Il governo promette per il prossimo anno la flat tax, ma intanto le tasse locali aumentano. Parliamo di Imu, delle addizionali Irpef comunali e di Tari, la tassa sui rifiuti. Tutti questi tributi sono rimasti fermi per tre anni, dal 2016, quando furono bloccati dal governo Renzi, fino al 2018. Poi, con la legge di Bilancio 2019, la prima dell’esecutivo gialloverde, è stata nuovamente concessa agli enti locali la possibilità di manovrare la leva fiscale. Una decisione presa su richiesta di molti sindaci, che lamentavano i tagli dei trasferimenti statali e il fatto che il congelamento deciso da Renzi aveva cristallizzato la situazione del 2015, avvantaggiando i comuni che avevano già fissato alte aliquote e penalizzando gli altri. Per esempio, l’addizionale Irpef era al massimo (0,8%) in un comune su sei mentre era ancora a zero in circa la metà degli 8mila municipi italiani. Ora la situazione si è rimessa in movimento. I comuni hanno tempo fino al 30 aprile per approvare i Bilanci preventivi 2019, ma da un monitoraggio del centro studi della Uil risulta, per esempio, che ad oggi già 24 città capoluogo su 54 hanno aumentato la Tari. Sul fronte delle addizionali Irpef, 250 comuni, cioè il 10,6% di quelli che finora hanno deliberato (2.352), hanno ritoccato al rialzo il prelievo. Infine, sono 28 le amministrazioni locali che finora hanno aumentato l’Imu, tra cui 4 città capoluogo.
Roma la più tartassata
Anche se per il momento i comuni, in generale, si stanno muovendo con grande cautela, parliamo comunque di tributi che si fanno sentire sul bilancio delle famiglie. Già nel 2018, tra Imu, Irpef comunale e Tari, ogni nucleo familiare ha speso in media 1.340 euro. In particolare, per l’Imu, che colpisce le seconde case, l’esborso e stato di 814 euro, per le addizionali Irpef di 224 e per la Tari di 302 euro. Roma è la più tartassata, con un prelievo medio di 2.267 euro a famiglia, seguita da Torino con 1.952 euro, Genova con 1.923, Milano con 1.888 e Napoli con 1.791 euro. Complessivamente, nelle casse dei comuni sono entrati nel 2018 ben 34,3 miliardi di euro, di cui 21 per l’Imu, 9 per la Tari e 4,6 per l’addizionale Irpef. Su questa situazione si innesta lo sblocco. Che preoccupa il sindacato. «Se il buongiorno si vede dal mattino, c’è una ripresa ad aumentare la pressione fiscale e non c’è da stare allegri», dice Ivana Veronese, segretaria confederale Uil. Il contrario rispetto alle richieste delle parti sociali, che vogliono «un taglio delle tasse per rilanciare il potere d’acquisto», aggiunge il leader della Uil, Carmelo Barbagallo.
Aumenti Irpef in 250 comuni
Ma vediamo più da vicino come si stanno muovendo i comuni. Tra i 250 che hanno già aumentato le addizionali Irpef ci sono due città capoluogo, Avellino (da 0,7 a 0,8%) e Barletta (ha rialzato le diverse aliquote in rapporto agli scaglioni di reddito) mentre altre due, Mantova e Rimini, hanno abbandonalo l’aliquota piatta (rispettivamente 0,4 e 0,3%) per le aliquote progressive fino allo 0,8%. Molte città non hanno potuto invece ritoccare le aliquote perché sono già al massimo previsto per legge. Tra queste, Roma, Milano, Torino, Bari e Venezia. Passando alla Tari, la rilevazione Uil sui 54 capoluoghi dice che 24 hanno aumentato la tassa sui rifiuti, 18 l’hanno diminuita e 12 lasciata invariata. Forti rincari a Imperia (+15,7%), Pisa (+8,9%), Trieste (+6,9%), Padova (+6,2%), Udine (+5,9%). Aumenti anche a Napoli (+3,1%), Genova (+0,8%) e Torino (+0,7%). Diminuisce invece del 22,2% ad Arezzo, del 5,8% a Cesena, del 4,1% a Grosseto, del 3,1% ad Ascoli, del 3% a Ragusa, del 2,6% a Venezia e dell’1,5% a Firenze e Cagliari. Resta uguale a Roma, Milano, Bologna e Bari. Infine, l’Imu. Salgono alcune aliquote in 4 capoluoghi: Avellino, Torino, La Spezia e Pordenone. Scendono a Firenze, Grosseto e Pavia. Ma la tassa sulle case è la meno toccata. Aumentarla fa perdere voti.
Enrico Marro, Corriere della Sera