
Risse tra giovanissimi da nord a sud. A Scoglitti nel Vittoriese, in provincia di Ragusa, un pestaggio furibondo qualche settimana fa. Un giovane straniero a terra, e tutti addosso, calci con una furia cieca, e la rincorsa per colpirlo in faccia. E’ stato salvato da una ragazza che gli ha fatto scudo: 8 persone deferite all’Autorità giudiziaria. Qualche giorno dopo a Marina di Ragusa, cinque minuti di pioggia e i giovani si accalcano sotto gli ombrelloni di un bar; esplode una scintilla, volano sedie e tavoli. La lite a gruppi contrapposti prosegue in una piazzetta poco distante. Tutti giovanissimi, anche in questo caso. Scattato l’allentamento delle misure anti-Covid, il loro malessere esplode. Perché scatta la violenza? Sostanze stupefacenti, emergenza educativa, un profondo disagio amplificato dalla pandemia e dal lungo isolamento. Abbiamo provato ad analizzare le ragioni intervistando professionisti impegnati sul campo. “Diciamo che c’è un allarme generalizzato che coinvolge i giovani e che è il frutto di diverse componenti: la crisi dell’economia, la difficoltà nelle relazioni interpersonali, la precarietà delle cosiddette ‘stazioni di rifornimento di benessere’ e, su questo quadro diciamo pericolante, la pandemia ha dato uno scossone pesante”, spiega Giuseppe Mustile, medico alla guida della Struttura Complessa Unità Operativa Dipendenze Patologiche, inserita nell’ambito del Dipartimento Strutturale Salute Mentale di Ragusa. La struttura opera attraverso tre Unità operative distrettuali, i Sert, per il trattamento, il reinserimento e la prevenzione dei problemi correlati all’uso di sostanze psicotrope legali ed illegali e per i comportamenti assimilabili e correlati come i disturbi del comportamento alimentare e i disturbi da gioco d’azzardo patologico ma anche le nuove sopravvenienze delle dipendenze ‘tecnologiche’. Secondo Mustile, i dati non riguardano una emergenza solo Ragusana, ma sono assimilabili e in linea con quando avviene anche nel resto d’Italia. Torniamo al dato ragusano. “Da dopo il lockdown del 2020, diciamo da maggio-giugno abbiamo constatato l’aumento del consumo di sostanze stupefacenti incisive sul comportamento. Sostanze che acuiscono la scopertura sul controllo dei comportamenti rendendo più irascibile e più irritabile chi ne fa uso”. A che sostanze si riferisce? “Abbiamo registrato un forte consumo di crack, sostanza mai vista fino ad ora in un quantitativo così significativo – spiega Mustile – ed è un consumo che fa il paio con chi consuma alcol. Chi fa uso di cocaina e crack, inizia e finisce con consumo di alcol”. La soglia di attenzione sembra essere più alta tra Vittoria, Comiso e Acate, dove i dati raccolti sono più allarmanti rispetto al resto della provincia iblea. “Se prendiamo l’ultimo anno come riferimento, i ricoveri in psichiatria sono aumentati considerevolmente. Passiamo da 5 a 25; dei 152 nuovi consumatori di cocaina, 99 sono del Vittoriese, gli altri si dividono tra Ragusa e Modica e ogni due cocainomani uno fa uso di crack”. Nel 2020 sono stati 452 i nuovi utenti dei Sert. Qual è la rilevanza di questo dato? Perché si distinguono tossicodipendenti da consumatori? “Si pensi che oggi cocaina e crack girano tra i giovanissimi e intendo quattordicenni. La cannabis è la prima sostanza di abuso, ma secondaria nella produzione di effetti psicotici così gravi. Il crack provoca una reazione quattro volte maggiore nella sfera del comportamento accentuando istinti di pancia e non di testa”.
La tossicodipendenza è “la malattia mentale, cerebrale, è la malattia della dipendenza, in cui il malato non ha un contatto preciso con la realtà. Altro invece avviene per i consumatori che hanno un ottimo contatto con la realtà ma con il consumo di crack e cocaina amplificano anche del 90, 100% i tratti violenti dei comportamenti. Sono più aggressivi, sregolati e compulsivi”.
Un processo che parte dalla scontentezza verso la vita, e “la pandemia – dice Mustile – ha portato ad una sorta di ruminamento, un danno nell’anima e nel ragionamento, nella parte della relazione”. Chi sono questi ragazzi, da che contesto vengono? “Spesso sono figli di famiglie per bene con stabilità emotiva, con la pancia piena ma con pochi progetti e pochi desideri. Intendiamoci però, i ragazzi hanno tutti chi più e chi meno il momento in cui sono ‘contro’ in generale, il problema è un insieme di fattori appunto, che rendono questo momento particolarmente delicato e difficile”. Nel Ragusano molto si sta facendo, e chiusa questa parte delle dipendenze entriamo in un altro campo, quello sondato da un altro team che si è dedicato al Pronto Soccorso Pedagogico con il coordinamento di Giuseppe Raffa, pedagogista dell’AsP, studio condotto nei tre Distretti dell’Azienda sanitaria iblea. Su un totale di 15.882 studenti della provincia ragusana tra i 10 e i 14 anni, hanno risposto al questionario 1594 genitori, appartenenti, principalmente, al Distretto di Vittoria: 805; Distretto di Modica: 545 e Distretto di Ragusa: con 244″. Si tratta della fase propedeutica del servizio di ‘pronto soccorso pedagogico’, unica iniziativa in Italia che punta a offrire ai genitori e agli adulti, attraverso l’attivazione di specifici corsi di formazione, le nuove abilità pedagogiche e tecnologiche necessarie per educare i cosiddetti nativi digitali, i giovani tanto diversi dai coetanei del passato e il supporto pedagogico, psicologico e neuropsichiatrico qualora necessario. Cosa emerge? “I dati confermano, come avviene a livello nazionale, che i giovani sono irrequieti, chiusi in casa e dipendenti dalle tecnologie, aggressivi e violenti e lo vediamo nelle cronache italiane”, dice Giuseppe Raffa. Perché accade questo? “Ritengo parta da un abbandono educativo delle famiglie che non capiscono nulla dei nativi digitali che son quasi un’altra specie umana. Questo abbandono ha provocato prima della pandemia una serie di problemi che post pandemia si sono moltiplicati per dieci volte”. Le cause? “La chiusura delle scuole, ad esempio, ultimo baluardo di regole e norme. Tutto questo ha generato una enorme aggressività e nuovi disturbi che noi indichiamo come ‘post covid’. E i dati nazionali e locali sono sulla stessa linea”. Da questo studio sul pronto soccorso pedagogico emerge che “i ragazzi sono più irritabili, presentano disturbi del sonno, e mostrano preoccupazioni e vissuti di ansia rispetto alla loro salute, irrequietezza e difficoltà di concentrazione”. Tra ottobre e novembre partiranno i corsi di formazione rivolti ai genitori “per dare loro gli strumenti per tornare ad educare i loro figli. Il problema – conclude Raffa – non è di ordine pubblico ma parte da una emergenza educativa che si scatena nei ragazzi”.
E un altro aiuto arriva anche dal pronto soccorso emotivo e psicologico attivato dell’Asp di Ragusa da marzo del 2020 e coordinato dal dottor Vito D’Amanti. Si tratta di in servizio gratuito che fornisce sostegno psicologico e consigli utili su come affrontare questa situazione di emergenza e condividere le proprie emozioni per ridurre la sensazione di isolamento traendo beneficio dal confronto. Il servizio è stato pensato per chiunque viva una difficoltà emotiva legata ai cambiamenti imposti dalle restrizioni del Covid, per le persone che si trovano in quarantena o isolamento domiciliare a causa del coronavirus e anche al personale sanitario impegnato, in prima linea, nell’emergenza pandemica. A maggio 2021, sono stati 2055 gli utenti seguiti da remoto, 3094 i colloqui sostenuti, 899 le persone che hanno avuto bisogno di sostegno nei centri vaccinali di Ragusa e Modica e una quarantina di professionisti degli ambiti sanitari si sono rivolti al servizio.