Un debito da 5 milioni di euro non iscritto a bilancio per la riqualificazione dell’ex area Westinghouse.
Nasce così l’inchiesta della Procura di Torino, affidata ai pm Marco Gianoglio ed Enrica Gabetta, che nell’ottobre 2017 inviano un avviso di garanzia alla sindaca di Torino Chiara Appendino, all’assessore al Bilancio Sergio Rolando e al capo di Gabinetto Paolo Giordana, ipotizzando il reato di falso ideologico e abuso d’ufficio.
Secondo gli inquirenti, che indagano anche il dirigente comunale Paolo Lubbia, il Comune avrebbe omesso di inserire nel bilancio 2017 i 5 milioni versati come caparra dalla società Ream, che durante la precedente amministrazione comunale guidata da Piero Fassino si era interessata alla riqualificazione dell’ex area Westinghouse, il cui progetto viene poi assegnato al gruppo Esselunga. A sollevare la questione erano stati i consiglieri di opposizione Alberto Morano e Stefano Lorusso, che avevano presentato un esposto in Procura ricostruendo la cronologia dei fatti ed evidenziando come la cifra non fosse mai stata restituita alla Ream. Ai magistrati si rivolgeranno in seguito anche i revisori dei conti di Palazzo civico, contrari a spostare la somma dal bilancio 2017 a quello dell’anno successivo.
Nel luglio 2017 la Guardia di Finanza si reca a Palazzo civico prelevando varia documentazione relativa all’area ex Westinghouse che finisce sul tavolo della Procura.
“Sono assolutamente serena e pronta a collaborare con la magistratura, certa di aver sempre perseguito con il massimo rigore l’interesse della città e dei torinesi”, scrive Appendino su Facebook dopo la notifica dell’avviso di garanzia, aggiungendo: “desidero essere ascoltata il prima possibile al fine di chiarire tutti gli aspetti di una vicenda complessa relativa all’individuazione dell’esercizio di bilancio al quale imputare un debito che questa amministrazione mai ha voluto nascondere”. Nel febbraio 2019, il gup Alessandra Pfiffner dispone una perizia tecnico-contabile sul rendiconto 2016 e sul bilancio di previsione 2017 del Comune di Torino, che viene poi discussa nel settembre successivo. In quei giorni, la sindaca ribadisce: “sono molto tranquilla, ho agito sempre nell’interesse della città. La perizia evidenzia delle criticità, ma non rispondo per quello che ha fatto l’amministrazione precedente. Per quanto mi riguarda, posso dire di aver gestito un debito di 5 milioni di euro che, è bene precisarlo, è maturato prima del mio arrivo e che è stato restituito nel gennaio 2018. Per quanto concerne la mia amministrazione il tema è se è stato corretto o meno restituire quel denaro nel 2018. Di certo, il debito non lo abbiamo generato noi e spiegheremo perché abbiamo deciso di imputarlo in questo modo”.
Nell’ottobre 2019, la sindaca annuncia che chiederà il giudizio abbreviato. “Penso che questa mia scelta – dice Appendino – garantendo una più rapida definizione del processo, vada nell’interesse anche del città che rappresento”.
Si arriva così al 6 febbraio scorso, quando i pubblici ministeri avanzano dinanzi al giudice le richieste di condanna: 1 anno e 2 mesi per Appendino e per l’assessore al Bilancio Sergio Rolando, un anno all’ex capo di gabinetto della sindaca Paolo Giordana. Il dirigente comunale Paolo Lubbia a differenza degli altri tre sceglie il rito ordinario e non quello abbreviato.
Nel pomeriggio di ieri la sentenza: Appendino è condannata a 6 mesi per il falso ideologico relativo all’anno 2016, mentre é assolta per l’abuso d’ufficio 2016 e 2017 e per il falso ideologico del 2017. Per quanto riguarda gli altri imputati, l’assessore comunale al Bilancio Sergio Rolando è stato condannato a 6 mesi come la sindaca Appendino, mentre all’ex capo di Gabinetto è comminata una pena di 8 mesi. Prosciolto, infine, il dirigente comunale Paolo Lubbia.