Perché non abbiamo mai visto gli alieni?

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L’Universo è così inimmaginabilmente grande ed è pieno di una quantità quasi infinita di mondi dove potenzialmente può esserci vita. Quindi dove diamine sono tutti?

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Dove sono gli alieni? Si sono già integrati tra noi oppure sono arrivati e delusi se ne sono andati via? Ci spiano dal cielo? Si nascondono in qualche galassia lontana? Oppure si sono già estinti? Sull’esistenza degli alieni, più in particolare di forme di vita extraterrestri intelligenti,  letteratura, cinema, musica e scienza hanno detto praticamente tutto e il contrario di tutto. Se si parla di ricerca di alieni e di teorie è d’obbligo partire da Enrico Fermi e dal suo celebre paradosso.

Ecco la storia di come è nata la famosa domanda di Fermi “Where is everybody?“, così come la ricorda così Edward Teller, un collega statunitense dello scienziato italiano:

“Stavo passeggiando con Fermi e altri verso il Fuller Lodge. Stavamo andando a pranzo. Camminando, chiacchieravamo scherzosamente di un argomento che ricordo essere vagamente collegato ai viaggi spaziali. Non posso dirlo con certezza, ma mi pare stessimo parlando dei dischi volanti e del fatto che naturalmente non fossero reali”.

Ricordo anche che fu proprio Fermi a sollevare esplicitamente la questione, chiedendomi cosa ne pensassi e quanto ritenessi probabile che entro i dieci anni successivi avremmo osservato un oggetto materiale muoversi più veloce della luce.

Risposi “10-6“, e Fermi disse che era una probabilità troppo bassa. Secondo lui era superiore al dieci per cento. Qualche minuto dopo, mentre stavamo pranzando e parlando di tutt’altro, Fermi se ne uscì con la domanda “Ma allora dove sono tutti?”, che provocò una risata generale perché, nonostante la frase fosse totalmente avulsa dal contesto, tutti capimmo che stava parlando della vita extraterrestre.

Il paradosso di Fermi si riassume solitamente nel seguente ragionamento: dato l’enorme numero di stelle nell’universo osservabile, è naturale pensare che la vita possa essersi sviluppata in un grande numero di pianeti e che moltissime civiltà extraterrestri evolute siano apparse durante la vita dell’universo. Da tale considerazione nasce la domanda:

«Se l’Universo e la nostra galassia pullulano di civiltà sviluppate, dove sono tutte quante?»

Oppure:

«Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non ne abbiamo ancora ricevuto le prove, come trasmissioni radio, sonde o navi spaziali?»

Questo quesito serve di solito come monito alle stime più ottimistiche dell’equazione di Drake, un’equazione formulata dall’omonimo astronomo e astrofisico nel 1961 e utilizzata per provare a stimare il numero di civiltà extraterrestri esistenti in grado di comunicare nella nostra galassia.

La formula dell’equazione di Drake è la seguente:

N=R^{{*}}~\times ~f_{{p}}~\times ~n_{{e}}~\times ~f_{{l}}~\times ~f_{{i}}~\times ~f_{{c}}~\times ~L

Dove:

  • N   è il numero di civiltà extraterrestri presenti oggi nella nostra galassia con le quali si può pensare di stabilire una comunicazione;
  • R*   è il tasso medio annuo con cui si formano nuove stelle nella Via Lattea;
  • fp    è la frazione di stelle che possiedono pianeti;
  • ne   è il numero medio di pianeti per sistema planetario in condizione di ospitare forme di vita;
  • fl    è la frazione dei pianeti ne su cui si è effettivamente sviluppata la vita;
  • fi    è la frazione dei pianeti fl su cui si sono evoluti esseri intelligenti;
  • fc    è la frazione di civiltà extraterrestri in grado di comunicare;
  • L    è la stima della durata di queste civiltà evolute

Alcuni di questi fattori, al momento, sono abbastanza noti: nella Via lattea, per esempio, nasce in media una nuova stella ogni anno e vi risiedono centinaia di miliardi di pianeti, un quinto dei quali si troverebbero nella zona abitabile.

Sugli altri fattori, invece, brancoliamo ancora nel buio e molte delle assunzioni avanzate finora sono semplici speculazioni o poco più: per questo, il valore di N è compreso in una forbice ancora molto allargata, che va da uno a diecimila.

Certo è che se il numero fosse davvero dell’ordine delle decine di migliaia, la questione posta da Fermi suonerebbe ancora più paradossale: dove diavolo sono tutti quanti?

Il “paradosso” nasce proprio dal contrasto tra l’affermazione che non siamo soli nell’Universo, da molti condivisa e sostenuta basandosi anche sulle stime effettuate con l’equazione di Drake, e i dati osservativi che contrastano con questa ipotesi.

Quindi o l’intuizione e le stime come quelle di Drake sono errate, o la nostra osservazione/comprensione dei dati è ancora molto incompleta.

È certo che non smetteremo di cercarli, ma anzi la ricerca della vita oltre il nostro Pianeta è diventata una missione scientifica ufficiale della NASA, che ha pianificato una campagna di ricerca per i prossimi dieci anni.

Helen Sharman, chimica e prima astronauta inglese a raggiungere la stazione spaziale MIR nel 1991, ha dichiarato recentemente che possiamo anche andare a cercare gli alieni in mondi lontani, ma in realtà potrebbero già vivere tra noi. Se non riusciamo a identificarli è perché non hanno la forma umanoide che abbiamo sempre immaginato, e soprattutto sono basati su una chimica e una genetica totalmente diverse dalle nostre.

Proprio oggi è uscito un nuovo studio condotto dall’Università di Nottingham e pubblicato su The Astrophysical Journal che ha adottato un nuovo approccio per stimare il numero di possibili civiltà intelligenti extraterrestri.

Usando il presupposto che la vita intelligente si può formare su altri pianeti in modo simile a quanto è accaduto sulla Terra, i ricercatori hanno ottenuto una stima del numero di civiltà intelligenti all’interno della nostra galassia, la Via Lattea. Calcolano che potrebbero esserci oltre 30 civiltà intelligenti comunicanti e attive solo nella nostra galassia.

Il professore di astrofisica all’Università di Nottingham, Christopher Conselice, che ha guidato la ricerca, spiega:

“Dovrebbero esserci almeno una dozzina di civiltà attive nella nostra Galassia, supponendo che occorrano 5 miliardi di anni perché la vita intelligente si formi su altri pianeti, come sulla Terra”.

Conselice dice anche che l’idea sta nel guardare all’evoluzione su scala cosmica. Chiamiamo questo calcolo il limite astrobiologico copernicano. Il primo autore Tom Westby spiega:

“Il metodo classico per stimare il numero di civiltà intelligenti si basa sull’ipotesi di valori relativi alla vita, per cui le opinioni su tali questioni variano in modo abbastanza sostanziale”.

Il nostro nuovo studio semplifica queste ipotesi utilizzando nuovi dati, dandoci una solida stima del numero di civiltà nella nostra galassia. Per fare queste stime bisogna tenere in considerazione il limite astrobiologico copernicano, che applica la teoria dell’evoluzione su scala cosmica, calcolando il tempo medio necessario alla comparsa di una civiltà come quella umana: si presuppone che sono la vita intelligente si possa creare in un lasso di tempo che sta intorno ai 5 miliardi di anni in maniera simile a quello che è avvenuto sulla Terra in cui si è formata una civiltà comunicante dopo 4,5 miliardi di anni.

Ipotizzando un contenuto di metallo uguale a quello del Sole (il Sole è relativamente ricco di metalli), i ricercatori calcolano che dovrebbero esserci circa 36 civiltà attive nella nostra Galassia. Tuttavia, la distanza media da queste civiltà sarebbe di 17000 anni luce di distanza, e questo rende ovviamente molto difficile il rilevamento e la comunicazione con la nostra tecnologia attuale. È anche possibile che siamo l’unica civiltà all’interno della nostra Galassia a meno che i tempi di sopravvivenza di civiltà come la nostra non siano più lunghi.

Il professor Conselice continua:

“La nostra nuova ricerca suggerisce che la ricerca di civiltà intelligenti extraterrestri non solo serve anche a studiare meglio come si forma la vita, ma ci fornisce anche indizi su quanto durerà la nostra stessa civiltà. Se scopriamo che la vita intelligente è comune, allora questo potrebbe indirettamente dirci che la nostra civiltà potrebbe esistere per molto più di qualche centinaio di anni, in alternativa se scopriamo che non ci sono civiltà attive nella nostra Galassia possiamo immaginare che questo sia un brutto segno per la nostra esistenza a lungo termine”.

In altre parole i ricercatori affermano che cercare una vita intelligente extraterrestre, anche se fosse vano, ci farebbe comunque scoprire qualcosa di più sul nostro futuro e sul nostro destino.

Leganerd.com