(di Tiziano Rapanà) Che domenica! Il caldo continua a non darmi tregua. È tutto ordinario, nulla di irrilevante se si esclude questa calura insopportabile. Stamattina per sfuggire alla tremenda forza del sole, mi sono rifugiato in un centro commerciale. Era strapieno di famiglie, coppie e tutto lo scibile umano ipotizzabile. Li dovevate vedere com’erano intenti a riempire i loro carrelli in maniera smisurata. E menomale che la nostra nazione è funestata dalla tremenda morsa della crisi economica. Tutti comprano in quantità eccessiva anche di domenica. Un tempo, i negozi la domenica restavano chiusi e nessuno fiatava. Per noi tutti era normale. La domenica era un giorno sacro, perché bisognava dedicarlo a Dio. E dunque tutti a riposare. Oggi, invece, si procede come in un giorno qualunque. Stranamente la Chiesa non mi pare abbia mai fatto una forte battaglia per avversare la situazione. Lo stesso Papa Francesco non ricordo si sia impegnato energicamente in tal serio. Eppure dovrebbe farlo, perché i cittadini o lavorano o vanno a messa a glorificare Dio nel suo giorno. Purtroppo il Padre eterno non ci ha ancora dotato del dono dell’ubiquità e all’essere umano tocca scegliere: o la messa o il lavoro e non può certo privilegiare la prima soluzione. Ora non voglio sindacare le scelte di Santa Romana Chiesa – chi sono io per giudicare? – tuttavia mi pare che così facendo il Papa vada contro i suoi interessi. È vero, avete ragione, il Santo Padre disse – due anni fa – parole chiare in merito alla questione, difendendo il riposo domenicale. E la Cei fu ancora più decisa nel sostenere questa battaglia di ritorno alla chiusura domenicale. Rammento ancora le bellissime parole del cardinale Bassetti: “Senza la domenica non possiamo vivere”. Però in questi due anni, non mi pare di aver visto altre forme di attivismo da parte delle autorità ecclesiastiche. Il nostro Papa, come ben sapete, è molto sensibile al tema della migrazione. Ne parla sempre, continuamente, in ogni occasione. Fa bene, benissimo, perché è giusto porre attenzione sulla tragedia quotidiana vissuta sulla pelle degli ultimi della società. Tuttavia, oltre ai migranti, potrebbe pure tornare a parlare del problema delle aperture domenicali. Dedicare una riflessione ogni tanto, non mi sembra un’impresa titanica o no? C’è da dire che il silenzio sembra essere un imperativo categorico anche per il governo gialloverde, che aveva fatto una battaglia in tal senso. Adesso non parlano più della questione ed i centri commerciali restano sempre aperti. E in estate chiudono anche più tardi, per la gioia di chi avverte la necessità di comprare un pacco di pasta alle 21 e 20. Non fraintendetemi, non sono un moralista. Ma penso ci siano problemi più importanti del riuscire a comprare un prodotto a quell’ora. A L’Aquila, il capoluogo abruzzese falcidiato dal terremoto del 2009, una scuola ha chiuso i battenti. Si tratta dello storico convitto nazionale, che rappresentava ben 200 anni di storia abruzzese ed italiana. Spero che qualcuno riesca a fare qualcosa di concreto per cambiare la triste sorte dell’istituto.