Il maestro del Neoclassicismo copiato da un robot che in poco più di 10 giorni ha scolpito nel marmo una delle sue opere più famose, Amore e psiche: una tecnologia che servirà a mostrare al grande pubblico opere che non possono essere trasportate.
Ha impiegato 270 ore per riprodurre uno dei capolavori della storia dell’arte: Amore e psiche, il gruppo scultoreo che Antonio Canova ha impiegato cinque anni a completare, nel 1793. Protagonista dell’impresa, non uno scultore ma un braccio robotico, Robotor, che, partendo da una scansione 3D di un gesso dell’opera esposta al Louvre di Parigi, ne ha realizzata una copia perfetta lavorando senza sosta su un blocco di marmo bianco di Carrara del peso di 10 tonnellate.
Il lavoro dell’automa è visibile nel cortile di Palazzo Braschi, a Roma, nell’ambito di Eterna bellezza, mostra sull’arte di Canova (fino al 15 marzo 2020), dove sono esposte oltre 170 opere provenienti, fra gli altri, dall’Ermitage di San Pietroburgo, dai Musei Vaticani, dal Museo Canova di Possagno, dal Musèe des Augustuns di Tolosa e dal Museo archeologico di Napoli.
Perché un’operazione del genere? Il progetto, realizzato nell’ambito di Magister (format espositivo di Cose Belle d’Italia Media Entertainment), vuole proporsi come possibile soluzione per mostrare al grande pubblico capolavori complessi da trasferire da un museo all’altro, o impossibili da esporre. «Vogliamo valorizzare nel mondo i grandi maestri dell’arte attraverso la tecnologia e la multimedialità», spiega Renato Saporito (di Magister): «dopo Giotto e Canova, stiamo mettendo a punto una grande mostra dedicata a Raffaello per i 500 anni dalla sua morte, nel 2020.»
Il processo di lavorazione è un complesso lavoro condotto da un software molto avanzato, che studia il blocco di marmo grezzo per identificare i punti dove inserire la scultura, programma la sequenza delle lavorazioni, seleziona il tipo di utensile da usare nelle diverse fasi – dalla sgrossatura alla finitura. Il braccio-robot si muove grazie a numerosi servomeccanismi sugli snodi, che più sono, più mobilità conferiscono alla macchina.
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