Nel primo semestre di quest’anno, il comparto italiano del cappello ha registrato un significativo aumento sia delle esportazioni (+74,4% rispetto allo stesso periodo del 2020), che delle importazioni (+30,1%); una crescita anche rispetto al 2019, rispettivamente del 34,4% e dell’8,8%. I dati sono stati diffusi dalla Federazione Tessili Vari, che ha elaborato i dati Istat. Un rimbalzo che, però, continua però a non essere lineare per tutte le tipologie di prodotto. I cappelli di paglia, infatti, registrano un calo delle importazioni del 20,4% e del 7,5% dell’export, che comunque valgono un rallentamento rispetto allo scorso anno, quando il comparto è stato investito a pieno dalle chiusure per la pandemia, che hanno limitato anche i flussi turistici, che sostengono le vendite estive. In totale controtendenza, invece, le vendite dei berretti, con un aumento sia delle importazioni (+30,1%), quasi quadruplicando il dato del primo semestre 2202 (+8,8%), che delle esportazioni (+74,4%), con un risultato nettamente migliore del semestre pre-covid.
Il paese maggior fornitore resta la Cina con 20,4 milioni di euro, (+4,5%), pari al 32% del totale importato. Le esportazioni di cappelli italiani, come da diversi anni, riguardano in particolare la Svizzera, dove sono presenti quasi tutte le piattaforme logistiche e distributive delle principali multinazionali del comparto del lusso: 31,1 milioni (+108,4% rispetto al primo semestre 2019). Stabilmente sul podio i mercati tradizionali: Germania (14 milioni, +85,8%) e Francia (12,9 milioni, +56,5%); in fortissimo recupero gli Stati Uniti (12,2 milioni, +168,3%), mentre continua a frenare il Regno Unito (6,7 milioni, -10,8%) e sembra essere riuscita ad arrestare il proprio lungo calo tendenziale la Spagna (4,1 milioni, +28,8%), anche se ancora in territorio negativo nei confronti del primo semestre 2019 (-8,2%).