Do.More, fare di più: già dal nome la nuova strategia di sostenibilità di Zalando ammette le colpe dell’industria della moda che, finora, non ha fatto abbastanza per limitare il proprio impatto ambientale. Rubin Ritter, co-CEO della piattaforma di e-commerce (28 milioni di clienti, 17 mercati attivi), lo dice senza troppi giri di parole durante il keynote che si è tenuto oggi a Berlino per la presentazione alla stampa del nuovo piano d’azione ambientale. «Il settore del fashion non è ancora sostenibile per molte ragioni, dalla breve durata della vita dei capi d’abbigliamento al modo in cui spediamo o ritiriamo i prodotti», ha spiegato Ritter. «Per questo da oggi Zalando ha scelto di inaugurare una nuova strategia che prevede impegni concreti e nel breve termine, basati su parametri condivisi dalla comunità scientifica: la nostra aspirazione come azienda è smettere di essere parte del problema e diventare invece parte della soluzione».
Abbattimento delle emissioni
La strategia, strutturata in sei impegni concreti, parte dalla necessità di abbattere del tutto la “carbon footprint” dell’azienda. Dal 2019 le sedi di Zalando operano con energie rinnovabili al 90%, ma lo scopo è di abbattere da subito le emissioni, comprese quelle generate dalle operazioni di consegna e reso. Dal prossimo anno l’e-commerce lavorerà a target ancora più concreti con l’aiuto di esperti di settore e scienziati, per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi in ampio anticipo. Tra le soluzioni già in fase di test, ci sono ad esempio delle flotte di veicoli elettrici per la consegna e un sistema di checkout tramite cui i clienti possono contribuire a sostenere le iniziative green dell’azienda. Abbattere le emissioni del 100% fin da subito non è possibile, perché il cambiamento richiede tempo. Per questo nel frattempo Zalando procederà all’azzeramento della propria “impronta” acquisendo crediti di carbonio.
In risposta a una richiesta di chiarimento de La Stampa, Ritter ha affermato che non si tratterà in alcun modo di un’azione di green washing: «acquistiamo crediti di carbonio solo da enti certificati che supportano progetti affini alla cultura aziendale, ed è solo una soluzione temporanea legata alla volontà di agire subito e prendere tempo per attuare cambiamenti strutturali».
Addio alla plastica monouso
L’altro aspetto fondamentale della strategia Do.More è l’eliminazione di tutti gli imballi di plastica monouso per le consegne entro il 2023. Già oggi le scatole usate da Zalando per spedire la merce sono realizzate in materiale riciclato al 100%, così come le beauty bags, mentre le buste sono composte all’80% da plastica riciclata.
Sempre entro il 2023 l’azienda punta a generare il 20% del volume di vendita della merce con prodotti marchiati come sostenibili. «Vogliamo inoltre applicare il principio di circolarità per estendere il ciclo di vita di almeno 50 milioni di prodotti entro quattro anni», ha spiegato ancora Ritter. Per riuscirci l’azienda prevede non solo di educare e incentivare i clienti per cambiare l’approccio alla cura del guardaroba, ma investirà anche sulla rivendita con iniziative come Zalando Wardrobe, una sezione della piattaforma dedicata ai capi usati.
La sostenibilità delle attività di una grande azienda passa però anche per la gestione equa della forza lavoro lungo tutta la filiera. E così due dei sei punti della strategia Do.More di Zalando riguardano l’impegno alla formazione continua dei dipendenti in attività a prova di futuro (come la programmazione o le soft skill manageriali) e l’adesione ai più stringenti standard della Sustainaible Apparel Coalition, un consorzio di grandi aziende che mira a standardizzare la misurazione dell’impatto sociale dell’industria della moda.
La domanda per i prodotti sostenibili
Ma perché Zalando ha deciso di seguire questa nuova strada proprio adesso? Si tratta forse di una scelta guidata dal marketing in un momento in cui pensare alla sostenibilità è, per l’appunto, di moda? In parte sì, ed in fondo è bene che sia così se questa necessità porta a un cambiamento reale. Nel corso dell’ultimo anno, ha spiegato Ritter, le ricerche di capi di abbigliamento e accessori “sostenibili” ed ecologici sono aumentata del 66%, più di qualsiasi altro analogo indicatore.
C’è, insomma, una domanda concreta per la “moda sostenibile” e la strategia dell’azienda è anche inevitabilmente una risposta a questa nuovo trend favorito dai movimenti ecologisti emersi negli ultimi due anni.
«Credo inoltre che seguire un percorso di sostenibilità ambientale sia una necessità intrinseca di qualsiasi azienda, oggi», ha aggiunto Ritter. «Da un punto di vista puramente strategico, io credo che le aziende che non abbracciano il prima possibile la sostenibilità siano destinate a sparire».
Crescita e sostenibilità
Non è tutto così semplice, naturalmente, perché avviare una strategia come quella inaugurata oggi da Zalando significa anche accettare che questi cambiamenti possano avere un impatto negativo sui fatturati futuri e sulla crescita. Gli economisti del resto si interrogano da anni sulla possibilità di sposare crescita e sostenibilità, ma una vera risposta ancora non c’è, almeno non se per crescita si intende soltanto il puro indicatore economico.
«La crescita intesa come puro indicatore di valore economico non può essere sostenibile, di per sé», spiega l’economista André Reichel, Professore di Management Internazionale all’IST di Stoccarda, durante un intervento a margine del keynote del Co-CEO Ritter. «Ma la crescita può passare anche per un ampliamento della gamma dei ‘valori’, al plurale, a includere anche indicatori sociali e ambientali». L’invito, nello specifico, è a stabilire una nuova visione comune, condivisa dalle aziende leader dei vari settori, e a fare azione di persuasione sulla politica, per rendere più stringenti le regole sull’adeguamento climatico.
«L’obiettivo è riuscire a slegare la crescita dal peso sulla società», ha concluso Kate Heiny, Direttore per la Corporate Responsibility & Sustainability di Zalando. «È quello che cerchiamo di fare con la nostra nuova strategia. Non pretendiamo di avere già una risposta o una soluzione, perché nessuno ce l’ha. Ma ci stiamo impegnando attivamente a cercarla».
Andrea Nepori, La Stampa