Il covid provoca una polmonite più dura

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La polmonite provocata da Covid-19 è diversa da quella tipica, dura più a lungo e provoca più danni perché il virus compromette le cellule in modo dissimile rispetto ad altre condizioni. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Nature, condotto da oltre cento esperti della Northwestern Medicine, che hanno identificato il target da perseguire per trattare la polmonite causata da Covid-19 e ridurne la gravità, sviluppando un farmaco potenzialmente in grado di contenere gli effetti causati dall’infezione. “Le sperimentazioni cliniche con il nuovo farmaco avranno inizio nel 2021 – afferma Scott Budinger, della Northwestern Medicine – l’obiettivo è quello di sviluppare trattamenti che rendano il coronavirus non peggiore di un comune raffreddore”. Il team ha analizzato le cellule immunitarie dei polmoni di pazienti affetti da polmonite, confrontandole con le cellule di soggetti con polmonite provocata da altri virus o batteri. Per lo studio sono state eseguite analisi ad alta risoluzione del liquido polmonare di 342 pazienti con polmonite grave che necessitavano di ventilazione meccanica, 86 dei quali positivi a Covid-19 e 256 affetti da altre condizioni. Il gruppo di ricerca ha sviluppato un farmaco sperimentale per trattare macrofagi e cellule T e ridurre la risposta infiammatoria.
   “Sars-CoV-2 si insedia in aree più piccole del polmone – continua il ricercatore – invece di coinvolgere ampie regioni, poi dirotta le cellule immunitarie e le usa per diffondersi attraverso gli organi respiratori per molti giorni o addirittura settimane, come più incendi che si diffondono in una foresta”. Gli autori aggiungono che l’infezione si sposta lentamente attraverso il polmone, provocando poi danni ai reni, al cervello, al cuore e altri organi e alimentando febbre, pressione bassa e una serie di altre complicazioni cliniche. “Abbiamo identificato i macrofagi e le cellule T come gli obiettivi per trattare queste difficoltà e ridurre i danni causati dal nuovo coronavirus – sostiene l’esperto – I macrofagi, cellule tipicamente incaricate di proteggere il polmone, possono essere infettati da SARS-CoV-2 e contribuire alla diffusione dell’infezione attraverso il polmone”.  Gli scienziati sperano di rendere Covid-19 paragonabile a un brutto raffreddore. “Questo sforzo rappresenta una vera svolta nell’ambito della ricerca contro la pandemia – dichiara Richard Wunderink, docente di Medicina polmonare e Terapia intensiva a Feinberg e direttore medico della Terapia intensiva presso la Northwestern Medicine – è improbabile che il nuovo coronavirus scompaia completamente, anche se gran parte della popolazione verrà vaccinata. Lavori come questo sono fondamentali per lo sviluppo di trattamenti volti a ridurre la gravità della malattia”. Stando ai risultati dello studio, la mortalità tra i pazienti che necessitano ventilazione meccanica potrebbe essere meno elevata rispetto ai soggetti con polmonite tipica perché l’infiammazione causata da Covid-19 sarebbe meno significativa.   “Chi contrae l’infezione da coronavirus – sostiene Ben Singer, docente presso la Northwestern Medicine e terza firma dell’articolo – deve essere trattato con attenzione, per cui il sistema sanitario deve essere funzionale e non deve essere sopraffatto. Un numero sufficiente di letti e di operatori sanitari può mantenere la mortalità al 20 per cento, mentre in caso di difficoltà operativa i tassi di mortalità possono raddoppiare fino al 40 per cento”. “Il nostro lavoro è unico – conclude Alexander Misharin, della Northwestern Medicine e altro autore senior dell’articolo – perché abbiamo avuto modo di studiare la polmonite per anni prima del dilagare della pandemia, per cui eravamo pronti a raccogliere i fluidi polmonari in modo sicuro e sistematico. Abbiamo dimostrato le diversità tra la polmonite causata da Covid-19 e quella tipica e speriamo di avviare a breve la sperimentazione di un farmaco potenzialmente efficace contro gli effetti più gravi della malattia”.