(di Cesare Lanza per LaVerità) Una scrittrice importante, celebrata fin da quando era appena ventenne. Una persona ribelle, di mente indipendente, incline a pensare e ad agire contro convenzioni e abitudini tradizionali. Citatissima come storico riferimento per il femminismo. Bella e seducente: ebbe numerose relazioni con altre donne, e una donna fu il più grande amore della sua vita, tormentata e infelice. Infine decise di togliersi la vita, buttandosi in un fiume, attiguo alla sua casa. Indiscutibilmente legata ad amori saffici… Fondamentale però, per lei, anche la figura del marito Leonard… Virginia Woolf, durante infanzia e adolescenza, sopportò molti eventi luttuosi ed ebbe periodi di depressione certamente grave: trovò in Leonard una forza stabilizzatrice (nonostante le notevoli differenze tra i due). Leonard nel 1912, rifiutò il ruolo di assistente del distretto di Hambantota (Sri Lanka) per sposare Virginia: androgino, ebreo ed estremamente protettivo, non ha mai vietato alla moglie di frequentare – e tradirlo – con molte donne nell’ambito della loro relazione di quasi trent’anni. Importante anche come figura al di là dell’ambito sentimentale e amoroso: era il suo primo lettore, il suo agente ed editor, la persona con opinioni che valevano più di tutte. Era per Virginia un rifugio, quasi un santuario in cui cercare conforto. Molto spesso Leonard interrompeva qualsiasi cosa stesse facendo per ascoltare Virginia con attenzione mentre lei leggeva ad alta voce il suo lavoro, aspettando poi da lui un riscontro positivo o meno. Così lo descrive la biografa Hermoine Lee: «Era un giovane uomo dall’aspetto teso, .scuro, magro con una faccia lunga e con una bella bocca sardonica, grandi occhi blu e mani tremolanti».
Leonard era il primo uomo a proporsi a Virginia: anzi lei, in una lettera, fu tentata di dire anche a lui di no. «Voglio tutto – l’amore, i figli, l’avventura, l’intimità, il lavoro… Quindi oscillo dall’essere quasi innamorata di te e volerti con me per sempre affinché tu possa conoscere tutto di me, a un senso di estrema libertà. Ogni tanto penso che se ti sposassi potrei avere tutto – ma poi – c’è questo lato sessuale tra me e te? Come ti ho brutalmente detto l’altro giorno, non nutro nessuna attrazione fisica nei tuoi confronti». Fu dunque un matrimonio fuori dai canoni del sistema patriarcale: lui provava quasi un’attrazione paterna nei confronti di lei e subordinava la propria vita alle sue necessità ed esigenze come scrittrice. Di questo tipo di attenzione era consapevole la stessa Virginia: nella lettera scritta prima del suicidio, ringrazia profondamente il suo compagno di vita e lo consola: «Hai avuto con me un’infinita pazienza, sei stato incredibilmente buono. Voglio dirti che lo sanno tutti. Se qualcuno avesse potuto salvarmi questo qualcuno eri tu». Invece, l’amore totale della vita dell’autrice è l’aristocratica Vita Sackville-West. Erano molto differenti: Vita, 10 anni più giovane di Virginia, era la figlia di un nobile, piena di solarità e brio. Scriveva romanzi e allestiva giardini per personaggi ricchi e facoltosi, mentre Virginia era una femmina introversa che difendeva la sua vita privata. Si incontrarono per la prima volta nel 1922 e la loro relazione durò anni. Hanno lasciato un fittissimo epistolario: integrato con le numerose pagine di diario in cui entrambe hanno scritto l’una dell’altra, permette di ricostruire la storia della loro complessa relazione. Vita era sposata, ma si trattava di un matrimonio puramente di convenienza: le sue vere relazioni erano sempre state con altre donne. Virginia invece aveva uno strano rapporto con la sessualità, derivato soprattutto da una molestia subita da un fratellastro durante l’infanzia. La relazione con Vita appare più intellettuale che fisica (nonostante tutte e due affermino più volte di essere andate a letto insieme). Virginia ammirava lo spirito audace e avventuroso dell’amica e amante. Vita ha infatti ispirato il personaggio del romanzo Orlando (1928), che attraversa oltre 300 anni di vita cambiando genere molteplici volte. La loro relazione è costellata da momenti di grande romanticismo: nelle lettere che intercorrono tra le loro visite Vita addirittura calcolava i secondi che mancavano al loro prossimo incontro. Virginia afferma di amare il suo corpo e nel diario scrive «È come un cervo o un purosangue, il suo corpo è pura perfezione» e con questo non intende solo l’aspetto fisico, ma anche «la sua capacità di attirare l’attenzione su di sé, rappresentare il suo paese, la sua capacità di diventare madre ed essere una vera donna» . È evidente come la Woolf – che perse la madre a soli 13 anni, ma che comunque sentì il distacco anche prima della morte – ammiri la protezione materna che la giovane aristocratica sembra imporre su di lei. Anche la prima impressione di Vita per Virginia è riferita in una lettera a suo marito: «All’inizio penseresti che è insignificante; ma poi una specie di bellezza spirituale si impone su di lei e su di te»: descrive il suo amore per la scrittrice come «un qualcosa di mentale, spirituale, intellettuale». Le due si allontanarono, ma scattò di nuovo la scintilla negli anni ’30, unite anche dalla paura e dal sospetto che entrambe nutrivano nei confronti dell’ideologia fascista.
Fino a quando arrivò il colpo di grazia alla fragile mente di Virginia: la donna finì per gettarsi nel fiume dietro casa, con le tasche colme di sassi (non voleva assolutamente salvarsi), lasciando una sola lettera, indirizzata al suo grande amore – platonico – Leonard. Adeline Virginia Woolf, nata Stephen, e nota semplicemente come Virginia Woolf… Nacque il 25 gennaio 1882, a Londra in una casa al civico 22 di Hyde Park Gate, dalle seconde nozze dei suoi genitori entrambi precedentemente vedovi. Morì suicida Il 28 marzo 1941, nella piccola città di Lewes, a sud est fa Londra. A lei e alle sue opere sono stati dedicati molti film: Orlando, Mrs. Dalloway, Onde, Simple Gifts, La gita al faro, Una stanza tutta per sé. Con una scrittura narrativa simile a quella di James Joyce in Irlanda, Marcel Proust in Francia e Italo Svevo in Italia, Virginia Woolf si allontana dalla narrazione tradizionale per proporsi con uno stile innovativo. Eliminala forma comune di dialogo diretto e la struttura tradizionale della trama: propone un monologo interiore, intimo dei suoi personaggi. È considerata, oggi, una delle principali autrici del XX secolo, attivamente impegnata nella lotta per la parità di diritti tra i sessi. Nel periodo fra le due guerre, protagonista di rilievo nei salotti letterari londinesi. Le sue opere più famose: i romanzi La signora Dalloway (1925), Gita al faro (1927) e Orlando (1928). Nella saggistica, Il lettore comune (1925) e Una stanza tutta per sé (1929): qui compare la celebre citazione: «Una donna deve avere denaro, cibo adeguato e una stanza tutta per sé se vuole scrivere romanzi.» I suoi lavori sono stati tradotti in oltre 50 lingue. Suo padre, sir Leslie Stephen, fu un notevole autore, storico, critico letterario e alpinista. Sua madre, Julia Prinsep Jackson (1846-1895), venne al mondo in India dal dottor John Jackson e dalla moglie Maria Theodosia «Mia» Pattle e in seguito si trasferì con la madre in Inghilterra dove iniziò una carriera come modella per pittori famosi. Leslie Stephen, quale letterato di fama nell’ambiente inglese e per la sua parentela col popolarissimo William Makepeace Thackeray (padre della prima moglie Minny Thackeray), volle che la sua prole fosse allevata in un ambiente riccamente influenzato dalla società letteraria vittoriana. Henry James, Thomas Stearns Eliot, George Henry Lewes, Julia Margaret Cameron (nata Pattle, una zia di Julia Prinsep Jackson), e James Russell Lowell (padrino della stessa Virginia) furono tra i più frequenti visitatori di casa Stephen. A Virginia, come prescriveva la regola educativa vittoriana, non fu concesso di frequentare alcun istituto scolastico. La madre si premurò di darle direttamente o indirettamente lezioni di latino e francese, ed il padre le consentì sempre di leggere i libri che accumulava nella biblioteca del suo studio. Nel 1895, a soli 13 anni Virginia venne colpita da un primo grave lutto: la morte della madre. Il padre, anche lui duramente colpito dalla perdita, vendette l’amata casa al mare. Poi morì anche la sorellastra, Stella, e nel 1904 il padre. Questi eventi portano al primo grave crollo nervoso di Virginia. Nel racconto autobiografico Momenti di essere e altri racconti scrisse che lei e la sorella Vanessa subirono abusi sessuali da parte dei fratellastri George e Gerald Duckworth. Drammi che sicuramente influirono sui frequenti esaurimenti nervosi, sulle crisi maniaco-depressive e sui forti sbalzi d’umore che hanno caratterizzato la vita della scrittrice.
Oggi sembra accertato che fosse bipolare e psicotica. È commovente, per chi ha amato i suoi libri, la lettera l’ultima e l’unica – che lasciò al marito Leonard, prima di togliersi la vita. Eccola, integralmente. «Carissimo, sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai lo so. Vedi non riesco neanche a scrivere questo come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.» Leonard fece cremare il suo corpo e seppellì le ceneri sotto un olmo nel giardino di Monk’s House. Sulla lapide è scritto: «Le onde si infrangevano sulla spiaggia», la frase che chiudeva un suo celebre romanzo. Anni dopo anche le ceneri di Leonard furono poste nello stesso giardino.