di Cesare Lanza per La Verità
Alessandro Di Battista


Non fa nessun passo indietro dopo essersi scontrato con Grillo. E, intervistato, insiste: «Ho parlato di congresso e delle mie idee, Beppe mi ha mandato a quel paese. Amen». Di Battista è tornato in prima linea: vuole un congresso e una sfida trasparente per la guida del Movimento. E ha costretto Grillo a uscire da un lungo silenzio per blindare il governo.
Gunnar Nordahl


Sconcerti ha rivelato che quando il goleador arrivò a Milano (ingaggiato dal Milan), nel gennaio 1949, scese dal treno in maniche corte e camicia hawaiana. Pensava di essere giunto in un’Italia illuminata dal sole. Invece c’era la nebbia e la neve. A Nordahl venne subito la febbre e saltò la prima partita. Poi formò l’indimenticabile trio Gre-No-Li.
Carlo Bonomi


Il presidente degli industriali partecipa ai criticati Stati generali voluti da Conte, ma alla vigilia si conferma un critico inesausto del premier: «Mi sarei aspettato che nelle convocazioni a Villa Pamphili il governo presentasse un cronoprogramma con gli effetti attesi, tempistiche, effetti sul Pil. Tutto questo non l’ho visto». Una stroncatura che indica un’opposizione senza indulgenze.
Gwyneth Paltrow


Una cosa è certa: sa badare con scaltrezza ai suoi affari. Ha fondato un’azienda specializzata in erotismi d’ogni genere e ne divulga i prodotti senza alcuna timidezza. Si parla di un impero di 250 milioni di dollari. L’ultimo «lancio»? Una candela speciale al profumo di vagina, in vendita su Goop (il suo portale di ecommerce) al modico prezzo di 75 dollari.
Filippo Timi


Si distingue nell’eterno dibattito sulla rivalità tra Roma e Milano: dove si sta meglio, quale città è preferibile? Perché ha lasciato Roma per vivere a Milano? A differenza di tanti che non si sbilanciano, il popolare attore è andato dritto per dritto: «Roma è magnifica per fare l’amore e guardare i tramonti, ma Milano si addice di più al mio ribollire creativo».
Antonio Conte


La semifinale con il Napoli era cominciata nel miglior modo possibile: Inter davanti dopo due minuti, per una colossale svista della difesa di Rino Gattuso. E invece a uscire è stato Conte, incapace di cambiare i suoi schemi offensivi senza fantasia. Ora i dissensi cominciano a farsi sentire: c’era proprio bisogno di mandare a casa Luciano Spalletti?