
Greta Thunberg va bene ma se c’è da mettere mano al portafoglio… Gli italiani, secondo i sondaggi, sono sensibili ai temi ambientali ma dalle buone intenzioni alla realtà dei comportamenti il passo è lungo. Una ricerca promossa da Consumerlab ed Etica e condotta da Markonet ha monitorato gli investimenti green da parte dei risparmiatori: a metà 2019 il patrimonio dei fondi Esg (quelli con certificati criteri ambientali, sociali e di governance sostenibili) aveva superato in Europa i mille miliardi di euro ma il contributo dei risparmiatori italiani è stato appena di 22 miliardi. Nella Top 10 degli asset manager europei per fondi Esg non è presente alcun gestore italiano.
Dello scarso interesse della finanza italica verso l’economia green si parlerà a Ecomondo, la fiera sull’ambiente che si apre oggi a Rimini (fino all’8 novembre). Per dare il buon esempio la rassegna metterà in vetrina 16 startup che propongono prodotti e servizi ecocompatibili, alla ricerca di risorse per affrontare il mercato. Interverrà Janneke van Veen, della Commissione europea, per spiegare in che modo ottenere gli incentivi Ue.
Tra gli stand, quello di Asja, che promuove il passaggio dal metano al biometano, con impianti all’avanguardia, mentre Lemon è un progetto (di alcuni enti per l’edilizia popolare) per sviluppare l’efficienza energetica nell’edilizia pubblica premiando il risparmio degli utenti con un bonus sulla tariffa, la multiutility Hera presenta un accordo con McDonald’s per la raccolta differenziata nella catena di fast food, Cefla Engineering propone le innovative tecnologie per gli impianti di recupero termico e la depurazione dei flussi gassosi, Enermìa è invece una giovane impresa che «non si ferma alla progettazione e fornitura dell’infrastruttura di ricarica dell’auto elettrica ma si spinge oltre con servizi che spaziano dalla gestione dei pagamenti alla fatturazione, dallo sviluppo di app e interfacce di servizio per l’utente finale, all’assistenza clienti». Domani è previsto un summit, a cura di Gorent, sulle nuove tecnologie per le auto ad idrogeno ed elettriche. Sul fronte dei trasporti, sebbene l’Italia sia il Paese col più elevato numero di auto – 613 ogni 1.000 abitanti – a fronte di 10 nuove vetture immatricolate se ne producono negli stabilimenti nazionali circa 4. In Francia salgono invece a 8, in Germania a 17 e in Spagna a 20. Il calo della produzione di vetture tradizionali ormai non è recuperabile, ma bisogna prestare maggiore attenzione perché il gap non si riproduca anche per i nuovi mezzi ecologici.
C’è poi lo stand dei frati di Assisi che stanno realizzando un progetto di sostenibilità (acqua, rifiuti, energia) del complesso monumentale e del convento (che accoglie migliaia di pellegrini) nell’ambito dell’iniziativa «M’illumino di meno», lanciata dalla trasmissione di RadioRai Caterpillar. Infine Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, annuncia di avere raggiunto nel 2019 quasi un miliardo di euro tra materia prima recuperata, energie prodotta dal recupero e attività dell’indotto. Dice il presidente del Conai, Giorgio Quagliuolo: «La percentuale di imballaggi recuperati è ormai pari all’80,6% (10,7 milioni di tonnellate), in pratica sono stati raggiunti gli obiettivi di riciclo imposti dall’Unione Europea al 2025. Inoltre possiamo vantare quasi 4 milioni di tonnellate di CO2 non prodotta in un anno grazie al riciclo di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro. Un risparmio che equivale a 9.190 tratte aeree Roma-New York andata e ritorno».
Insomma, tra tanti gap l’Italia può vantare un primato europeo e in un settore, quello del riciclo, che ha un impatto diretto sull’ambiente. Sottolinea Paola Ficco, membro dell’Osservatorio Nazionale Rifiuti: «Il modello dell’economia circolare si basa sulla razionalizzazione del ciclo produttivo, l’innovazione, la spinta e il recupero degli scarti. Secondo le stime della Commissione Ue nel 2025 il risparmio di materie prime per l’industria europea potrebbe essere di circa 400 miliardi di euro».
Infine, la diatriba sulla tassa sulla plastica con una via d’uscita proposta ad Ecomondo: anziché colpire duramente (e improvvisamente) la plastica tradizionale, con ripercussioni su aziende e occupazione, avviare un programma di incentivazione pluriennale di riconversione alla bioplastica. Conclude Fabio Fava, docente all’ università di Bologna e presidente del comitato tecnico di Ecomondo: «Il sistema economico delle bioplastiche è strettamente connesso con la raccolta del rifiuto organico e con il compostaggio industriale, ma anche con l’agricoltura. Secondo Plastic Consult, sono 252 le aziende che rappresentano il settore delle plastiche biodegradabili. Gli addetti sono raddoppiati negli ultimi anni, passando dalle 1.280 unità del 2012 alle 2.550 del 2018. Quindi le bioplastiche sono già un’importante realtà e hanno possibilità di grande sviluppo».
Carlo Valentini, ItaliaOggi