E Video assistente arbitrale è nato per aiutare chi dirige una partita a prendere le giuste decisioni. E invece dilagano le polemiche sulla discrezionalità. In altri sport gli allenatori possono chiedere l’intervento televisivo almeno due volte per match. E tutti vedono

(di Cesare Lanza per LaVerità) Sta sconquassando, speriamo non definitivamente, il mondo del calcio, già tormentatissimo: si chiama il Var (è corretta la formulazione maschile, come ha stabilito anche l’Accademia della crusca, tuttavia molti insistono a citarlo al femminile), ovvero il Video assistente arbitrale. Traduzione dall’inglese di Video assistant referee (arbitro). In parole più povere, la moviola invocata da lustri – che aiuta, più precisamente: dovrebbe aiutare, gli arbitri delle partite di calcio a prendere giuste decisioni, grazie alla possibilità di una verifica televisiva immediata. Problemi risolti? Purtroppo, assolutamente no. L’ultimo devastante episodio riguarda il derby tra Torino e Juventus: il difensore bianconero Matthjis De Ligt tocca il pallone con il braccio, ma l’arbitro Daniele Doveri non concede il rigore alla squadra granata (che alla fine perde per 0-1). In una partita precedente, a Lecce, lo stesso De Ligt aveva allontanato – analogamente – il pallone con un braccio e l’arbitro Paolo Valeri aveva assegnato il rigore alla squadra pugliese. A seguire, dopo i due episodi (e molti altri) polemiche roventi, che di certo non si spegneranno, anzi prevedibilmente si moltiplicheranno. Nelle intenzioni di chi ha deciso di introdurlo, il Var avrebbe dovuto portare giustizia e certezza di giudizi, nelle partite di calcio. Non è stato affatto così. Al contrario: le polemiche dilagano. Per molte ragioni, a mio parere le principali sono queste:
- il regolamento non è chiaro;
- alcuni arbitri, forse scontenti per aver perduto la facoltà di decidere senza vigilanze televisive si comportano come vogliono, senza cura per le regole;
- le decisioni sono contraddittorie, vedi gli episodi di Lecce-Juventus e subito dopo di Torino-Juventus;
- non è chiaro quando l’arbitro possa, o debba, ricorrere al Var;
- ciliegina sulla torta, l’irriducibilità dei tifosi, anche di fronte all’evidenza.
Cosa si può fare, allora, per evitare che lo sport più amato dagli italiani diventi sempre meno credibile e rischi di essere rovinato dagli errori arbitrali? Prima decisione da prendere: il sorteggio totale per le designazioni nelle varie partite. Oggi, spesso infischiandosi del Var, gli arbitri indispettiscono i giocatori e il pubblico assai più di prima. Non credo che gli arbitri siano diffusamente corrotti. Però i club hanno la facoltà di considerare «indesiderabili» alcuni arbitri, non graditi. E questa assurdità porta la maggioranza degli arbitri a una (consapevole o no) sudditanza psicologica verso j club più potenti e popolari. È umano, direi: chi di noi, se fossimo arbitri, vorrebbe essere escluso dalla possibilità di dirigere Juventus-Inter o Milan-Roma, ed essere invece designato a partitine di seconda o terza fascia? Il sorteggio eliminerebbe questo problema: ricordo che fu applicato solo due volte e lo scudetto andò al Verona e alla Sampdoria, club rispettabili, ma non certo tra i più potenti nel Palazzo del calcio. Semplice coincidenza? Ma torniamo al Var, che sta infuocando gli animi, anziché tranquillizzarli. Una decisione immediata dovrebbe essere quella di attribuire agli allenatori la possibilità di chiedere l’intervento televisivo almeno due volte durante la partita. Come succede in altri sport. E con la televisione, visibile per tutti, come nel tennis (per verificare se la pallina è dentro o fuori) o nella pallavolo. Questa regola ridurrebbe l’arroganza, o la noncuranza, di certi arbitri, che a volte ignorano le scorrettezze più gravi e plateali, senza neanche sentire la necessità di rivolgersi alla moviola. Bisognerebbe poi rendere più chiaro, divulgandolo, il regolamento, oggi complicato e astruso anche per gli addetti ai lavori. Infine, un dubbio e un paradosso. Il dubbio: i grandi club (direi abitualmente privilegiati) come reagirebbero di fronte all’esigenza di una maggior trasparenza? Il paradosso: si va allo stadio per vedere la partita da vicino, finirà che tutto sarà deciso dalla televisione e quindi potremo restare comodamente a casa sul divano (fantozzianamente: pizza, birra e rutto libero).