L’Unità vuole tornare in edicola, con una distribuzione a livello nazionale (magari non proprio in ogni regione) e sicuramente una redazione più snella con una decina di giornalisti (rispetto al vecchio organico con poco meno di 30 redattori). A dirigerla, come giornale e azienda editoriale, non è escluso possano essere insieme sia gli attuali editori Massimo Pessina e Guido Stefanelli sia Michele Santoro, che ha iniziato a interessarsi al quotidiano storico della sinistra italiana dall’ottobre dell’anno scorso. Santoro ha ricordato di aver presentato un’offerta per l’Unità senza ricevere alcuna risposta, durante un’intervista sabato scorso a Stefano Lorenzetto sul Corriere della Sera. I diretti interessati però, contattati da ItaliaOggi, hanno preferito non commentare.
Ma che strategia editoriale può avere un quotidiano politico, che non esce con continuità dal giugno 2017 e che non è più nemmeno la testata di riferimento del Partito democratico (Pd)? La testata e il suo archivio sono gli unici asset di valore dell’Unità ma anche un’operazione nostalgia, cercando di riattivare il ruolo sociale del giornale, ha un prezzo. E infatti questo sembra essere il principale nodo da sciogliere: quanto bisogna pagare per dirigere l’Unità? Il duo Pessina-Stefanelli l’ha pagata 10 milioni di euro; l’ultima valutazione nota l’ha stimata molto di meno, sui 300 mila euro. La differenza (al netto di debiti residui) determina lo stallo in cui versa ancora adesso il giornale guidato da Luca Falcone, che non solo non esce più in edicola ma non ha nemmeno più un suo sito internet. In aggiunta, l’ultimo numero (singolo) dell’Unità è stato dato alle stampe alla fine dello scorso maggio, onde evitare la decadenza della registrazione della testata dopo oltre un anno di mancate pubblicazioni. Ma nuovamente si pone lo stesso problema, a breve, a ridosso di maggio 2019. Comunque sia, la scadenza più importante è un’altra, almeno per i giornalisti dell’Unità: si tratta del prossimo 30 giugno. Ossia quando scadrà la cassa integrazione. Dopo sarà disoccupazione.
Marco A. Capisani, ItaliaOggi