Napoli, Insigne – Ancelotti: la storia è finita

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Nella crisi della squadra (5 sconfitte nelle ultime 10 gare, appena 23 punti nel girone di ritorno) si innesta il difficile rapporto tra giocatore e tecnico Il Napoli è sprofondato in una crisi di risultati talmente evidente che anche Carlo Ancelotti pare essersi arreso: “È vero, nella seconda parte della stagione qualcosa non ha funzionato ” . I numeri sono una perfetta cartina di tornasole: 16 gol subiti nelle ultime 10 partite, in cui il Napoli ha collezionato soltanto 3 vittorie ( 2 pareggi) e ben 5 sconfitte.

È il segnale di un declino che si è palesato in tutto il girone di ritorno con appena 23 punti all’attivo. Il Napoli ha cominciato a perdersi tra gennaio (eliminazione in Coppa Italia contro il Milan) e febbraio (pareggi con Fiorentina e Torino) per poi mollare definitivamente il campionato dopo il ko al San Paolo con la Juve. Il distacco siderale dalla capolista ha fatto perdere mordente a un gruppo che per quattro mesi sembrava aver cancellato le scorie dello scudetto sfumato grazie all’effetto Ancelotti, cura rivitalizzante soprattutto in Champions League.

L’eliminazione dal girone è stata una mazzata psicologica che questa squadra non è mai riuscita a metabolizzare. Le scarse motivazioni e la mancanza di brillantezza dell’ultimo periodo hanno peggiorato il quadro: la doppia sfida con l’Arsenal è stata affrontata da un Napoli scarico. Ritmo e intensità sono di fatto spariti e la flessione degli uomini chiave non è certo una coincidenza.

Ancelotti ha probabilmente sottovalutato l’addio di Hamsik a febbraio e la cessione di Rog al Siviglia: il centrocampo si è trovato improvvisamente svuotato e il calo di rendimento della coppia Allan- Fabian, costretti a giocare sempre per mancanza di alternative dopo l’infortunio di Diawara, ha tolto anche quelle sicurezze che Ancelotti aveva trovato cambiando modulo e puntando su un 4-4-2 in fase di non possesso che nel girone d’andata aveva garantito un certo equilibrio.

Il Napoli lo ha perso e le dieci partite consecutive con almeno una rete incassata hanno certificato l’inversione di tendenza, cui Ancelotti non ha saputo porre rimedio. Il ” leader calmo” ha provato a correre ai ripari ma la risposta con l’Atalanta è durata soltanto un’ora, poi alla prima difficoltà i problemi si sono palesati nuovamente. Il gruppo – che ieri si è confrontato dopo la partita – ha dovuto anche affrontare un cambio di leadership a metà stagione: Hamsik ha lasciato il testimone a Insigne, diventato l’emblema della crisi: 10 gol ( 7 in campionato, 3 in Champions) fino a novembre. Il cambio di ruolo – da esterno offensivo a seconda punta di movimento – è stato il simbolo della rivoluzione ancelottiana.

Poi nel 2019 la luce si è spenta: Insigne è andato in gol soltanto tre volte ( Sampdoria, Sassuolo e Zurigo). Un solco con Ancelotti è stato scavato dopo la sostituzione con l’Arsenal che il giocatore non ha gradito per la tempistica ( dopo l’errore ha ricevuto i fischi). Con l’Atalanta è rimasto in panchina e l’allenatore gli ha preferito in corso d’opera Younes e Verdi. “L’ho fatto perché aveva giocato tre partite consecutive “, ha spiegato.

Insigne ha effettivamente collezionato più minuti ( 210) rispetto a Milik ( 204) e Mertens ( 201), ma la gestione dei tre è stata più o meno simile e ha sorpreso soprattutto il mancato ingresso nel finale. Il segnale è chiaro: ” È un patrimonio della società, lo aspettiamo nelle prossime partite ” . Col Frosinone, dunque, potrebbe tornare titolare in modo da confermare la legittimità della scelta tecnica. Ma intanto il divorzio non è più così campato in aria: difficile l’ipotesi Milan (per i vincoli Uefa), Psg, Manchester United e Bayern Monaco sono in agguato e potrebbero presentare un’offerta da 80 milioni di euro.

Pasquale Tina, Repubblica.it