In tasse due terzi del fatturato. Il total tax rate (carico fiscale) delle pmi italiane e dei professionisti supera il 64% del fatturato. Per una impresa o partita Iva che fattura 50 mila euro l’anno, il prelievo fiscale complessivo è di circa 33.200 euro, a fronte dei quali il guadagno netto è di 17.800 euro. A questa percentuale si arriva sommando tasse, sia acconti sia saldi, contributi previdenziali, pagamenti vari, tra cui quelli alle camere di commercio, e altri oneri obbligatori. È questa la stima del Centro studi di Unimpresa.
Professionisti e imprese italiane si vedono così sempre più tassate. Calcolando, infatti, 12 mesi di attività, secondo associazione che rappresenta le piccole e medie imprese, il profitto, al netto delle tasse, è di circa 1.483 euro, mentre nelle casse dello stato si versano, ogni 30 giorni, circa 2.766 euro.
In particolare, su un fatturato di 50 mila euro, si pagano: 13.625 euro di saldo Irpef, 5.241 di acconto Irpef, 956 euro di addizionale regionale Irpef, 236 euro di addizionale comunale Irpef, 71 euro di acconto addizionale comunale Irpef, 53 euro come diritti alla Camera di commercio, 1.689 euro di Irap, 797 euro di acconto Irap, 7.191 euro di contributi previdenziali, 3.779 di acconto contributi previdenziali.
Il totale dei versamenti è quindi pari a 33.248 euro, portando il total tax rate sopra il 64,5%.
«È una situazione che vale la pena riproporre al centro dell’attenzione e al centro dell’agenda politica, a pochi giorni dall’approvazione dell’ennesima legge di bilancio che si proponeva di essere come la svolta, proprio sul fronte della riduzione della pressione fiscale, e invece non ha cambiato alcunché. Perché sarà pur vero che è stata evitata la stangata da oltre 20 miliardi di euro con l’aumento delle aliquote Iva (e comunque è solo un rinvio, quindi fra 12 mesi ci risiamo), ma il peso delle tasse sui contribuenti, sia famiglie sia imprese, non è cambiato affatto. Certo, ci sono micro-misure e agevolazioni di qua e di là, che tuttavia non sono in grado di modificare il quadro generale, ma riescono (forse) a garantire un po’ di consenso nei collegi elettorali» afferma Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa.
«Chi fa impresa in Italia, oggi, ha molto coraggio», continua, «una prova di tenacia e resistenza che durano da decenni, assai difficile da decrittare. Passione per il proprio lavoro e determinazione sono i pilastri dell’imprenditoria italiana e del made in Italy. Ma è una sorta di credito di cui tutti i governi si approfittano – continuando a premere sull’acceleratore del fisco – e che, adesso, però, sta andando in sofferenza. Se si ferma la piccola impresa, si ferma tutto».
Giulia Provino, ItaliaOggi