Nella sanità la vita è più cara

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Cala il potere d’acquisto delle professioni sanitarie. Negli ultimi dieci anni, il valore delle retribuzioni degli operatori del Servizio sanitario nazionale è calato di 3.160,5 euro (-6,33%) se messo in relazione con il costo della vita. Lo scotto più grosso lo pagano le professioni sanitarie tecniche, con una perdita del 10%, seguite da medici, infermieri, riabilitatori e personale di vigilanza e di ispezione (- 8/9%). È quanto emerge dal report elaborato dal Centro studi della Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche (Fnopi) che riporta i dati sullo stato di salute del Servizio sanitario nazionale e i cambiamenti che sono avvenuti dal 2009 al 2017.

In media, i professionisti sanitari (tutti, trasversalmente alle singole professioni) nel 2009 guadagnavano 49.950 euro che nel 2017 sono diventati 51.270, con un incremento di poco più di 1.720 euro. «Ma è un finto aumento», si legge nel report, «perché riportando il valore dello stipendio del 2009 al costo della vita del 2017, applicando l’indice di parità di potere d’acquisto ufficiale (1,085), il valore della retribuzione pesa in realtà 3.160,5 euro in meno del 2009 (-6,33%)».

Mediamente, la perdita di potere di acquisto va dal massimo del -10% per le professioni sanitarie tecniche al -8/9% di medici, infermieri, riabilitatori e personale di vigilanza e ispezione fino al -5,8% dei veterinari, al -4,8% dei dirigenti non medici e al -1,2% degli odontoiatri. «Gli aumenti proposti per il nuovo contratto», afferma il Centro studi Fnopi (3,50%) raggiungerebbero una media di circa 144,68 euro in busta paga al personale Ssn, che in realtà sono tra i 180 e i 201 circa per i dirigenti e 83,67 per il comparto, ma la perdita di potere di acquisto va in valore assoluto dai quasi 6.500 euro dei medici (il cui stipendio è più alto di quello degli altri professionisti) ai circa 2.500 euro del personale con funzioni riabilitative, lasciando fuori l’eccezione degli odontoiatri (-758,06) i cui valori sono viziati dal fatto di essere solo 163 i dipendenti nel 2009 e la metà nel 2017». Dall’analisi delle retribuzioni medie nel 2017 emerge, inoltre, che gli stipendi vanno dagli oltre 72 mila euro l’anno dei medici e dei veterinari «senza indennità come quella di esclusiva per esempio, che va dai 2.325 euro/anno di un neo assunto agli oltre 17 mila euro/anno di un primario: da circa 194 euro a poco più di 1.421 euro al mese in più» a poco più di 29 mila euro l’anno del personale con funzioni riabilitative.

Oltre al potere d’acquisto, le difficoltà del sistema sanitario nazionale sono legate alla composizione degli organici. Infatti, dal 2009 si sono persi 25.230 professionisti. «In realtà a diminuire sono stati in 27.383. Ma solo in alcune regioni e solo poche figure professionali sono aumentate, in tutto il paese, di 2.153 unità». L’emorragia maggiore è degli infermieri, che hanno perso in otto anni 12.422 professionisti e ne hanno guadagnati appena 456, con un saldo negativo di -11.966. Li seguono i medici, con 7.933 unità di personale perduto e 787 guadagnato e un saldo anche in questo caso negativo (ma è negativo per tutte le professioni) di -7.146 camici bianchi. «Si calcola che la carenza di infermieri, già importante soprattutto al Nord, aumenti ogni anno a causa dello squilibrio tra i pensionamenti (17 mila all’anno) e le nuove assunzioni (8 mila all’anno). L’Italia ha meno infermieri che dottori, la maggior parte dei quali (70%) lavorano in strutture pubbliche», conclude il rapporto Fnopi.

Michele Damiani, ItaliaOggi