La cultura della preservazione della fertilità, un’opzione ormai consolidata in Paesi come la Spagna e il Regno Unito, inizia a diffondersi anche fra le donne italiane, che danno sempre più importanza al prendersi cura della propria capacità riproduttiva nei tempi e nei modi più consoni. Lo dicono i numeri, seppur limitati, di questi mesi di pandemia, con richieste di “social freezing” (la tecnica di congelamento degli ovociti, in questo caso per motivi non medici) raddoppiate nella primavera 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019. Se ne è parlato a Roma in occasione della presentazione di “Ferty Check”, iniziativa di sensibilizzazione organizzata dal gruppo GeneraLife e prevista sabato 25 settembre con consulti gratuiti. Portavoce di questo messaggio ai giovani per parlare di prevenzione e fertilità è l’attrice Matilde Gioli. Sempre più donne dunque, soprattutto durante questi anni di pandemia, hanno preso una decisione importante su quali siano le loro priorità di vita, optando per la crioconservazione degli ovociti. “Proteggere la propria fertilità significa innanzitutto adottare stili di vita sani, cercare di non procrastinare troppo il momento in cui provare ad avere un figlio. In più, esiste il social freezing”, ha spiegato Filippo Maria Ubaldi, ginecologo, direttore scientifico dei centri di medicina della riproduzione GeneraLife e componente del tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità del Ministero della Salute, nella conferenza stampa organizzata in occasione del Fertility Day, che si celebra il 22 settembre. “Nei nostri 7 centri in Italia – afferma Ubaldi – abbiamo notato un trend positivo, nel corso degli ultimi 6 mesi del 2021, messi a confronto con il primo semestre dell’anno pre-pandemia, il 2019: i trattamenti per la preservazione della fertilità sono aumentati, addirittura raddoppiati nei mesi di aprile, maggio e giugno, in primavera, quando le condizioni sono ottimali, prima delle vacanze estive. Certo, si tratta ancora di numeri limitati: nel 2021 in questi tre mesi si sono sottoposte al ciclo di trattamento 46 donne, contro le 21 del relativo trimestre 2019. E, in totale, nei primi 6 mesi del 2021 abbiamo eseguito lo stesso numero di preservazioni (circa 80) di tutto il 2020. Certo, in questo caso è pesato l’effetto Covid-19, ma parlando con le pazienti ci siamo resi conto che questa pandemia le ha anche portate a intraprendere scelte importanti per la loro vita personale, come quella di mettere ‘in banca’ i loro ovociti, in attesa di tempi migliori per avere un figlio”.