La vita spericolata del bullo che voleva solo una mamma
Drogato, immorale, adultero seriale. Curò la dislessia leggendo i copioni. Collezionava donne solo per colmare il vuoto lasciato da colei che, messolo al mondo, lo abbandonò
(di Cesare Lanza per LaVerità) Drogato, immorale, adultero… La star maschile più virile di Hollywood, Steve McQueen, sbatteva il telefono in faccia ali’agente della moglie, Ali Mc Graw, attrice, impedendole di òavorare per cinque anni. Poco male, se non fosse stato che McQueen provinasse disinvoltamente aspiranti attrici, giovani e bellissime, per film inesistenti e con scopi evidenti, inoltre trovava molto piacevoòe dormire con prostitute. Attratto dalle orge. Secondo il suo biografo Marc Eliot, in tempi pre Viagra McQueen divise una volta stanza e letto con sette donne. Le sue droghe preferite: lsd, peyote (allucinogeno derivato dal cactus), cocaina. E alminitrato, per sostenere le performance sessuali. McQueen non era per niente affascinante: basso, di poche parole, comunicava spesso soltanto con grugniti, 0 monosillabi. Invidioso del successo degli altri attori, una volta per sfregio urinò sotto la casa di James Garner. Il suo comportamento terribile è presunibilmente collegato alla infanzia travagliata. La biografia rivela come McQueen sfuggì miracolosanente agli assassini della banda del «reverendo» Charles Manson. Steve infatti fu l’amante di Sharon Tate, moglie do Roman Polanski, morta nel famoso massacro di Bel Air, e compariva nella «lista» delle persone da far fuori, compilata dagli psicopatici assassini agli ordini di Manson (che non commise materialmente gli omicidi, ma li ordinò). Sulla bisessualità del macho Steve, dall’effeminatezza inquietante, esistono vari aneddoti. Una volta si indignò, con forte ira, perché James Dean si era rifiutato di ricambiare di pettinargli i capelli, chiamandolo «mangia spahetti». Paranoico, aggressivo, violento e notoriamente esigente sul set dei suoi film, McQueen ha vissuto la sua vita a folle velocità, innamorato com’era di macchine veloci, moto, femmine, droghe e alcol. Sposato tre volte, tradiva in maniera impulsiva le sue compagne, era sempre terrorizzato dal timore di perdere notorietà e denaro, secondo il suo amico Robert Vaughn. Si vantava di aver sempre dormito con le corotagoniste dei suoi film con poche eccezioni: la vanteria era sostenuta da inoppugnabili prove. Sul set (1963) del Soldato sotto la pioggia, McQueen avrebbe dormito con entrambe le due donne protagoniste, Chris Noel e Tuelay Weld. Durante Junior Banner (1971), ebbe una storia con la protagonista Barbara Leigh, lei lo coinvolse in un triangolo amoroso con Elvis Presley.
Molti non dimenticheranno mai il suo fascino aspro, altri ricordano aspetti oscuri. L’attrice inglese Shirley Anne Field, che ha recitato con McQueen nel 1962 in
Amante di guerra, dice che l’attore aveva ‘gravemente picchiato’ una ragazza che aveva portato a casa una notte, durante le riprese. In
Love with the Proper Stranger (1963), al contrario, subì le scabrose e pesanti avances della sua partner
Natalie Wood: lui la rifiutò per lealtà nei confronti del suo amico Robert Wagner, che era stato precedentemente sposato all’attrice. Ma si dice che molti anni dopo McQueen vinse gli scrupoli e anche la bella Wood entrò nell’interminabile elenco delle sue conquiste. Durante le riprese di
Le Mans (1971) McQueen prima iniziò una relazione con la protagonista
Louise Edlind, poi rischiò di morire in un incidente con la sua Porsche, stordito com’era, probabilmente, da un micidiale cocktail di cocaina e marijuana. Era anche geloso, possessivo, Steve; ruppe il matrimonio con sua moglie Neile dopo averla costretta a confessare un tradimento con un attore rivale: la minacciò con una pistola alla testa. Prima, l’aveva obbligata ad abortire il loro terzo figlio, sospettando che non fosse suo. Sul set di
Getaway McQueen incontrò
Ali MacGraw, di 9 anni più giovane, che abbandonò suo marito, il produttore Robert Evans, per poterlo sposare. Durante i cinque anni del loro matrimonio, lei non recitò più in nessun film. Il mito di Steve McQueen resiste oggi, immutabile, ed è legato anche alla sua forte passione per la velocità.. Le sue moto sono andate all’asta in occasione del 62° “Concours d’Elegance di Pebble Beach”. La decisione è stata presa dalla vedova
Barbara McQueen, che ha scritto anche un libro di memorie,
Steve McQueen: The Last Mile…revisited. I modelli delle due ruote battuti all’asta sono una Indian 4 cilindri del 1940, la Triumph Speed Twin del ’38, una delle sue preferite. Notoriamente McQueen amava moto ed auto tanto da interpretare spesso il ruolo di pilota nei film, quasi sempre senza controfigure. Nel 1970 partecipò
alle 12 ore di Sebring insieme a Peter Revson con una Porsche 908 spyder, guidandola con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico: arrivò primo nella sua categoria e secondo a pochissima distanza dal vincitore, Andretti su Ferrari. Tutte le sue moto ricordano una storia, basta pensare al finale del film
La grande fuga, quando McQueen cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una Triumph TR6 Trophy, mascherata da Bmw bellica.
Per capire meglio la sua inquieta e contraddittoria personalità, ecco alcune sue riflessioni, ricche di significati. «Tutti meritano di vivere, non soltanto di sopravvivere». «Mi sento allo stesso modo prima, durante e dopo aver scopato: una merda». «Penso che a causare la malattia sia stata sì la presenza di alluminio nei polmoni, ma anch e le tropp e pressioni che ho subito in un moment o particolar e della mia vita, in cui ho perfino pensato di mollare tutto». «Ho imparato che la vita è una strada lunga e difficile da percorrere, ma non bisogna fermarsi 0 si rischia di rimanere ai margini». Ed ecco alcuni giudizi e ricordi su di lui… «Il suo fascino nei confronti delle donne… Si affollavano intorno a lui come se fosse Dio, in modo da poter parlargli o stringergli la mano» (Robert Vaughn). «Lui stava guidando la sua moto e vide questa bella ragazza in piedi in un angolo di strada a Los Angeles… Si avvicinò a lei e le disse “Tesoro, sono Steve McQueen, andiamo a divertici un pò”. Lei saltò sulla sua moto e filarono via». (Joe Turkel, un amico di Steve). Claudia Cardinale: «Quel meraviglioso uomo e attore che era Steve McQueen… Con lui e sua moglie siamo diventati subito amici. Curiosamente era molto a disagio con le donne: timidissimo. Mi sono chiesta spesso come mai con me si sia trovato subito bene. Era un tipo strano, molto sensibile, silenzioso, inaccessibile».
Era nato a Beech Grove il 24 marzo 1930, morì a soli cinquant’anni s Ciudad Juárez, il 7 novembre 1980.
Terence Steven McQueen aveva geni spericolati. Figlio non desiderato di una giovane donna che non riesce ad occuparsi di lui, viene abbandonato a pochi mesi dal padre Bill di cui si sa pochissimo: un marinaio con un passato da aviatore acrobatico, amante del gioco d’azzardo. Steve vive un’infanzia davvero difficile, alla continua ricerca dell’ affetto materno. La donna però, forse troppo giovane, invece di dedicarsi al suo ragazzo, passa di storia in storia e lui spesso subisce maltrattamenti dagli uomini che affiancano la mamma, oppure viene affidato alle cure di uno zio benestante. Ben presto il ragazzo finisce al riformatorio e quando esce, dopo più di un anno, cerca ancora di ritrovare la madre a New York, di ricreare o forse di creare veramente per la prima volta un legame madre-figlio – che fino a quel momento non aveva mai avuto. Ma ancora una volta si sente rifiutato e decide di andarsene. Entra nei Marines, in cui presta servizio dal ’47 al ’50. A meno di 20 anni é già sia un bullo che un bravo militare! Di certo i suoi ruoli nei film hanno costruito la sua fama di duro. Dal cowboy ne
I magnifici sette al soldato ne
L’inferno è per gli eroi, dal giocatore di poker in Cincinnati Kid’al capitano Virgil Hilts ne ‘La grande fuga’. Nel 1973, uno dei suoi ruoli più difficili e impegnativi: portò sullo schermo la vita incredibile del galeotto Henri Charrière, incarcerato ingiustamente per un omicidio che non aveva commesso, con il racconto emozionante di spettacolari tentativi di fuga dall’isolamento… Un trionfale successo:
Papillon. La sua vita spericolata è caratterizzata da droghe di vario tipo e dalla vocazione al brivido: da tutti è citata la grande passione per le corse in moto e in macchina.E nei film ha spesso rinunciato a controfigure, recitando anche nelle scene che di solito vengono affidate agli stuntman. Perfidia della sorte: la sua morte per tumore alla pleura, sopraggiunta il 7 novembre 1980 a soli 50 anni, fu dovuta proprio all’esposizione all’amianto di cui erano fatte le tute ignifughe dei piloti del tempo. Il mesotelioma aveva corroso il lato destro del suo corpo, la muscolatura un tempo nervosa e tonica. Ma,!nonostante ciò, dieci mesi prima di morire aveva sposato la modella Barbara Minty. Appena finite le riprese del film
Il cacciatore di taglie, alla fine del 1979, McQueen aveva scoperto di avere il cancro: ascoltò medici e specialisti che gli davano solo qualche mese di vita, ma tentò di battere il tumore con infusioni di vitamine e diete particolari. La leggenda vuole che l’ultima frase da lui pronunciata prima di morire sia stato il numero di matricola del riformatorio, 3188. Le sue ceneri sono state sparse nell’Oceano Pacifico. Era il 1983 quando
Vasco Rossi presentò al Festival di Sanremo
Vita spericolata, piazzandosi al penultimo posto e però irrompendo nella leggenda della canzone italiana. Nel testo, Vasco diceva di voler vivere una vita come quella di
Steve McQueen, e molti si chiesero che razza di vita avesse vissuto quell’attore, per essere portata esempio come il massimo, da uno che di andare al massimo se ne intendeva. Il 25 maggio 1952 era entrato nella scuola di arte drammatica Hagne-Berghof. Riga dopo riga studiava i copioni giorno e notte per sconfiggere dislessia e semianalfabetismo. Acquistò la capacità di dosare il timbro vocale, spesso troppo acuto, imparò a muovere il corpo, a non tradire mai l’incrollabile fiducia in se stesso. Agli inizi degli anni 50 era soprannominato Big Mac per la sua voracità di portarsi a letto qualsiasi donna a tiro: a tutte chiedeva di allattarlo e di posare nude, per studiarne meticolosamente il corpo. Ne
La grande fuga la scena cult del salto con la motocicletta fu eseguita da uno stuntman, la produzione la ritenne troppo pericolosa per McQueen. Ma lui nelle prove volle comunque farla, solo per provare a se stesso che era in grado di riuscirvi.