L’intesa definitiva ancora non c’è, e ci sarà tempo per definirla entro il 31 gennaio. Ma intanto sembra sbloccarsi positivamente il braccio di ferro tra governo e ArcelorMittal sul destino del gruppo ex Ilva: in questi minuti i commissari straordinari dell’ex Ilva e i rappresentanti del colosso dell’acciaio francoindiano stanno siglando un accordo di massima per negoziare e concludere – appunto entro gennaio prossimo – una intesa che vedrà la ristrutturazione del vecchio contratto di affitto e vendita degli stabilimenti, e una generale operazione finanziaria di rilancio del polo siderurgico con base a Taranto. Di conseguenza, ArcelorMittal rinuncia al tentativo di abbandonare Ilva e conferma la sua presenza in Italia, e il governo rinuncia a perseguire le vie legali per obbligare l’azienda a rispettare il vecchio contratto. «L’accordo – ha annunciato l’avvocato Ferdinando Emanuele, legale di Arcelor Mittal prima dell’inizio dell’udienza fissata per questa mattina davanti al giudice Claudio Marangoni – darà tempo fino a metà gennaio per negoziare». E naturalmente, i legali dei commissari chiederanno un rinvio della causa in corso. Il testo dell’accordo per adesso contiene soltanto dei principi di massima che dovranno poi attraverso il negoziato essere definiti nei dettagli: ad esempio, l’investimento della multinazionale franco indiana, le modalità e l’ammontare dell’importo dell’intervento statale, il percorso di decarbonizzazione dell’acciaieria di Taranto, i volumi produttivi annuali, gli eventuali esuberi. Secondo le indiscrezioni di stampa, comunque, il governo sarebbe disposto a mettere sul piatto nell’operazione Ilva circa 3 miliardi di euro, tra vecchie e nuove risorse. Un miliardo servirà per l’ingresso nell’azionariato della nuova azienda (Aminvestco Italy) dello Stato, in modalità da definire, con una quota variabile tra il 30 e il 49%. Un altro miliardo, più o meno, servirà per costruire una nuova società che produrrà il minerale di ferro «preridotto» con il gas necessario per alimentare i due forni elettrici che dal 2023, secondo il piano del governo, dovrebbero affiancare gli altiforni 4 e 5 consentendo una parziale decarbonizzazione, mantenendo la produzione annuale a 8 milioni di tonnellate di acciaio. Questa nuova società, si apprende, è aperta ad altri investitori privati e potrebbe beneficiare di sussidi europei alla decarbonizzazione. Un altro miliardo circa (700 milioni sono già stanziati) saranno usati a vario per titolo per il rilancio del territorio di Taranto.
Roberto Giovannini, Lastampa.it