Il crollo di Thomas Cook ha generato un vero tsunami economico in diversi paesi del Mediterraneo, danneggiando economicamente hotel, resort e tutti quei servizi che negli ultimi anni avevano collaborato con il tour operator britannico per attrarre viaggiatori dall’estero. E mentre continuano le operazioni di soccorso per riportare a casa i turisti bloccati, le autorità inglesi hanno già avviato un’inchiesta per indagare sulle cause del tracollo finanziario di un’azienda pioniera del turismo di massa. Sotto la lente d’ingrandimento sono finite le remunerazioni molto generose riconosciute ai vertici.
Tra stipendio e benefit percepiti durante la loro gestione, infatti, ceo, cfo e altri dirigenti escono di scena ma dopo aver messo da parte lauti compensi: solo l’amministratore delegato svizzero Peter Fankhauser, in carica dal 2014, ha incassato oltre 8,3 milioni di sterline, incluso un bonus da quasi 2,9 milioni nel 2015. Cifre che ora appaiono inammissibili per la classe dirigente dell’isola britannica, dopo che il gruppo, piegato da circa 1,7 miliardi di debiti, è stato messo in liquidazione per insolvenza.
l governo di Londra si era rifiutato di aiutare la società in difficoltà, considerando l’operazione di rifinanziamento uno spreco di soldi dei contribuenti: Thomas Cook avrebbe avuto bisogno di un aiuto molto più sostanzioso rispetto ai 150 milioni di sterline chiesti all’esecutivo del premier conservatore Boris Johnson. In una lettera inviata all’Insolvency Service (l’agenzia che gestisce i casi di bancarotta), il ministro per il commercio, l’energia e l’industria Andrea Leadsom ha chiesto che venisse realizzata un’inchiesta per indagare, tra le altre cose, “sulla condotta dei manager prima e dopo il fallimento, ma anche su eventuali azioni in grado di causare detrimento a creditori e schemi pensionistici”.
Intanto un’altra indagine potrebbe partire presto ad opera del Financial Reporting Council, un regolatore indipendente attivo nel Regno Unito e in Irlanda che controlla l’operato di revisori contabili: “Alla luce dei recenti sviluppi stiamo considerando se è il caso di avviare un’azione investigativa come una questione prioritaria”, si legge sul sito dell’ente. A verificare i conti di Thomas Cook in questi anni si sono alternate due società, sottolinea il Guardian: prima Pwc fino al 2017, in seguito Ey.
Gli stipendi d’oro dei manager
Dando un’occhiata ai report annuali di Thomas Cook, abbiamo calcolato le retribuzioni percepite dai dirigenti in questi anni. Cifre che lasciano l’amaro in bocca ai dipendenti che hanno perso il proprio posto di lavoro, soprattutto se si considera che qualche avvisaglia della crisi c’era già stata. Lo scorso anno infatti il tour operator aveva pubblicato due profit warning, comunicati con cui annunciava che i suoi risultati, e quindi i profitti, sarebbero stati inferiori rispetto alle attese degli analisti, accusando la forte ondata di calore che aveva attraversato l’Europa, spingendo molte persone a rimandare o evitare le partenze per godere del sole a casa propria.
Nel 2014, lo svizzero Peter Fankhauser era stato chiamato a bordo per guidare Thomas Cook: nominato ceo, ha guadagnato oltre 8,3 milioni di sterline in cinque anni. Nel 2015, il boss ha ottenuto anche un bonus da 2,9 milioni di pound che si aggiungevano ai quasi 1,3 milioni incassati tra stipendio e benefit. Come ricordano alcuni osservatori, quando prese il comando la società stava attraversando gravi difficoltà, ma Fankhauser era riuscito ad affrontarle e in parte superarle. Negli anni successivi, considerando le varie voci, ha accumulato generose retribuzioni: 1,2 milioni nel 2016, 1,8 milioni nel 2017, 1,02 milioni nel 2018, nonostante una navigazione tempestosa negli ultimi tempi, terminata poi in un drammatico naufragio.
Compensi un po’ più bassi, ma comunque ricchi, anche per il cfo della società. Quando Fankhauser è stato nominato amministratore delegato, il chief financial officer di Thomas Cook era Michael Healy, che nel 2015 ha percepito 3,6 milioni di sterline (l’anno prima, il compenso si era attestato attorno ai 655 mila pound). Negli anni successivi la retribuzione è calata, passando prima a 876 mila sterline (2016) e poi a 1,3 milioni (2017). È scesa ulteriormente con la nomina del nuovo cfo, Bill Scott, che nel 2018 ha portato a casa 390 mila sterline.
I conti non sono però finiti, perché bisogna poi considerare gli stipendi dei “Non-Executive Directors“, che nel complesso hanno percepito più di 3 milioni di sterline tra il 2015 e il 2018; di questi, 1,2 milioni sono andati al belga Frank Meysman, presidente non esecutivo.
Marco Cimminella, Business Insider Italia