Intanto, nell’esecutivo c’è chi inizia a perdere la pazienza con il blocco grillino e il clima si fa sempre più rovente
Si scrive MES, si legge caos. Una grana sul tavolo del Presidente del Consiglio Conte da diverso tempo, lasciata volutamente lì, in un angolino delle stanze del potere, per evitare che esplodesse la questione, con il Paese nel bel mezzo della seconda ondata e la difficile gestione che ne consegue, in scia a polemiche e criticità da risolvere. Ma, si sa, problema rimandato non vuol dire risolto. Anzi. Tanto che il dossier è tornato prepotentemente alla ribalta nelle scorse ore, destinato ad esplodere a stretto giro.
E il clima si fa sempre più rovente. Secondo quanto hanno riferito fonti di maggioranza, il MES è stato oggetto del confronto di ieri, nella riunione con il Premier Giuseppe Conte e i capi delegazione di maggioranza con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che il 30 novembre sarà all’Ecofin dove si discuterà, appunto, la riforma del Mes.
Nessuna novità ed è questo il dato preoccupante. Sul tema a dir poco spinoso le posizioni non sono cambiate: i 5 stelle da una parte continuano a fare muro mentre dall’altra PD e IV sono in pressing. Quel che è peggio è che nell’esecutivo c’è chi inizia a perdere la pazienza con il blocco grillino, che non ne vuole sapere di fare retromarcia, nonostante alcune timide aperture.
“Una posizione inspiegabile”, quella di M5S, “inspiegabile non aver ancora chiesto il Mes viste le criticità portate alla luce dalla pandemia” sostengono le solite fonti di maggioranza, come riportato dall’agenzia Adnkronos e “la difficoltà è che Conte non riesce a fare una sintesi”.
Sulla vicenda, la posizione del Premier è da tempo piuttosto chiara visto che più volte ha neanche tanto velatamente bocciato lo strumento, giudicato non necessario o comunque insufficiente.
“Abbiamo tantissime risorse, dobbiamo saperle spendere, abbiamo ingenti risorse nella legge di bilancio, abbiamo i fondi strutturali europei. Non ci mancano le risorse, ma abbiamo la necessità di cambiare passo. È quello che ci chiede l’Europa ed è quello che dobbiamo fare“, ha detto poche ore fa a OttoeMezzo.
Non è certo mistero, infatti, che la “torta” che ingolosisce non poco è il tesoretto in arrivo dall’Europa con i fondi del Recovery Fund, ma anche qui la strada è neanche a dirlo tutta in salita. Il veto di Polonia e Ungheria che blocca il bilancio UE e di conseguenza le risorse del Next Generation Ue, mette nei guai Roma.
Sull’argomento oggi è tornata la Presidente della Commissione Ue von der Leyen: “a luglio – ha detto – i leader si erano accordati su un meccanismo di condizionalità per le violazioni dello stato di diritto, che potrebbero mettere a repentaglio il bilancio dell’UE. Sono solo questi i casi” e la clausola “è una cosa corretta, necessaria, proporzionale. E’ difficile pensare che qualcuno abbia da ridire su questa soluzione. Ma se i dubbi restano, si può adire la Corte di giustizia europea, la sede dove risolviamo le differenze su testi giuridici”.
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