringiovanimento: l’età media era poco più di 52 anni nel 2011, ora è poco meno. Mentre 1 docente su 6 ha 60 anni e oltre, coloro che vanno in cattedra prima dei 30 anni “sono un minuscolo drappello: 1 su 100”. “Le disuguaglianze dovute all’origine socio-culturale – ha spiegato la curatrice del rapporto Barbara Romano – misurate in base al titolo di studio dei genitori sono ben visibili già alla scuola primaria, con una differenza in media di 26 punti tra uno studente figlio di laureati e uno studente i cui genitori hanno la licenza elementare. Ma poi deflagrano alla scuola media, arrivando fino a 46 punti, che equivalgono, alla fine del ciclo, ad una differenza di quasi tre anni di scuola”.
Dall’indagine emerge, inoltre, che se al termine della primaria gli allievi nei diversi territori fanno registrare risultati simili, dopo i tre anni di scuola media “il Sud resta molto attardato, 17 punti in meno per l’area che comprende Abruzzo, Molise, Campania e Puglia e 27 punti in meno per l’area di Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia”.
Per quanto riguarda i docenti non si è registrato, secondo i dati della Fondazione, negli anni un ringiovanimento: l’età media era poco più di 52 anni nel 2011, ora è poco meno. Mentre 1 docente su 6 ha 60 anni e oltre, coloro che vanno in cattedra prima dei 30 anni “sono un minuscolo drappello: 1 su 100”. Di fronte a questo quadro per i ricercatori della Fondazione Agnelli “occorre in primo luogo lavorare sugli insegnanti valorizzandoli e sulla qualità dell’insegnamento. Servono percorsi di formazione iniziale per la secondaria con un forte orientamento alla didattica, a partire da una laurea magistrale per l’insegnamento”. Ed ancora “qualsiasi direzione prenda la riforma del reclutamento, criteri di abilitazione molto selettivi con prove pratiche per valutare le competenze didattiche”. Inoltre, per la Fondazione Agnelli “è necessaria un’estensione del tempo scuola alla secondaria di primo grado, con la scuola del pomeriggio come scelta ordinamentale”.
“Pensiamo – ha concluso Gavosto – che oggi per la scuola ci sia una sola priorità: fare crescere gli apprendimenti dei ragazzi. Il riscatto degli apprendimenti è fondamentale nella scuola media, dove esplodono divari e disuguaglianze. Le politiche di cui si parla nel PNRR vanno per forza declinate nel grado scolatico più in difficoltà: in particolare, l’orientamento, la formazione e il reclutamento dei docenti, la didattica. Apprendimenti inadeguati nella secondaria di I grado possono condizionare in modo decisivo il futuro di un ragazzo. Non si può lasciare la scuola media ancora indietro”.