In Sardegna la pandemia ha invertito il trend di crescita delle assunzioni nel mercato privato del lavoro, dove fra il 2017 e il 2019 erano aumentate del 10%. L’anno scorso, invece, sono state 33 mila in meno rispetto al 2019: da 99 mila si è scesi ad appena 66 mila. I dati UnionCamere, citata dalle Acli Sardegna, confermano il pesante del Covid sull’occupazione sintetizzato dall’Osservatorio sul mercato del lavoro dell’Aspal, l’agenzia regionale per le politiche attive del lavoro.
La metà di coloro che sarebbero stati assunti senza la pandemia sono persone con qualifica o diploma professionale (-47%), ma mancano all’appello 1.500 laureati (-13%), 6.000 diplomati (-20%) e 7.000 lavoratrici e lavoratori senza titolo di studio (-24%). In termini di mancate assunzioni – rilevano le Acli – la Sardegna si situa al quarto posto nazionale superata solo da Toscana, Umbria e Marche e subito prima di Basilicata, Emilia e Veneto, tutte regioni in cui le assunzioni si sono ridotte di oltre il 30% rispetto al triennio precedente. “Sono oltre 33 mila persone assunte in meno nel 2020 rispetto al 2019 che si aggiungono a chi perderà il lavoro dopo lo sblocco dei licenziamenti”, rileva il presidente delle Acli in Sardegna, Franco Marras. “Servono un sistema di sicurezza e un piano di riqualificazione professionale, un paracadute sociale per almeno 50.000 persone nei prossimi mesi che va predisposto subito, per evitare di infoltre le fila dei poveri”.
“Il livello occupazionale è crollato nonostante resti ‘drogato’ dal blocco dei licenziamenti che richiederà una grande attenzione nel momento in cui il divieto sarà eliminato per fornire un supporto e un progetto di ripartenza e di reimpiego”, aggiunge Marras. “Abbiamo analizzato la banca dati fornita dalla Unioncamere-Anpal, attraverso il sistema informativo Excelsior. Questi dati si limitano al mercato del lavoro privato, e sono dunque più correlati alle condizioni reali dell’economia, sono depurati dai dati delle assunzioni nella pubblica amministrazione, dei contratti inferiori ai 20 giorni e delle forme di trasformazione, spesso elusive, dei contratti dello stesso lavoratore nell’ambito del medesimo sistema d’impresa. Questa ‘depurazione’ motiva il rapporto 1:3 con i dati regionali Aspal dello stesso periodo”. Sono state più colpite dalla riduzione delle assunzioni le richieste di personale privo di titolo di studio o con la solo qualifica o diploma professionale rispetto a quelle per personale con livello secondario o universitario. Si tratta di un mercato ampio e correlato alle attività stagionali sia turistiche e commerciali – sottolineano le Acli – che copre la maggioranza delle richieste di risorse umane per contratti subordinati.
In sintesi, il personale con bassa qualifica o con la sola qualifica professionale è stato più esposto all’effetto Covid. La presenza di un titolo di studio elevato costituisce un elemento di difesa nelle variazioni del mercato del lavoro anche se si tratta solo di un terzo del mercato del lavoro per le imprese private quello che riguarda il personale diplomato (30%) o laureato (7%). Rispetto al dato nazionale dove i laureati sono il 10% delle assunzioni nel privato, in Sardegna lo spazio per i laureati appare ristretto (solo 7%) e li spinge verso gli spazi decrescenti della pubblica amministrazione o verso l’emigrazione.
In Sardegna il turismo si conferma il settore in cui è concentrato il dato negativo delle assunzioni nel 2020 qualunque sia il titolo di studio o la sua assenza con il calo complessivo del 42%.