Carlotta Ventura è una bomba di energia. Tre anni passati in ruoli consulenziali, dopo aver lasciato la direzione comunicazione di Fs nel 2018 è finalmente tornata nel suo habitat preferito, una grande azienda. Da fine maggio è direttore comunicazione, sostenibilità e responsabile Affari regionali di A2A con un grande progetto da portare avanti: la costruzione del posizionamento strategico della multiutility da trasformare nella nuovissima Life Company. Un lavoro con il coinvolgimento di importanti agenzie di branding, psicologi del sociale per sondare i dipendenti, agenzie creative e media. Insomma il solito squadrone di competenti, di cui Carlotta Ventura si serve quando deve costruire le sue strategie di rebranding e di comunicazione. Il suo lavoro insieme a quello della collega e amica Stella Romagnoli, all’inizio del 2016, ha dato vita alla strategia che ha fatto convergere Telecom Italia in TIM. Un impegno di due anni che ha rivoluzionato l’approccio di mercato, l’immagine e la comunicazione del gruppo di tlc, partorendo il nuovo logo rosso su sfondo blu, che proprio come volevano le sue due creatrici è diventato il segno evocativo dell’intera azienda. La missione di Ventura in A2A è altrettanto sfidante. Ai vertici del gruppo lombardo si trova a fare i conti con due manager con cui ha molta dimestichezza: Marco Patuano, presidente della multiutility, era l’amministratore delegato di Telecom all’epoca del debutto di TIM, mentre l’ad Renato Mazzoncini ricopriva lo stesso ruolo in Fs, con sempre al fianco Ventura per la comunicazione. La nuova storia di rebranding comincia nell’autunno 2020 quando i capi di A2A iniziano a lavorare a un piano di sviluppo decennale molto ambizioso, che ragiona in termini di sostenibilità come strategia portante, sviluppandola su piloni principali come l’economia circolare, la transizione energetica, la mobilità, che significa, come ha spiegato l’ad Mazzoncini durante la presentazione ufficiale del piano a gennaio, puntare sul mercato della gestione dei rifiuti regolamentato in Europa e in Italia, dove c’è tantissimo da fare e dove A2A eccelle, sulle energie rinnovabili, le smart city, la mobilità elettrica. Fortissima in Lombardia, con il capitale azionario in mano ai comuni di Milano e Brescia, che con il 25% a testa formano un’inossidabile maggioranza, affiancati in Borsa da uno stuolo di 74mila piccoli azionisti, A2A secondo il piano dovrà allargare gli orizzonti tenendo conto del contesto socio politico molto favorevole che vede avvicinarsi l’apertura del mercato libero dell’energia, gli impegni legati al Green Deal europeo, potenziati dal Next Generation Eu e dalle politiche del Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo Draghi, che ha messo sul tavolo 69,1 miliardi alla transizione ecologica e 32,9 miliardi alle infrastrutture. E qui entra in campo Carlotta Ventura con la proposta della Life Company. “Mentre il team di vertice pensava alla strategia da intraprendere e come renderla sostenibile dal punto di vista industriale, finanziario, tecnologico e ambientale, a noi della comunicazione è stato chiesto di intercettare il pensiero che stava crescendo e lavorare in contemporanea per raccontarlo partendo dal riposizionamento del gruppo”, racconta Ventura. “L’obiettivo del piano è ‘resettare’ completamente il ruolo dell’azienda, ma occorreva darle un posizionamento che fosse sufficientemente semplice per raccontare qual è l’obiettivo industriale, riuscendo a essere chiari verso tutti i nostri principali stakeholder, la comunità finanziaria, gli azionisti, i clienti, i fornitori, e soprattutto i dipendenti (circa 13mila: ndr).
Prima – Deve essere stato difficile mettere a punto un brief di comunicazione e di rebranding con il piano industriale da raccontare ancora in fase di redazione. Come avete fatto?
Carlotta Ventura – I punti strategici fondamentali erano chiari, ma dovevamo trovare un’idea forte per dare il senso del grande cambiamento in atto. A metterci sulla giusta strada c’è stata un’intuizione in fase di gara. Avevamo deciso di chiamare i grandi player internazionali per cercare di lavorare su questo riposizionamento. Abbiamo fatto contemporaneamente quattro gare: la prima, con l’obiettivo di identificare il nuovo posizionamento strategico, è stata vinta da Dentsu. Nella fase di gara, l’intuizione è stata quella di dire: “Noi ci occupiamo di acqua, aria, terra e fuoco”. Ci occupiamo, cioè, della qualità dell’aria (grazie all’efficienza e il controllo di tutti i nostri impianti e al trattamento dei rifiuti), dell’acqua (ci occupiamo di ciclo idrico), della terra (sempre nell’ambito dei rifiuti e di pulizia degli ambienti che ci circondano) e del fuoco (energia). L’intuizione che ha avuto Dentsu è stata di cogliere che A2A si occupa degli agenti empedoclei, gli stessi che la Nasa identifica come gli agenti che consentono la vita, e da qui è nata la spinta a considerare l’azienda come una Life Company. Questa intuizione non è arrivata subito, ci sono stati vari tentativi nel mezzo. All’inizio il tema della vita, giocato in modo così potente, ci faceva un po’ paura. Eravamo nel pieno del Covid e vita e morte erano il mantra dominante.
Prima – Cosa vi ha convinto?
C. Ventura – Quando Renato Mazzoncini e Marco Patuano hanno concordato sull’idea della Life Company, l’abbiamo testata. Prima all’interno, facendo interviste a tutti i capi delle aziende del gruppo. Una parte di domande erano aperte per cercare di capire come reagivano a certi stimoli, mentre in uno step successivo li abbiamo chiamati a riflettere sul tema della vita.
Prima – Che reazioni avete avuto?
C. Ventura – Hanno aderito tutti quasi immediatamente. Poi era fondamentale capire cosa ne pensasse la gente fuori. Se non c’è un collegamento identitario tra chi sei e chi racconti di essere, se la percezione delle persone fuori è totalmente distonica da quello che tu vuoi raccontare, il piano di comunicazione è da rifare. Abbiamo fatto una grossa ricerca di 2.500 casi con rappresentatività nazionale.
Prima – Cosa ne è emerso?
C. Ventura – Gli indicatori tipici dell’azienda venivano tutti migliorati, sia in termini di fiducia che di prossimità, con tutta una serie di vantaggi. La cosa interessante è che anche sulla parte commerciale Life Company non risultava essere un posizionamento troppo onirico, lontano dalla realtà. “Life Company è un posizionamento che trasferisce bene l’impatto positivo di A2A sulla vita delle persone e del pianeta sia quando agisce che quando fa cultura”, è una sintesi del responso. Nel corso dell’organizzazione del pensiero, cioè della scrittura di vision, mission, valori della marca, manifesto (l’iter tipico di un posizionamento di marca), abbiamo cercato di identificare quale archetipo rappresentasse A2A. In fondo gli archetipi sono quelli della tragedia greca. Sono sempre gli stessi. L’essere umano, per quanto adesso sia diventato leggermente diverso da quello che l’antropologia culturale definisce, presenta comunque gli stessi archetipi. Ci siamo resi conto che l’archetipo che più corrispondeva ai racconti dei nostri colleghi, e che in qualche maniera rispondeva perfettamente al tema della Life Company, era l’angelo custode, cioè il prendersi cura della vita delle persone.
Prima – Insomma la figura moderna del caregiver…
C. Ventura – In tempi di Covid, però, il caregiver rischia di essere identificato con l’infermiere. Non potevamo permetterci di parlare di vita, di parlare di caregiver andando a toccare sensibilità imperscrutabili… Abbiamo dunque puntato sull’angelo custode, e abbiamo testato la scelta su un’importante componente aziendale dei dipendenti che facendo funzionare i servizi essenziali (luce, pulizia, rifiuti) sono veramente degli angeli custodi per la società in cui agiscono. E questa idea ha avuto un ottimo riscontro.
Prima – I vostri servizi come quelli della raccolta rifiuti, con Amsa a Milano e con Aprica a Brescia, sono considerati ottimi. Milano ad esempio è una delle eccellenze europee tra le città con più di un milione di abitanti nella raccolta differenziata, con percentuali altissime nel recupero dei materiali. Ma la ricerca sui 2.500 intervistati cosa racconta?
C. Ventura – Abbiamo cercato di studiare i macrotrend, tenendo anche conto di cosa pensano i giovani che tra dieci anni saranno adulti e speriamo clienti di A2A, andando a vedere che cosa vuole la generazione Z, quali sono le sue fonti di interesse e di preoccupazione.
Prima – E cosa avete scoperto?
C. Ventura – Abbiamo capito che il primo tema di preoccupazione/attenzione è il cambiamento climatico. Il secondo è il lavoro e il terzo è la salute. Dati coerenti con l’età. Da giovani ci si preoccupa dell’ambiente, invecchiando le priorità cambiano, il lavoro diventa necessario per mantenere una famiglia e la salute diventa fondamentale per vivere una vita serena. La ricerca ha rafforzato la consapevolezza che A2A è un’azienda robusta con dei fondamentali solidi, sani, che gode di una fiducia altissima, una qualità del rapporto con il cliente/cittadino stellare. Il macrotrend ci mette al centro della scena. Ci occupiamo di elementi essenziali per la vita, e lo possiamo dire perché le analisi interne/esterne lo confermano. Abbiamo tirato fuori il nuovo brand ‘Life Company’ il giorno in cui l’ad Mazzoncini ha lanciato il piano industriale, il 20 gennaio che era anche il giorno dell’insediamento di Biden. Biden che ha riportato gli Stati Uniti all’interno dei temi climatici. E così abbiamo deciso di fare un annuncio, secondo noi bellissimo, su un quotidiano, con gli auguri a Biden.
Prima – Qui c’è il suo zampino. E cosa avete scritto sulla pagina?
C. Ventura – Parole di speranza: “Una vita più azzurra è possibile quando siamo tutti uniti per un futuro migliore. Noi di A2A vogliamo augurare buon lavoro al presidente Joe Biden e alla vice presidente Kamala Harris nel giorno del suo insediamento”.
Prima – Azzurro che è il colore di A2A ripreso nella nuova campagna di pubblicità che avete appena lanciato. C. Ventura – Il lavoro è continuato con altre due gare. Una è stata la gara per il format di comunicazione, a cui hanno partecipato quattro agenzie e che è stata assegnata a Serviceplan. Abbiamo cercato di non fare gare fiume che non servono a nessuno e abbiamo optato invece per gare molto ristrette. In pista sempre l’agenzia che aveva l’incarico sino a quel momento e tre challenger.
Prima – Sicuramente avrete fatto una selezione anche tra i consulenti media.
C. Ventura – Abbiamo attivato un’altra gara, da cui è uscita vincitrice Omg. Li abbiamo coinvolti su un brief piuttosto articolato e con un posizionamento strategico non ancora del tutto definito. Storicamente A2A lavorava con diverse agenzie, il mio obiettivo era avere un’agenzia sola che controllasse la coerenza della comunicazione. Ha vinto l’idea dell’utilizzo del ciano (colore identitario di A2A) con delle silhouette evocative. Nel tentativo di collegare il colore ciano con la vita, è venuto fuori la frase ‘Una vita più azzurra è possibile’. Un claim onesto. La silhouette iniziale era quella di Greta Thunberg. Poi abbiamo verificato e abbiamo scoperto che la figura di Greta è tutelata. Per cui le abbiamo tagliato i capelli e le abbiamo cambiato il cappellino, è una ragazzina, il futuro. Questo format ci sta consentendo di essere estremamente visibili a fronte di investimenti non enormi.
Prima – Cosa avete chiesto alle agenzie?
C. Ventura – Di uscire dalla marmellata. Le società del nostro settore usano un po’ tutte immagini simili. Abbiamo deciso di lavorare su una creatività che ci potesse rendere più visibili. Abbiamo fatto brevi spot da sette secondi in televisione, poi di prodotto. Stiamo crescendo bene per brand awareness, perché questo messaggio presenta un’estrema coerenza e semplicità. Non c’è overselling.
Prima – Perché avete deciso di partire con questa campagna adesso?
C. Ventura – Il nuovo piano industriale ha 16 miliardi di investimenti e vogliamo crescere. Si tratta di un’azienda che deve farsi conoscere anche al di fuori della Lombardia. Noi abbiamo degli impianti anche nel Sud Italia, dove dobbiamo continuare a crescere per stringere il gap infrastrutturale tra Nord e Sud Italia. La missione dell’azienda è lavorare per stringere questo gap e guardare all’Europa. La Lombardia è un’eccellenza europea, status che ci piacerebbe estendere a tutta l’Italia. Anche a quella componente del Paese che non ha oggi tutte le infrastrutture per esserlo.
Prima – Cosa intende per Sud Italia?
C. Ventura – Da Roma in giù.
Prima – A Napoli ci siete già.
C. Ventura – In Campania gestiamo il termovalorizzatore di Acerra: un impianto che fornisce un contributo fondamentale alla gestione dei rifiuti nella regione.
Prima – Che progetti avete per i termovalorizzatori?
C. Ventura – La nostra priorità sono tutti gli impianti che consentono l’economia circolare. L’azienda ha due pilastri: la transizione energetica, con tutto il mondo delle rinnovabili, e l’economia circolare. Nel 2035, il totale dei rifiuti urbani che andranno in discarica dovrà essere inferiore al 10%… Tutto il resto deve diventare o un nuovo oggetto oppure energia. Questo è possibile con degli impianti che non sono solo i termovalorizzatori. Tutti gli impianti di trattamento dei fanghi, tutti gli impianti di trattamento dell’umido. C’è un mondo tecnologico che si muove in questa direzione. Se ben instradato, con i soldi e le competenze giuste, può cambiare il panorama del Paese.
Prima – Immagino che avrete un gran lavoro per sensibilizzare le amministrazioni locali.
C. Ventura – Certo. Il tema dei permessi legato alle amministrazioni locali è fondamentale. Il famoso angelo custode dovrà combattere con due forme di egoismo: ‘Not in my backyard’ (non nel mio giardino) e ‘Not in my terms of office’ (non di pertinenza del mio ufficio). L’Italia sta cambiando. Per la prima volta c’è un ministero della Transizione ecologica. Gli stessi italiani cominciano a essere più consapevoli. È un percorso che, con il Pnrr e i fondi per il Green New Deal, è molto all’attenzione di tutti.
Prima – Il nostro è un Paese con una burocrazia con cui si fa fatica a essere innovativi.
C. Ventura – Però, nel momento in cui si parte con una spinta forte, ci si focalizza e arrivano tanti fondi, ci troviamo al centro della scena. È un’occasione pazzesca! Essere in un’azienda sana, nel momento giusto, in cui c’è la possibilità di avere dei riflettori positivi. Dopodiché non è tutto rose e fiori. Se fai una promessa devi mantenerla. Il controllo dell’andamento del piano industriale deve essere costante.
Prima – Tra i punti qualificanti dell’ambizioso piano di Mazzoncini c’è l’Europa. Che cosa pensate di proporre?
C. Ventura – Nel 2021 non possiamo pensare di non lavorare in Europa. Se ci sono opportunità io penso che l’ad farà in modo di coglierle. Quella che governerà il futuro in termini finanziari è una tassonomia europea sugli Esg. Tutto quello che viene richiesto in termini di sostenibilità è materia europea. Come dovranno essere fatti i bilanci, le normative a cui sottoporsi. Stiamo lavorando a un piano decennale. Stiamo correndo molto.
Prima – Anche lei ha corso molto…
C. Ventura – Infatti rischio di farmi odiare (risata). Il mio gruppo di lavoro è fatto di 54 persone. Siamo in tanti perché ci sono tante aziende. Sono quattro business unit che potenzialmente diventeranno tre più avanti. Non vogliamo accorparle dal punto di vista societario, ma della marca. Stiamo lavorando per unificare il messaggio di oltre 120 società controllate. Sono tutte territoriali. Non si conoscono. Il 9 luglio abbiamo presentato il piano di brand, si tratta anche di convincere molte di queste aziende a sostituire o affiancare le loro insegne con il Gruppo A2A. L’unione fa la forza. Lo scambio di valori positivi è più semplice. La possibilità di emergere avendo una linea comune e un marchio comune è maggiore.
Prima – Un cambiamento che dovrà essere negoziato con i sindaci, le governance locali… Una palestra di diplomazia e di management.
C. Ventura – Alcune società hanno dei marchi molto forti, quindi vanno rispettati. Occorre fare un traghettamento delicato con molta attenzione, quando è necessario, perché, alla fine, andiamo nelle case delle persone. Le persone devono sentirsi al sicuro quando entri con un marchio nelle loro case. Devono sapere chi sei, come ti poni, che possono fidarsi di te. È un lavoro lungo, complesso e delicato. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo due sindaci come azionisti al 50%. Non siamo un’azienda pop, siamo un’azienda integrata nel territorio. Dobbiamo tenere presente che parliamo ai cittadini, e quindi dobbiamo essere molto rispettosi. Per adesso continuiamo a misurare il brand Life Company e assicurarci che porti avanti il progetto industriale. Dobbiamo fare in modo che non ci siano diversi toni di comunicazione in azienda, ma che l’azienda, in tutte le sue componenti, comunichi così per aumentare il valore reciproco e la visibilità e rilevanza.
Alessandra Ravetta, Prima Comunicazione